Ci viene in soccorso Momo del blog Momo's Wonderland, con questo racconto, seguito di Mimo vampiro.
Testo e disegni di Momo.
In una notte qualunque di un Halloween qualunque , non solo Mimo vampiro stava vivendo una storia non tanto qualunque. Al suo fianco da quella notte c'era Momo, una piccola creatura non morta. Aveva i capelli scompigliati e rossi come il sangue, grandi occhiaie violacee, e soprattutto possedeva un cervello un po' fuori posto. Era proprio per questo che Momo aveva sempre la testa fra le nuvole e la foschia. Sognava di abbracciare quei batuffoli grigi e bianchi, di morderli come se fossero zucchero filato, parlando con le stelle. “Sei proprio una zucca vuota! Non fai altro che pensare a mangiare di tutto tranne che cervelli!” le diceva qualcuno. Gli amici la prendevano spesso in giro, perchè era una piccola zombie che non mangiava cervelli, come facevano loro. “A me i cervelli fanno schifo! Sono viscidi, puzzano, non hanno sapore e non sono nulla di speciale!” “Ma se contengono le parole! Quelle sono importanti!” ribattè uno dei suoi compagni non morti. “Già... sono pieni di parole vuote! Cosa me ne faccio di parole che non mi saziano?!” esclamò Momo. Da allora aveva deciso che avrebbe mangiato tutto tranne che cervelli, perché erano tutte scatole vuote, senza particolari tesori.
Mimo vampiro invece dimostrò di avere un cervello davvero interessante... e chissà magari era pure buono da mangiare! Momo sentiva sempre di più i crampi allo stomaco e , dopo il favoloso volo tra le stelle con Mimo, cercò qualcosa da mangiare, perché non voleva privare Mimo del suo cervello. Così iniziò da qualche lombrico, poi passò a sgranocchiare qualche scarafaggio, mordicchiò due o tre serpenti e infine addentò una zucca ceh stava lì vicino. “Uffa che fame!” esclamò Momo. “Perchè non mangi cervelli come fanno tutti gli altri zombie ?” “Perché fanno schifo!” Mimo la guardò sorpreso e scoppiò a ridere. “Questa è bella! Mai visto uno zombie schizzinoso!” “Mimo, come faccio a digerire un cervello se non è intelligente? Io ho bisogno di parole che abbiano qualcosa... le parole sono tesori per il mio stomaco!” Momo tornò a sedersi, triste e affamata più di prima. “Mi dispiace... ti donerei un po' del mio cervello, ma mi serve ancora nei secoli a venire. Però ho una cosa per te!” Così Mimo tirò fuori qualcosa dalla mantella nera come le tenebre: era una scatola piccola piccola e tutta rossa. “Che cos'è?” chiese Momo curiosa. “È il mio cuore. Tienilo!” Momo arrissì e scosse la testolina, portando ancora più fuori posto il cervello. “No! Non posso accettare!” “Il mio cuore è molto più di mille parole. Mi hai portato tra le stelle stanotte. Vorrei sdebitarmi.” “Ma... non posso mangiarlo!” “L'importante è che lo tenga tu.” Momo prese la piccola scatolina, la aprì e dalla fame che aveva divorò in un sol boccone il cuoricino di Mimo. Di colpo sentì il suo petto bruciare e il suo stomaco sazio. Così Momo capì, che non solo le parole nascono dal cervello, ma anche dal cuore. E trovò finalmente il suo più grande Tesoro.