Il protagonista di Molto forte, incredibilmente vicino ha solo 10 anni e si confronta in prima persona con un lutto che ha segnato la storia di tutti. Suo padre, per lui un eroe amato e ammirato, compagno di giochi e maestro di vita, muore durante l’attentato alle Torri Gemelle.
Il rapporto fra Oskar e il padre Thomas è speciale ed esclusivo: nessun altro, neppure la madre, entra nella loro vita, fatta di giochi, indizi ed indovinelli. Il padre trova che Oskar sia diverso rispetto ai suoi coetanei e ne stimola la creatività, senza nessuna reticenza nel dirgli “sei bravo”. Le improbabili invenzioni di Oskar accompagnano il romanzo così come le lettere attraverso cui le presenta a scienziati illustri (vedi Stephen Hawking).
Eccolo che ci racconta della sua prima lezione di jujitsu, avvenuta tre mesi e mezzo prima:
«Ci siamo esercitati a fare l’inchino, poi ci siamo seduti come gli indiani e dopo il Sensei Mark mi ha detto di avvicinarmi e mi ha ordinato: “Tirami un calcio nelle pallottole”.
Qui mi sono sentito in imbarazzo e gli ho chiesto: “Excusez moi?”
Lui ha allargato le gambe e mi ha risposto: “Voglio che mi dai un calcio nelle pallottole, più forte che puoi”. Si è messo le mani sui fianchi, ha tirato il fiato e ha chiuso gli occhi, così ho capito che parlava sul serio.
“Acci” gli ho detto, e dentro di me pensavo: Ma che… ?”
Lui ha insistito: “Su, avanti. Distruggimi le palle”.
“Devo distruggerti le palle?”
Sempre a occhi chiusi, lui si è scompisciato e mi ha detto: “Anche se provi a distruggermi le palle, non ci riuscirai. E’ quello che si impara qui dentro. Una dimostrazione della capacità che ha un corpo ben allenato di assorbire un colpo diretto. Ora, distruggimi le palle”.
Gli ho risposto: “Io sono pacifista” e dato che la maggioranza dei bambini della mia età non sa cosa vuol dire, mi sono voltato e ho spiegato agli altri: “Io credo che non sia giusto distruggere le palle alla gente. Mai”.
Il Sensei Mark ha detto: “Posso chiederti una cosa?”
Io mi sono girato e gli ho risposto. “’Posso chiederti una cosa?’ è già chiedermi una cosa”.
Mi ha chiesto: “Tu sogni di diventare un maestro di Jujitsu?”
“No” gli ho risposto, anche se non sogno più neanche di prendere in mano la gioielleria di famiglia.
Lui mi ha chiesto: “Vuoi sapere come fa un allievo di Jujitsu a diventare maestro?”
“Voglio sapere tutto” gli ho risposto, anche se non è più vero neanche questo.
Allora mi ha spiegato: “Un allievo di jujitsu diventa maestro distruggendo le palle al suo maestro”.
Gli ho risposto: “Affascinante”.
Tre mesi e mezzo fa ho preso la mia ultima lezione di Jujitsu.
«Comunque la cosa affascinante è che su National Geographic ho letto che ci sono più persone vive oggi di quante ne sono morte in tutta la storia dell’uomo. Per dire, se tutti tutti volessero recitare Amleto contemporaneamente, non ci sarebbero abbastanza teschi».
Dopo la morte del padre, Oskar trova tra le sue cose una busta bianca, con sopra scritto “Black”, che contiene una chiave. Questo fa riacquistare senso alla sua vita; Oskar è convinto che sia uno dei tanti indizi che il padre gli ha lasciato e che lo condurrà verso qualcosa che avrebbe voluto fargli scoprire. Con quella busta e quella chiave il bambino cerca di riempire il vuoto che la perdita paterna gli ha lasciato (qui assomiglia molto a Hugo Cabret anche se il romanzo è precedente). Inizia così il suo viaggio attraverso tutte le contee di New York; aspetta impaziente l’arrivo del sabato per poter rintracciare tutti i “Black” della città, alla ricerca di una serratura che corrisponda alla sua chiave.
È una moderna odissea quella di Oskar che però a casa non ci vuole tornare: lui vuole e non vuole risolvere quell’enigma perché sa che sarà l’ultimo contatto con il padre. Una mente ed un corpo tanto in movimento per un cuore così fermo a quel giorno che gli ha cambiato inesorabilmente la vita.
Molto forte, incredibilmente vicino è il secondo romanzo dello scrittore statunitense 35enne Jonathan Safran Foer: “the wunderkind”, il bambino prodigio, così l’autore è stato definito dalla critica americana per il suo bellissimo romanzo d’esordio Ogni cosa è illuminata, scritto a soli 25 anni. Oltre ad essere un grande successo letterario, il libro è stato adattato per il cinema nel 2005. Stessa sorte è toccata a Molto forte, incredibilmente vicino (del 2005) da cui di recente è stato tratto il film, interpretato da Tom Hanks e Sandra Bullock, che appena uscito nelle sale italiane (vedi qui il trailer).
La ricerca delle origini, il rapporto con la famiglia e le persecuzioni antisemite durante la seconda guerra mondiale fanno da sfondo e filo conduttore in entrambi i romanzi. Ma non è facile cimentarsi con un libro tanto riuscito, neanche se la regia è quella di Stephen Daldry (candidato all’Oscar per Billy Elliot, The Hours e The Reader) e la sceneggiatura di Eric Roth (premio Oscar per la sceneggiatura di Forrest Gump).
La freschezza, la spontaneità e la creatività del protagonista che Foer racconta nel suo romanzo, seppur in una cornice di dolore, perdono molto nel suo alter ego cinematografico. I vari piani del libro sono resi in modo confusionario dal regista, almeno nella prima parte. Per lo scrittore statunitense quello che è accaduto l’11 settembre è solo un pretesto. Il papà di Oskar sarebbe potuto morire in qualsiasi modo; è quello che la perdita scatena nel figlio che interessa allo scrittore. Il film di Daldry invece sembra volersi soffermare più sul racconto della tragedia del “giorno più brutto” – come lo chiama Oskar – piuttosto che usarlo come escamotage per raccontare altro.
Il film, che ha ottenuto due candidature all’Oscar come miglior regia e miglior attore non protagonista per Max Von Sydow, non è un brutto film. Solo che tra le pagine di Foer l’immaginazione vola molto più in alto di quanto non faccia davanti al grande schermo.