Molestie olfattive: quando la normativa non conta nulla

Creato il 15 ottobre 2012 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Il discorso delle molestie olfattive è uno dei più curiosi e delicati nella panoramica della normativa ambientale, dal momento che si pone esattamente al confine tra i confini oggettivi offerti dalla normativa e quelli, invece, soggettivi facenti capo ad ognuno di noi, quantomeno allorquando ci si trovi, appunto, molestati “olfattivamente”.

Per inquadrare il fenomeno (anche storicamente), si può ricordare che l’art. 674 c.p. punisce il “getto pericoloso di cose” e tra queste “cose” sono ricomprese – per espressa indicazione della stessa norma – anche le “emissioni di gas, di vapori o di fumo”.

Queste emissioni, sempre secondo la norma penale, sono in grado di portare alla punizione (arresto fino a un mese o ammenda fino a 206 euro) del loro autore se si rivelano in gradi di “offendere o imbrattare o molestare” le persone.

Dopo la norma penale (del 1931) arrivò quella del Codice Civile (del 1942) rappresentata dall’art. 844 (Immissioni) la quale, posta tra le norme a difesa (ed esaltazione) della proprietà privata consentiva (e consente tuttora) ad ogni proprietario di produrre fumi, calori, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni come e finché vuole, a patto però di non superare “la normale tollerabilità”, da considerare anche con riguardo allo stato dei luoghi.

Abbiamo, quindi, da un lato una norma (civilistica) che consente certe azioni a casa propria, purché con una certa attenzione al mondo circostante; dall’altro lato, c’è un’altra norma (penale) che punisce quelle stesse azioni se recano danno ad altri.

E il paradosso è che la punizione scatta anche se si è avuta quella “certa attenzione al mondo circostante” richiesta, quale unica condizione, dalla norma privatistica! Perché io posso metterci tutta l’attenzione che credo, ma se ciò nonostante arreco disturbo, ho commesso una violazione.

In questo contesto sicuramente confuso o, comunque, poco chiaro e poco certo, gli enti locali provavano (e provano) a dare delle indicazioni stabilendo, per esempio, i limiti di emissioni (di rumori, di gas ecc.) in certe zone del proprio territorio, così da fornire un parametro di riferimento oggettivo e utilizzabile per regolarsi; pur tuttavia, la giurisprudenza ha dovuto più volte dire la sua, perché, nonostante i limiti volta per volta fissati, qualcuno subiva un disturbo e se ne doleva in tribunale.

Da ultimo, la Cassazione (n. 37037/2012) ha detto che il reato di molestie olfattive prescinde dal superamento dei limiti di legge e/o regolamenti locali perché ciò che conta è il superamento della normale tollerabilità. Addirittura questa è dimostrabile attraverso “dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti”.

Così, la normale tollerabilità si allarga, si espande ma si confonde terribilmente; ognuno può avere la sua e, in aggiunta al soggetto inizialmente “disturbato”, si affiancano altri limiti di tollerabilità. Col risultato che i limiti di legge e/ regolamenti locali si rivelano, in buona sostanza, del tutto inutili.


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