commento di Antonio Valerio SperaSummary:
E’ la prima volta che un film del giovanissimo Xavier Dolan arriva nelle sale italiane. Un nome sconosciuto al grande pubblico, quello del regista canadese, ma per i frequentatori dei festival cinematografici e i cinefili attenti allo sviluppo del cinema internazionale non è di certo nuovo. Così dopo quattro film passati tra Cannes e Venezia, c’è voluto il premio speciale della giuria all’ultima manifestazione francese per convincere i distributori italiani a portare Mommy, suo ultimo lavoro, nel nostro paese.
Un “traguardo” meritato, strameritato che speriamo possa far scoprire anche in Italia quest’immenso talento di soli venticinque anni che illumina ormai da tempo il panorama festivaliero internazionale. L’occasione buona per una distribuzione italiana c’era già stata la scorsa stagione, quando il suo Tom à la ferme venne presentato in concorso al Lido. Bertolucci, presidente di giuria, scelse incomprensibilmente di non assegnargli nessun riconoscimento e i nostri distributori non ebbero la giusta dose di coraggio per decidere di inserirlo nel proprio listino.
Ma poco male, il pubblico italiano avrà l’opportunità di conoscere Dolan nel migliore dei modi, perché Mommy rappresenta, insieme al già citato Tom à la ferme, il punto più alto della sua giovane carriera, un film dallo straordinario impatto emotivo che tocca alla pancia e al cuore. Girato nell’inconsueto formato 1:1 – “la visione dello spettatore non è così soggetta a distrazioni ed è attirata direttamente dallo sguardo del personaggio”, spiega il regista – Mommy è ambientato a Montreal e racconta del complicato rapporto tra una madre ed un figlio affetto da disturbi mentali. A riequilibrare la loro relazione, arriva inaspettatamente in soccorso la vicina di casa, ex insegnante ora con problemi nell’espressione verbale. E’ l’incontro tra tre anime perse, che iniziano piano piano a scoprirsi vicendevolmente per poi comprendere meglio loro stesse.
Per dare volto e spessore emotivo ai tre protagonisti Dolan ha scelto degli interpreti a lui cari: Anne Dorval, Suzanne Clement e il giovane Antoine-Olivier Pilon avevano infatti già illuminato con la loro bravura altre opere del regista canadese ma, in quest’ultima pellicola, si superano e brillano in un crescendo d’intensità e commozione. Un crescendo emotivo composto da numerose scene madre che nel film procede di pari passo con l’evoluzione della libertà stilistica di Dolan. Un istrionismo estetico audace, governato però lucidamente dall’autore, che ripone attenzione in ogni minimo dettaglio, occupando anche diversi ruoli nella realizzazione dell’opera. Come dai suoi esordi, Dolan non è solo regista, ma anche produttore, sceneggiatore, montatore e costumista; un caso raro se non unico nel panorama cinematografico mondiale: “I costumi rappresentano il primo contatto visivo con lo spettatore – dichiara l’autore – e spesso vengono trascurati”. Un dato, quest’ultimo, che ci offre ancora di più la cifra della particolarità del nuovo talento canadese. Un autore completo che sa gestire il suo estro giovanile con la maturità di un veterano della macchina da presa. E finalmente, grazie alla Good Films, anche il pubblico italiano potrà andare alla scoperta di Xavier Dolan.
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net