Il paragone con l’Italia non funziona, perché si tratta di realtà incommensurabili. Non sono quindi d’accordo con questo tipo di comparazione discriminatoria che mette in luce la presunta inferiorità di questi Paesi rispetto al nostro. Anche l’etichetta “terzo mondo” è arbitraria e funziona solo in senso dispregiativo, dal “nostro” punto di vista. Non c’è un “terzo mondo”, ci sono paesi che lottano per la libertà, la dignità, il valore della vita e questi sono valori a cui tutti aneliamo in qualsiasi parte del mondo.
L’intervistatore si documenta e prepara le domande. La verità è però un’altra: l’intervistatore ha molto da imparare dall’intervistato, non fosse altro che quest’ultimo è da ritenersi un esperto dell’argomento che verrà trattato. E lo dico a scapito dei tanti colmi di boria, che ce ne sono. Quando ho intervistato per T-Mag Lorella Cedroni, professoressa di Filosofia Politica alla Sapienza sulle quote rosa e la scarsa rappresentanza femminile nelle istituzioni italiane, le ho domandato se l’Italia sia da considerarsi il Terzo Mondo visto che su questo fronte Paesi come Ruanda, Mozambico e Pakistan l’hanno sorpassata. Di per sé “Terzo Mondo” è una locuzione convenzionale, ma nasconde delle insidie di cui spesso non teniamo conto. E la risposta della professoressa, quasi rimbrotto direi, me la sono meritata tutta:
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