Momenti di trascurabile felicità, frasi [Francesco Piccolo]

Creato il 10 novembre 2014 da Frufru @frufru_90

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Non sopporto più le persone che mi annoiano anche pochissimo e mi fanno perdere anche un solo secondo di vita.
Il giorno in cui sta per scattare l'ora legale, o solare. Perché non si capisce mai se questa volta scatta l'ora solare al posto del a legale, o quel a legale al posto del a solare. E se la notte dormiremo un'ora in più o in meno: questo è causa di discussioni estenuanti che si protraggono oltre l'ora dello spostamento delle lancette, vanificando pure l'eventuale ora di sonno in più. Perché c'è sempre qualcuno, che pure quando gli hai fatto dei disegnini sulla carta, non è convinto, e dice che secondo lui è il contrario: cioè che dormiremo un'ora in più, e non un'ora in meno come dite tutti (o un'ora in meno e non in più).
Tutte le persone che non sono belle, o che sono brutte, poi quando le conosci diventano più belle, sempre.
Quando mia moglie si fa la doccia, sta più di un'ora a regolare l'acqua, e arriva in un punto precisissimo in cui se sposta il regolatore di un millimetro a sinistra l'acqua diventa bollente, e se lo sposta di un millimetro a destra diventa gelata.
Quando la donna con cui dormo ha capito che ognuno deve dormire dal suo lato. Che ci si può abbracciare prima, o quando ci svegliamo la mattina, ma quando si dorme bisogna stare ognuno per i fatti suoi. Dividendo il letto con la stessa meticolosità con cui si tracciava la linea di divisione del banco con il compagno di banco, a scuola.
La seguente frase con cui cominciavo qualsiasi tema a scuola: La questione storica, economica, filosofica, scientifica, politica e sociale del ventesimo secolo... E mi ritrovavo ad aver già riempito cinque o sei righe.
E poi, perché hanno il taschino sul petto? Chi è che ha mai usato il taschino del pigiama?
Gli sms dopo le undici di sera che dicono: «dove sei?», che significano molto di più di quello che dicono.
Quando mia moglie si mette una mia maglietta.
Alcune intelligenze per le piccole cose, come il guidatore dell'auto alle tue spalle quando capisce subito che devi parcheggiare e quindi fare retromarcia. E lui si ferma a qualche metro di distanza e aspetta senza avanzare.
La prima e l'ultima pagina di un libro.
«Insomma, si sprofondò tanto in quelle letture, che passava le notti dalla sera alla mattina, e i giorni dalla mattina alla sera, sempre a leggere; e così, a forza di dormir poco e di legger molto, gli si prosciugò talmente il cervello, che perse la ragione. Gli si riempì la fantasia di tutto quello che leggeva nei suoi libri: incanti, litigi, battaglie, sfide, ferite, dichiarazioni, amori, tempeste e stravaganze impossibili; e si ficcò talmente nella testa che tutto quell'arsenale di sogni e d'invenzioni lette ne' libri fosse verità pura, che secondo lui non c'era nel mondo storia più certa». [Da Don Chisciotte]
La memoria morbosa per i libri che ho letto: ricordo dove li ho letti, cosa facevo nel periodo in cui li leggevo, con chi ne parlavo. Quando riprendo un libro dallo scaffale, a volte basta solo la copertina, oppure le parole che ricordo, e ritorno a un umore e a un tempo preciso, nitido, sempre, o quasi sempre.
Ho buttato dal a finestra (l'ho fatto davvero), dopo essermi imposto di leggerlo fino alla fine, On the Road di Kerouac e per anni ho fatto finta che mi fosse piaciuto perché pensavo che bisognava dire così.
Cercare di inventare un modo per rendere croccante la pasta al forno anche sotto lo strato superiore.
Perché non fanno i cancelli abbastanza grandi per far passare gli ombrelli aperti quando piove?
Perché tutti dicono che «l'unico pezzo di aglio (o di peperoncino) capita sempre nel piatto mio?» Se è l'unico pezzo, come mai capita sempre nel piatto di tutti?
Perché quando diventi rosso c'è sempre qualcuno che urla: «ti sei fatto rosso! ti sei fatto rosso! guardate come è diventato rosso!», puntando il dito a tre centimetri dal tuo viso?
Perché, se discutiamo violentemente su questioni politiche, a un certo punto qualcuno dice: in fondo stiamo dicendo tutti la stessa cosa, ma in maniera diversa?
