Missione Cosmoprof: fallita

Creato il 18 marzo 2011 da Unnemicoalgiorno


Tutti gli anni.

Tutti gli anni, non appena i cancelli dorati del Cosmoprof si richiudono alle mie spalle estenuate, mi riprometto con gran solennità: mai più. Nondimeno, nei dodici mesi successivi i ricordi cupi, che credevo indelebilmente marchiati nella mia memoria, si sgretolano spontaneamente e sfumano verso tonalità più luminose, di modo che già dopo qualche settimana convengo con me stessa che dopotutto ci tornerei, e man mano che l’evento si avvicina vengo colta da febbri smaniose che non si placano finché non mi sono assicurata i biglietti omaggio e non ho concordato con l’amica M., vittima delle stesse curiose dinamiche psicologiche, il giorno esatto della tanto attesa spedizione alla fiera della cosmesi.

Dietro un tale carico di aspettativa non c’è la smania di ritrovarci con l’autostima nuclearizzata dal confronto tra la magrezza, la beltà e l’aspetto radioso delle promoter presenti agli stand, con i loro capelli vaporosi e le gambe toniche nonostante il tacco dodici (ma come fanno, come? Io dopo due ore invoco a gran voce l’amputazione degli arti inferiori), e l’inadeguatezza delle nostre pur comode Converse, del trucco casalingo e del viso sbattuto e devastato dopo nemmeno un’ora di visita. Né d’altronde siamo particolarmente interessate alle recenti innovazioni in materia di ceretta a caldo (o almeno non lo saremo finché non avranno escogitato il metodo per non farci ululare dal dolore subito dopo lo strappo), alle piastre per capelli di ultima generazione o alle esilaranti linee di prodotti che si proclamano ecologiche senza esserlo (e qui ho nell’amica M. una finissima esperta in grado di smascherare i millantatori dell’impatto zero). Né infine, e questo vorrei fosse ben chiaro perché riparlerò di smalti, affideremmo mai le nostre unghie alle signorine dei frequentatissimi stand della nail art, con il rischio di ritrovarcele zebrate, leopardate, fiorite, fosforescenti, in ogni caso volgari e pacchiane.

No, lettori, il fine ultimo della nostra sortita al Cosmoprof rivela una straccioneria senza precedenti e si può riassumere in tre parole: razzia di omaggi. Immancabilmente, varchiamo la soglia della fiera sognando di tornare a casa con quantità bibliche di campioncini di creme e prodotti per capelli, matite da trucco, lime per le unghie di ogni forma, colore e materiale, ma anche articoli di cancelleria griffati con il marchio dell’azienda, segnalibri e in definitiva qualunque oggetto ci vogliano regalare, ché noi siamo di bocca buona. Tuttavia, è palese che non abbiamo ancora affinato una tecnica efficace e rispondente allo scopo che ci siamo prefisse dal momento che, mentre chiunque metta piede al Cosmoprof ne esce felicemente oberato di cianfrusaglie, noi due rimaniamo a bocca asciutta. Non solo infatti non siamo in grado di scovare gli stand che distribuiscono omaggi, ma non appena ci avviciniamo, affamate come coyote, le promoter cambiano strada e fanno finta di non vederci. Saranno per caso disgustate da cotanta lampante poracceria? O forse basta loro uno sguardo fugace per bollarci come casi persi e indegni dei loro preziosi campioncini? Non lo sapremo mai. Fatto sta che il bottino di oggi consta di: una saponetta, un lucidalabbra al retrogusto di amaretto di Saronno, una boccetta di olio per capelli, una lima di cartone e burrocacao a volontà. Oltre, ça va sans dire, a una quantità spropositata di carta sotto forma di depliant, brochure e cataloghi. Per procacciarci tale lauta refurtiva, io e l’amica M. abbiamo dovuto assistere a diversi avvilenti spettacoli, tra i quali brillano di luce propria:

- le succitate file di donne giovani e meno giovani agli stand della nail art, nonché la conseguente esibizione di unghie degne di una pornostar moldava;

- le dimostrazioni dei massaggiatori con tanto di modella oliata (forse qui il problema è mio, ma mi fanno impressione);

- le bellissime modelle della Moroccoan Oil, che ci hanno graziosamente allungato il loro omaggio avvolte in fruscianti vestiti colorati studiati apposta per metterne in risalto la snella magnificenza e mi hanno fatta sentire il più brutto dei brutti anatroccoli;

- le impacciate modelle travestite da manichini che hanno eseguito, sul palco dello stand di Giambertone, una scalcinata e paillettata imitazione del balletto di “Single Ladies” di Beyoncé (che avevano evidentemente imparato un giorno prima) di fronte a un pubblico diviso tra lo sbigottimento e lo spasso;

- tutti i consueti fenomeni che si manifestano durante gli assembramenti umani in occasione di eventi popolari e che lascio alla vostra immaginazione.

Il picco dello sconforto si è comunque toccato a metà giornata, quando mi sono imbattuta nello stand di Mavala. Mavala, dovete saperlo, è la mia marca preferita di smalti (e già che ci sono faccio una marchetta e ve li consiglio, anche se non dovrei visto che sono i miei nemici di oggi), per cui sono entrata con la soddisfatta intenzione di lasciare lì tutto il contenuto del mio portafoglio. Dopo venti minuti buoni, durante i quali ho fatto impazzire l’amica M. per stabilire quale fosse il rossetto della tonalità di corallo più adatta ai miei colori tra le tre proposte e ho vagato imbambolata incapace di proferire parola di fronte a così tanti stimoli visivi simultanei, ho adocchiato lo smalto dei miei sogni: Khaki Vintage (è bello persino da pronunciare, non trovate?). Gli smalti già acquistati nel padiglione apposito non contavano più nulla, quelli che mi aspettavano a casa erano caduti nell’oblio e d’un tratto la spinosa questione del corallo si era fatta del tutto irrilevante: io dovevo avere Khaki Vintage. E la promoter, ecco l’esplosione del dramma, non me l’ha voluto vendere. Vendevano rossetti, fondotinta, ciglia finte, mascara, persino altri smalti – ma non Khaki Vintage.

E ora sono struccata e in pigiama e da ore sono attaccata a internet alla ricerca del mio vello d’oro, della mia balena bianca, del mio Khaki Vintage. Che non sarà mai mio perché non c’è da nessuna parte, nemmeno sul sito di Mavala (il che é triste presagio che non lo troverò nemmeno in profumeria). E tutto questo dolore lancinante, tutta questa agonizzante tensione verso un oggetto al di fuori della mia portata per che cosa? Per una manciata di omaggi del Lidl.

Cosmoprof, questa è l’ultima volta.


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