La strada è uno di quei libri che si leggono tutto d'un fiato, e che una volta finiti ti lasciano la vaga sensazione di aver appena vissuto qualcosa di cupo e difficile.
In questo paesaggio devastato e sterile solo la strada sembra essere rimasta al suo posto. Ma non è più la strada del sogno americano: non c'è più posto per le avventure oniriche di Dean Moriarty e Sal Paradise, non è più l'infinita distesa asfaltata di Easy Rider, né la "strada madre" di Steinbeck che in Furore conduceva famiglie intere verso la California, nuova terra promessa. Quella di McCarthy è una strada morta, feroce e fredda che accompagna verso il nulla, perché il mondo non è più un posto per esseri umani. Il bambino e suo padre la percorrono con ostinata disperazione, in fuga dal freddo, dalla fame e dai propri simili, in attesa di un paesaggio più radioso, di un clima più mite che sembrano non arrivare mai.
La commovente delicatezza del loro rapporto fa da contraltare alla schiacciante durezza del mondo circostante: è nella costruzione di questo snervante contrasto che sta la forza narrativa di McCarthy.
"Si alzò e uscì sulla strada. Un nastro nero dal buio verso il buio. Poi un rombo sommesso in lontananza. Non un tuono. Lo si avvertiva sotto i piedi. Un suono senza pari e quindi impossibile da descrivere. Qualcosa di imponderabile che si muoveva là fuori nel buio. La terra stessa che si contraeva per il freddo. Non si ripeté. In che stagione erano? Quanti anni aveva il bambino?" Articoli più o meno Simili: Cormac McCarthy, La Strada, letteratura, libro, Madame Hau De Lapage, post-apocalittico