L’altra storia è quella della Dell il secondo produttore al mondo di computer. La notizia è arrivata da noi come spesso capita distorta e tesa a far pensare ad un acquisto da parte di Microsoft dell’azienda, mentre si è trattato solo di un aiuto di due miliardi di dollari (il 10% circa) sugli oltre 24 che il gigante dei Pc dovrà pagare non per entrare a Wall Street, ma per uscirne. E’ un segnale importante: l’uscita dal mercato azionario è dovuta infatti alla necessità di mettere in campo investimenti e innovazioni tecnologiche che richiedono tempo e sono impossibili da realizzare dentro una speculazione che pretende un profitto immediato. La crisi ha fatto diminuire e di molto la vendita di Pc, solo in minima parte a causa dei vari minicomputer da tasca come iPad e compagnia, ma semplicemente perché non c’è più la disponibilità a sostituire frequentemente le macchine per aggiornarsi: infatti l’aumento teorico di capacità di calcolo, spesso non si traduce in un significativo aumento di velocità o di produttività nell’uso effettivo. Le ragioni sono complesse e non è il caso di affrontarle qui: sta di fatto che Dell (come altre major dell’informatica) pensa che occorra un nuovo salto tecnologico per tornare a veder crescere le vendite. Ma appunto dentro un mercato che premia i licenziamenti e solo gli investimenti che si traducono in profitto entro tre mesi, tutto questo è impossibile: così Dell con l’aiuto di Microsoft ha deciso di uscire dalla borsa e di investire assai più serenamente nel proprio futuro come private company, sapendo che questo le darà un vantaggio competitivo su chi invece se la deve vedere ogni giorno e ogni trimestre con le quotazioni.
E’ il primo segnale di una inversione di tendenza e del fatto che “il mercato” sta diventando il vero nemico dell’innovazione reale, sostituita da quella commerciale con le sue cortine di ferro di pseudobrevetti e dedita a ricavare il profitto con la compressione del lavoro che a sua volta comprime la domanda. E’ il modo di funzionare dell’economia finanziaria a scapito di quella reale che ha il suo centro sulla produzione e non sulla quotazione.