Un altro totem calcistico è caduto. Ora è ufficiale: il Mondiale del 2022, in Qatar, si giocherà fra novembre e dicembre, in quelle settimane in cui l'autunno sta per lasciar strada all'inverno, quando l'atmosfera natalizia, sincera o posticcia che sia, ha già largamente invaso le case di tutti o quasi. Da quelle parti, a giugno e a luglio (i mesi classici della kermesse iridata) le temperature, e le condizioni climatiche in generale, sono incompatibili con lo svolgimento di un'attività sportiva: alla faccia degli "stadi refrigerati" di cui aveva favoleggiato qualche buontempone. Nessun dramma, ci mancherebbe: sono ben altri gli orrori che stanno minando alla base la credibilità del carrozzone, e che, quantomeno qui da noi, hanno raffreddato gli entusiasmi di molti "calciomaniaci" impenitenti. Però un po' di magone c'è. Di Coppe del mondo invernali in fondo se ne son disputate altre, in passato, dal punto di vista strettamente "geografico": quella maggiormente ricordata da appassionati giovani e attempati è, ancora oggi, Argentina '78. A giugno, nella terra dei gauchos, fa freddo: foto e immagini televisive di quei giorni ci raccontano di atleti schierati in campo con maglie a maniche rigorosamente lunghe, allenatori intabarrati in impermeabili e giacconi pesanti, atmosfere spesso plumbee, tenebre precoci, nebbioline incipienti. Tutto ok, però pur sempre giugno era...MONDIALE= CALDO... - Il "problema", è chiaro, riguarda soprattutto noi europei, abituati a vederci servite le grandi competizioni per Nazionali, Mondiali ma anche Europei, ogni due anni alla fine della stagione per club. Conta l'atmosfera, l'ambiente in cui si sviluppa l'evento, un fattore niente affatto trascurabile per chi vede il football non solo come vicenda strettamente agonistica, ma come autentico romanzo popolare, volano e crogiolo di passioni, caratteristiche che ovviamente si ritrovano amplificate al diapason nella rassegna planetaria, ossia nella massima espressione calcistica del globo. Ebbene, per noi italiani Mondiale vuol dire estate, caldo più o meno canicolare: vuol dire strade illuminate dal sole e dalle bandiere tricolori, vuol dire raduni nelle piazze per assistere alle partite davanti ai maxischermi, e, per i più "pazzi", bagni nelle fontane, un po' per festeggiare eventuali trionfi azzurri, un po' per alleviare la calura. Scene, scorci di gioia che si ripetono simili nel resto del Vecchio Continente, o in buona parte di esso, con le ovvie sfumature legate alle differenze di attitudini e di carattere, alla maggiore o minore morigeratezza nel vivere la grande festa del football. RITUALI INTOCCABILI - Nel 2022, tutto questo non accadrà, non dalle nostre parti: e questo brusco cambiamento di "atmosfera" toglierà inizialmente un po' di magia alla kermesse, sorvolando sull'opportunità di averne assegnato l'organizzazione a un Paese ricchissimo ma calcisticamente all'ABC, e per tacere di tutto l'enorme strascico di polemiche che ha accompagnato tale designazione. Però non bisogna chiudersi aprioristicamente alle novità: anche solo una volta nella vita, ci sta di sperimentare un Mondiale da vivere... in maglia di lana, con l'albero di Natale e/o il Presepe già allestiti in salotto. L'importante sarà che i parrucconi della FIFA non ci prendano l'abitudine: la sacralità di certi eventi, e la Coppa del Mondo è l'Evento per eccellenza del calcio, si regge anche su certe ritualità, su certe tradizioni immutabili: su quei "totem" di cui si diceva all'inizio. E' pur vero che il calciofilo medio di oggi si fa andar bene più o meno qualsiasi cosa, non si spiegherebbe altrimenti la tolleranza nei confronti dello spezzatino che ha distrutto la contemporaneità della nostra Serie A, o verso le rose imbottite di stranieri, ma c'è un limite a tutto. ORGANIZZAZIONE, PREPARAZIONE: CAMBIERA' TUTTO - Questo per quel che riguarda il versante "sentimentale" (importantissimo, lo ripeto). Sul piano strettamente tecnico, i problemi saranno forse amplificati. Dovrà essere totalmente sconvolta la pianificazione complessiva dell'annata calcistica, sia sul fronte organizzativo sia su quello più strettamente agonistico, sia per i club che per le rappresentative. Preparazione fisica da "rileggere" alla luce delle nuove esigenze di calendario, da effettuare forse con tempistiche diverse e con modalità da calibrare attentamente, magari persino con metodiche nuove. Campionati nazionali da interrompere, giocoforza, a metà percorso, e ci sta: la pausa invernale, invece che per ricaricare le pile in vista delle sfide di primavera, dovrà servire per la