Mail di Gianpiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, sarà che io sono fermo al detto di Ennio Flaiano (“Chi si firma è perduto”) e dunque non firmo appelli. Mai. Di certo non avrei firmato l’appello dei 47 galantuomini che additano quale obbrobrio l’eventuale fusione editoriale tra la Mondadori e la Rizzoli, quella che nel linguaggio corrente passa come “Mondazzoli”.
Vedo che molti di quei fatali 47 sono “autori Bompiani”. Ora succede che io abbia pubblicato gli ultimi miei tre libri dalla Bompiani, e che senza Elisabetta Sgarbi quei tre libri giammai avrebbero visto la luce. Non per questo mi vanterei con chicchessia di essere un “autore Bompiani”. In fatto di identità di ciascuno di noi, più stai zitto e meglio è.
E vengo subito al punto. Che cosa temono gli “autori Bompiani”, loro sì che se ne vantano? Temono che all’indomani dell’eventuale incameramento della Rizzoli (e dunque della Bompiani) da parte della Mondadori, il loro lavoro alla casa editrice capitanata da Elisabetta o a quella capitanata da Roberto Calasso (la Adelphi) sarebbe condizionata da qualcuno di lercio e mafioso, magari il Gian Arturo Ferrari che è tornato nello stato maggiore Mondadori dopo lo scandaloso congedo di qualche anno fa?
Che le loro opere geniali rischierebbero di essere meno geniali, più condizionate da quell’entità ributtante che è il “mercato”? Umberto Eco teme che in un tale e nuova situazione editoriale la Sgarbi sarà costretta a commissionargli la biografia di Michela Brambilla o le opere giovanili di Marina Berlusconi? Ovvio che non sarà così. Ovvio che adesso come prima nel catalogo di ciascun editore della Mondazzoli figureranno bei libri, librini e libracci. Dove più, dove meno.Ma c’è il fatto direte che un tale colosso, o meglio colossino (40 per cento del mercato), altera la libera concorrenza in libreria, dove le piccole case editrici troveranno ulteriore difficoltà a inerpicarsi sugli scaffali che contano. Di certo sarà così, ma lo è già. Già adesso la Mondadori ha una potenza di fuoco in libreria che piccole e raffinate case editrici non hanno.
E comunque, come ha scritto sapidamente Nicoletta Tiliacos sul “Foglio”, l’eventuale Mondazzoli sarebbe editorialmente un nano rispetto alle grandi concentrazioni editoriali europee, ognuna delle quali ha un volume d’affari superiore a quello dell’intera produzione editoriale di un Paese semianalfabeta come il nostro.
Non è questione di colossi che ledano il diritto a leggere quello che ciascuno vuole, è che in libreria non ci entra più nessuno. Succede a qualcuno di voi, lo ha già scritto Aldo Busi, di parlare di un libro (che non sia ovviamente l’ultimo Houellebcq), con uno dei vostri amici? A me sì, ma solo perché di amici ne ho in tutto tre o quattro. Altro che la Mondazzoli, avremmo dovuto dedicare delle pagine alla chiusura di una sublime libreria parigina, “La Hune”, quella dove io entravo quando avevo poco meno di trent’anni, e alla mezzanotte era fitta di gente così, e potevi chiedere qualsiasi libro che bramavi e subito il commesso ti diceva come e dove e quando. Altro che Mondazzoli, sta morendo il mondo cui eravamo abituati e che credevamo eterno.
Ah già, e poi ci sono i Premi. Dicono i 47 che d’ora in poi li vincerà tutti la Mondazzoli. Ma è già così da molti anni, e non c’è niente da dire se non che quei Premi andrebbero aboliti, per la dignità di tutti. Di chi scrive e di chi legge. Come aveva detto una volta Tommaso Landolfi all’editore Vallecchi che voleva proporre un suo libro per un premio letterario: “Epperò mi dovete dare un indennizzo se poi quel premio non lo vinco, ma soprattutto se lo vinco”.
GIAMPIERO MUGHINI
Voi cosa ne pensate? Credete che un eventuale fusione possa aiutare i lettori? Un colosso simile può distruggere la piccola editoria andando a scapito anche di tanti scrittori emergenti? Fatemi sapere la vostra opinione!