Le coppie che stanno insieme da tanto tempo e che giocano a carte in silenzio, la sera.
Quando si comprano le caramelle alla frutta, si scelgono prima quelle che piacciono di più, e alla fine rimangono sempre quelle arancioni e quelle gialle: all'arancia e al limone. Che non mi piacciono e non piacciono quasi a nessuno, per questo rimangono. Però, a quel punto, in assenza delle altre, uno comincia a mangiare pure quelle. E in assenza delle altre, sono buone.
Le dovrei dire soltanto che io sono migliore di quello che sono. E che lei mi piace così tanto che l'unica volta che le ho parlato sono stato impacciato, arrogante, ficcante, viscido, stupido. Ero ansioso perché avevo la sensazione che non ci saremmo parlati mai più, nonostante abitasse di fronte. E questa sensazione non fa mai bene. Poi lei se n'è andata, mi ha anche sorriso quando mi ha salutato, ma alla fine avevo ragione io: non ci siamo parlati mai più. Soltanto che non so se non ci siamo parlati mai più perché io mi sono comportato come se non ci saremmo parlati mai più.
Quando prenoto al ristorante, lascio il nome di uno di quelli che verranno a cena con me; oppure ne invento uno apposta. Perché ho sempre la sensazione che i ristoratori possano perseguitare i clienti che non si sono presentati dopo aver prenotato - o hanno disdetto all'ultimo minuto.
Quando mi rendo conto che tra due persone c'è un amore segreto. Me ne accorgo quasi sempre, subito, da un gesto o uno sguardo. E mi piace, mi fa sentire complice.
Quelle volte in cui mi sono svegliato in piena notte, e ho guardato chi dorme sempre accanto a me, con la complicità delle ore buie, che rendono sopra le righe tutti i sentimenti e le preoccupazioni, le paure, le angosce e il senso profondo della vita. E mi sono chiesto, intanto che osservavo il torace gonfiarsi e sgonfiarsi in modo regolare: chi è questo essere umano a cui sto concedendo il mio amore, le mie giornate, tutti questi anni e anche il mio futuro? È l'essere speciale che mi sembra di aver intuito, o è un mostro che mi sembra di temere?
Tutte le cose che bisogna fare, mi piace rimandarle, oppure averle già fatte.
Le grandi librerie, perché puoi girare, toccare, sfogliare, senza nessuno che ti voglia dare un consiglio.
Alcune notti insonni, quando mi sveglio alle quattro e mi alzo, mi faccio il caffè e in casa dormono tutti, anzi dappertutto dormono tutti e ho delle ore davanti in cui posso fare delle cose e avvantaggiarmi così su tutto il resto del mondo.
Non ho mai pensato di guardare le previsioni del tempo, e quando sento la sigletta che le introduce cambio canale. Non per avversione, ma perché non mi interessa. Se c'è il sole, sono contento. Se piove, piove.
Pare - pare - che quando prendi una multa con l'auto o con la moto, per le ventiquattro ore successive  puoi fare quel o che vuoi, oltraggiare qualsiasi codice della strada. Non ti possono mettere altre multe. Ecco: tutte le ventiquattro ore successive a tutte le multe che ho preso nel a mia vita.
Ogni palazzo che ospita uffici ricolmi di lavoro e tutte le vite che ci sono dietro coloro che stanno dietro alle scrivanie. Il suono prolungato e familiare di campanelle scolastiche, e un rumore di scale percorse con tumulto che si diffonde in molti quartieri, rumore di bambini, ragazzi e adolescenti, che creano per qualche secondo una tensione barbara, lì fuori, una scenografia dell'attesa di qualche secondo - e poi tutti questi ragazzi che vengono espulsi quasi all'unisono, le scuole si svuotano e la città si riempie di nuovo, i vigili urbani hanno molto da fare, le madri e i padri tornano a fare i genitori, i pranzi sono quasi pronti, le organizzazioni complicate dei pomeriggi.
L'odore di pane del primo mattino.
Un litigio furioso per una questione di principio.
Tutti i sogni di una notte, gli ultimi giorni da sindaco del sindaco, tutte le feste a sorpresa, e il rumore della carta da regalo quando viene scartata.
Il fatto che nessuna donna al mondo riesca a ottenere dal parrucchiere la pettinatura che desiderava. 
Tutte le donne nel gesto di legarsi i capelli.

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