messa a punto delle 32 partecipanti al torneo iridato, e per la disputa dello stesso. Torneo che forse, proprio per questo, mostrerà compagini e campioni più "sul pezzo", meno spremuti fisicamente e mentalmente, il che è un'arma a doppio taglio: se da un lato tutto ciò dovrebbe garantire un innalzamento del tono spettacolare delle partite, dall'altro potrebbe rendere la competizione più prevedibile, con un sostanziale rispetto delle gerarchie consolidate, senza exploit inattesi: potrebbe persino accadere che i calciatori inglesi, non più ridotti al lumicino dalle innumerevoli gare chiamati a giocare coi loro club, riescano finalmente a impreziosire un albo d'oro "mundial" tremendamente a corto di argomenti (anche se per loro il logorio è solo una parte del problema: la verità è che, da qualche anno a questa parte, lassù sull'Isola i talenti veri latitano, altroché: molto peggio che da noi...). E DOPO IL MONDIALE? - Poi, però, sorgerebbero inconvenienti dopo la fine della festa qatariota: giocatori spremuti, forse più sul piano nervoso che su quello atletico, in proporzioni mai viste nel bel mezzo di una stagione agonistica. Nuova preparazione, da impostare in maniera diversa, ma il rischio concreto di vedere, nella seconda parte dell'annata per club, squadre poco brillanti, o comunque uno sconvolgimento dei valori che porterebbe le "grandi" ad arrancare e le società meno attrezzate a trovare più spazio per imprese "impossibili"; nulla di negativo sul piano emozionale, anzi, ma sicuramente un'anomalia causata da un evento "esterno", e non da, piuttosto, una auspicabile redistribuzione di risorse fra società "ricche" e società "povere". Tutte ipotesi, ci mancherebbe; magari invece non accadrà nulla di tutto questo e, anzi, il Mondiale troverà nell'autunno - inverno la sua nuova collocazione ideale. Sul punto ho i miei dubbi, ma di certo si tratterà di un banco di prova enorme, uno di quegli snodi cruciali nella storia di questo sport: si tratterà di mettere in moto il cervello, di studiare nuovi sistemi di gestione degli impegni, di preparazione degli atleti, di calendarizzazione degli eventi. Sarà meglio che i padroni del vapore pallonaro comincino a pensarci per tempo.
Mondiali di calcio 2022, il pallone sotto l'albero: in qatar si giochera' a dicembre
Creato il 20 marzo 2015 da CarlocaUn altro totem calcistico è caduto. Ora è ufficiale: il Mondiale del 2022, in Qatar, si giocherà fra novembre e dicembre, in quelle settimane in cui l'autunno sta per lasciar strada all'inverno, quando l'atmosfera natalizia, sincera o posticcia che sia, ha già largamente invaso le case di tutti o quasi. Da quelle parti, a giugno e a luglio (i mesi classici della kermesse iridata) le temperature, e le condizioni climatiche in generale, sono incompatibili con lo svolgimento di un'attività sportiva: alla faccia degli "stadi refrigerati" di cui aveva favoleggiato qualche buontempone. Nessun dramma, ci mancherebbe: sono ben altri gli orrori che stanno minando alla base la credibilità del carrozzone, e che, quantomeno qui da noi, hanno raffreddato gli entusiasmi di molti "calciomaniaci" impenitenti. Però un po' di magone c'è. Di Coppe del mondo invernali in fondo se ne son disputate altre, in passato, dal punto di vista strettamente "geografico": quella maggiormente ricordata da appassionati giovani e attempati è, ancora oggi, Argentina '78. A giugno, nella terra dei gauchos, fa freddo: foto e immagini televisive di quei giorni ci raccontano di atleti schierati in campo con maglie a maniche rigorosamente lunghe, allenatori intabarrati in impermeabili e giacconi pesanti, atmosfere spesso plumbee, tenebre precoci, nebbioline incipienti. Tutto ok, però pur sempre giugno era...MONDIALE= CALDO... - Il "problema", è chiaro, riguarda soprattutto noi europei, abituati a vederci servite le grandi competizioni per Nazionali, Mondiali ma anche Europei, ogni due anni alla fine della stagione per club. Conta l'atmosfera, l'ambiente in cui si sviluppa l'evento, un fattore niente affatto trascurabile per chi vede il football non solo come vicenda strettamente agonistica, ma come autentico romanzo popolare, volano e crogiolo di passioni, caratteristiche che ovviamente si ritrovano amplificate al diapason nella rassegna planetaria, ossia nella massima espressione calcistica del globo. Ebbene, per noi italiani Mondiale vuol dire estate, caldo più o meno canicolare: vuol dire strade illuminate dal sole e dalle bandiere tricolori, vuol dire raduni nelle piazze per assistere alle partite davanti ai maxischermi, e, per i più "pazzi", bagni nelle