Modelli di Business sulla Carta

Creato il 06 marzo 2012 da Pedroelrey

Sono stati diffusi i risultati di “The Search for a New Business Model”, studio di analisi dei modelli di business  dei quotidiani statunitensi realizzato da The Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism.

La ricerca ha coinvolto 38 quotidiani di 6 gruppi editoriali diversi focalizzandosi su i ricavi generati dal digitale, sulle attese, gli obiettivi, le prospettive e le modalità operative per [ri]dare nuova linfa al settore.

Dopo l’excursus di ieri su paywall, valorizzazione dei contenuti online e modelli di pagamento le evidenze emergenti dal lavoro effettuato da PEW consentono di ampliare il quadro di riferimento su dove risieda la chiave del successo per le testate digitali e i gruppi editoriali. Dati di grande interesse che, fondamentalmente non sorprendono, confermando quanto già era emerso da analisi similari precedenti.

I risultati evidenziano in tutta la sua drammaticità le difficoltà che presenta la situazione attuale con ricavi calanti dalle edizioni tradizionali e revenues digitali che non riescono neppure lontanamente a compensare le perdite. Secondo quanto pubblicato da PEW il rapporto attuale mediamente sarebbe di 7:1, con un dollaro di ricavi da digitale/online per ogni 7 dollari persi dalla carta.

Si tratta di una questione cruciale poichè di fatto quotidiani e pubblicazioni periodiche hanno sempre avuto un modello di business spurio dove i ricavi vengono generati, come noto, dalle vendite del prodotto all’utente finale, al lettore, e della pubblicità alle imprese. Spingendo il concetto all’estremo è possibile affermare che in realtà gli editori non sono mai riusciti a valorizzare il loro prodotto sufficientemente da trarre profitto dalla sola vendita dello stesso.

Tema complesso ed articolato, caratterizzato da più aspetti tutti interdipendenti.

La ricerca infatti evidenzia come si tratti di una problematica di cultura manageriale ed organizzativa, quella che Mario Tedeschini chiamava recentemente la “rivoluzione nelle teste”,   abbinata ad uno scarsa capacità di sfruttamento delle opportunità derivanti da media emergenti e da orientamento commerciale caratterizzato da un modello di vendita prevalentemente misto, carta + web/digitale, che risulta penalizzante per quella che dovrebbe essere l’area di sviluppo sia per approccio generale che per propensione prevalente a vendere display e banner advertising, segmento sul quale esiste forte tensioni di prezzi ed elevata competitività.

Si tratta di aspetti e dinamiche che nel nostro Paese sono ancora più accentuate con un peso del digitale che davvero non lascia spazio a ipotesi fantascientifiche, peraltro smentite dai diretti interessati.

Inerzia culturale delle testate, nate nel secolo scorso che ne conservano ancora tutta la logica industriale, con modelli di vendita che sono inadeguati per offerta e modalità della stessa.

Emerge insomma con assoluta chiarezza come il futuro dei quotidiani, a breve – medio termine, non sia online né in termini di raccolta pubblicitaria né a livello di possibili ricavi significativi dal pagamento delle edizioni online/digitali.

Credo che definitivamente non possa esserci dubbio relativamente al fatto che, in prospettiva, il futuro dei quotidiani, anche in termini di sostenibilità economica, si giochi sulla capacità di realizzare sinergie, convergenza, tra le versioni digitali e quelle tradizionali, utilizzando ciascun mezzo, ciascuna versione a supporto dell’altra.

So che risulta sgradevole ricordarlo, ma da queste parti è da un pezzo che lo stiamo dicendo.

Della ricerca, per quanto a me noto, al momento della pubblicazione di quest’articolo parlano: GigaOM, Knight Digital Media Center, Poynter, Journalism.org, Media Decoder, Free Press, Adweek, PewResearch.org e paidContent:UK. Buona, tra tutte, la sintesi offerta dal Guardian. Si ringrazia Massimo Cavazzini per la segnalazione.


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