fontane, un po' per festeggiare eventuali trionfi azzurri, un po' per alleviare la calura. Scene, scorci di gioia che si ripetono simili nel resto del Vecchio Continente, o in buona parte di esso, con le ovvie sfumature legate alle differenze di attitudini e di carattere, alla maggiore o minore morigeratezza nel vivere la grande festa del football. RITUALI INTOCCABILI - Nel 2022, tutto questo non accadrà, non dalle nostre parti: e questo brusco cambiamento di "atmosfera" toglierà inizialmente un po' di magia alla kermesse, sorvolando sull'opportunità di averne assegnato l'organizzazione a un Paese ricchissimo ma calcisticamente all'ABC, e per tacere di tutto l'enorme strascico di polemiche che ha accompagnato tale designazione. Però non bisogna chiudersi aprioristicamente alle novità: anche solo una volta nella vita, ci sta di sperimentare un Mondiale da vivere... in maglia di lana, con l'albero di Natale e/o il Presepe già allestiti in salotto. L'importante sarà che i parrucconi della FIFA non ci prendano l'abitudine: la sacralità di certi eventi, e la Coppa del Mondo è l'Evento per eccellenza del calcio, si regge anche su certe ritualità, su certe tradizioni immutabili: su quei "totem" di cui si diceva all'inizio. E' pur vero che il calciofilo medio di oggi si fa andar bene più o meno qualsiasi cosa, non si spiegherebbe altrimenti la tolleranza nei confronti dello spezzatino che ha distrutto la contemporaneità della nostra Serie A, o verso le rose imbottite di stranieri, ma c'è un limite a tutto. ORGANIZZAZIONE, PREPARAZIONE: CAMBIERA' TUTTO - Questo per quel che riguarda il versante "sentimentale" (importantissimo, lo ripeto). Sul piano strettamente tecnico, i problemi saranno forse amplificati. Dovrà essere totalmente sconvolta la pianificazione complessiva dell'annata calcistica, sia sul fronte organizzativo sia su quello più strettamente agonistico, sia per i club che per le rappresentative. Preparazione fisica da "rileggere" alla luce delle nuove esigenze di calendario, da effettuare forse con tempistiche diverse e con modalità da calibrare attentamente, magari persino con metodiche nuove. Campionati nazionali da interrompere, giocoforza, a metà percorso, e ci sta: la pausa invernale, invece che per ricaricare le pile in vista delle sfide di primavera, dovrà servire per la messa a punto delle 32 partecipanti al torneo iridato, e per la disputa dello stesso. Torneo che forse, proprio per questo, mostrerà compagini e campioni più "sul pezzo", meno spremuti fisicamente e mentalmente, il che è un'arma a doppio taglio: se da un lato tutto ciò dovrebbe garantire un innalzamento del tono spettacolare delle partite, dall'altro potrebbe rendere la competizione più prevedibile, con un sostanziale rispetto delle gerarchie consolidate, senza exploit inattesi: potrebbe persino accadere che i calciatori inglesi, non più ridotti al lumicino dalle innumerevoli gare chiamati a giocare coi loro club, riescano finalmente a impreziosire un albo d'oro "mundial" tremendamente a corto di argomenti (anche se per loro il logorio è solo una parte del problema: la verità è che, da qualche anno a questa parte, lassù sull'Isola i talenti veri latitano, altroché: molto peggio che da noi...). E DOPO IL MONDIALE? - Poi, però, sorgerebbero inconvenienti dopo la fine della festa qatariota: giocatori spremuti, forse più sul piano nervoso che su quello atletico, in proporzioni mai viste nel bel mezzo di una stagione agonistica. Nuova preparazione, da impostare in maniera diversa, ma il rischio concreto di vedere, nella seconda parte dell'annata per club, squadre poco brillanti, o comunque uno sconvolgimento dei valori che porterebbe le "grandi" ad arrancare e le società meno attrezzate a trovare più spazio per imprese "impossibili"; nulla di negativo sul piano emozionale, anzi, ma sicuramente un'anomalia causata da un evento "esterno", e non da, piuttosto, una auspicabile redistribuzione di risorse fra società "ricche" e società "povere". Tutte ipotesi, ci mancherebbe; magari invece non accadrà nulla di tutto questo e, anzi, il Mondiale troverà nell'autunno - inverno la sua nuova collocazione ideale. Sul punto ho i miei dubbi, ma di certo si tratterà di un banco di prova enorme, uno di quegli snodi cruciali nella storia di questo sport: si tratterà di mettere in moto il cervello, di studiare nuovi sistemi di gestione degli impegni, di preparazione degli atleti, di calendarizzazione degli eventi. Sarà meglio che i padroni del vapore pallonaro comincino a pensarci per tempo.
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