Mondo senza fine – Avrei voluto che così fosse...

Creato il 05 settembre 2013 da Loredana Gasparri
Un anno fa, in questi giorni, mi calavo tra I pilastri della terra. Pochi giorni dopo, uno dei miei amici di Facebook mi segnalò di non perdermi Mondo senza fine, l’ideale seguito del primo romanzo. Potevo far finta di nulla? No. E’ contro natura. Mi piacerebbe, anzi, che Ken Follett considerasse l’idea di scriverne un terzo, un seguito del seguito. Mentre aspetto, ho tutti gli altri suoi libri in elenco, e soprattutto The Century Trilogy. Torniamo pure al Mondo. Siamo di nuovo a Kingsbridge, nel periodo compreso tra 1327 e 1361. Iniziamo tremando al buio e al freddo all’interno della cattedrale, la mattina del 1° novembre 1327 assistendo alla messa di Ognissanti, insieme a quattro bambini in particolare, di età varia dagli otto ai dodici anni. Sono i fratelli Merthin e Ralph, Caris e Gwenda. I primi due discendono dal conte di Shiring, Richard, il fratello di Lady Aliena, e da Tom il costruttore (per parte di madre, tramite la sorella Martha) e da Jack lo scultore. Per quanto non sia importante rintracciare l’ascendenza, in questi due ragazzini si manifesteranno in modo evidente alcune caratteristiche dei loro avi, che li porteranno ad occupare certi ruoli all’interno del romanzo. In quel mattino così speciale, i quattro bambini incontrano un guerriero in pericolo, Thomas, che aiuteranno a loro modo a liberarsi di un pericoloso inseguitore. Merthin, soprattutto, dotato di un’intelligenza attiva e pronta, sarà esclusivo depositario di un segreto: il nascondiglio di una lettera scottante che, se scoperta, potrebbe rovesciare davvero il mondo.  Dopo quella mattina, saltiamo direttamente vent’anni ed entriamo nella vita quotidiana dei quattro personaggi principali e di tutti i comprimari, e impariamo a conoscerli molto bene. Vediamo che Merthin, che avrebbe voluto diventare un soldato, è stato destinato ad un’altra carriera dal padre, ormai privo di tutti i suoi averi e costretto a diventare converso del florido priorato di Kingsbridge. È diventato apprendista carpentiere di Elfric, un mediocre costruttore pieno di sé e diffidente verso ogni innovazione, ogni tentativo di uscire dagli schemi. Fin dall’inizio è chiaro che non corre buon sangue tra i due: Merthin gli tributa un rispetto di facciata, ma si accorge bene dei limiti del suo superiore e del suo rifiuto di superarli e di crescere. Nella sua mente vive lo spirito sognatore e creatore di Jack lo scultore, colui che guardava il cantiere della cattedrale e la immaginava alta, forte e solida, e adoperava la propria intelligenza vivida per fare in modo che lo fosse sul serio. Disegna i suoi progetti, e scolpisce figure di legno leggere e piene di movimento. Caris è una giovane donna sveglia, intelligente e capace; figlia di Edmund il lanaiolo (ogni tanto compare anche il nome Wooler), il castaldo della principale e potente corporazione dei lanaioli, accompagna spesso il padre nelle fiere e nelle trattative commerciali. Seguendo inconsapevole le orme di Lady Aliena prima di lei, offre il suo fiuto e i propri molteplici talenti, basati su una forte empatia e un senso di  osservazione molto pronunciato, per appoggiare il padre nei propri affari. Gwenda è una giovanissima ladruncola, a disagio con quel ruolo che una vita durissima e un padre indegno le hanno attribuito; non è priva di una certa intelligenza pronta e di velocità di azione. Ralph, il fratello minore di Merthin, è diventato scudiero dell’attuale conte di Shiring, seguendo la sua vocazione alla violenza che spesso lo fa diventare inutilmente crudele ai danni degli altri, e la sua smisurata ambizione che gli fa sognare un titolo nobiliare. Le loro vite e i loro cammini sembrano segnati, apparentemente: Merthin e Caris sono innamorati, stanno bene insieme ed è abbastanza naturale aspettarsi nel giro di qualche pagina il loro matrimonio, poi qualche figlio e l’avanzamento nella carriera, almeno da parte di lui. Consideriamo che nel pieno Medioevo solo gli uomini contavano qualcosa, persino a Kingsbridge dove  tutti conoscono l’intelligenza e il talento per gli affari di Caris. Vediamo subito che niente di quello che capita è così banale o scontato. Caris, per quanto innamorata di Merthin, ha idee molto, molto moderne sul matrimonio e sul posto di una donna. Non le piace l’idea di sposarsi, perché rifiuta di diventare schiava di un uomo e dei suoi stessi figli. All’epoca, se una donna non sceglieva il matrimonio, poteva abbracciare un’unica altra opzione: il velo. Erano le uniche due strade considerate onorevoli per una donna comune, che non poteva scegliere. Caris non ha idee così comuni: lei vuole diventare medico. La sua empatia la porta a essere vicino a chi soffre, e il suo spirito di osservazione le fa capire che i rimedi degli unici medici accettati e onorati dell’epoca, monaci e frati, procurano più danni che benefici. Una vera rivoluzionaria: nel giro di poche righe rigetta tutte le autorità costituite di quell’epoca: marito, famiglia e Chiesa. A questo,  uniamo un carattere forte e uno spirito difficile da piegare ai precetti con le parole “si fa così perché lo dico io”, oppure “si fa così perché si è sempre fatto così”. Possiamo già sospettare che la sua vita non sarà liscia. Merthin, dal canto suo, condivide la stessa insofferenza per le regole imposte, soprattutto quando i risultati sono mediocri o dannosi, e per il rifiuto di innovare, di esplorare altre soluzioni che potrebbero portare benefici e risolvere problemi. Sono questi elementi che portano Merthis a scontrarsi quotidianamente con l’ottuso Elfric, e in seguito, Merthin e Caris a contrapporsi a Godwyn, il priore di Kingsbridge. Se ne I pilastri della terra, Philip, l’allora priore, rappresentava il viso dinamico e genuino della Chiesa, pronto ad adoperarsi per creare, aiutare i poveri, e a venerare Dio in tutte le creature, con opere e azioni concrete, Godwyn è il lato conservatore, ottuso, interessato al potere e a fomentare divisioni e zizzanie per il proprio potere personale. Mentre Merthin e Caris hanno a cuore la sorte dei loro concittadini e dell’intera Kingsbridge, e sfruttano la loro intelligenza e i loro talenti per costruire ponti “di nuova generazione”, per trovare nuove fonti di reddito dalla lana trasformandola in panni tessuti e tinti, evitando così la miseria per buona parte della popolazione, e la chiusura per fallimento del mercato settimanale della lana, sempre più disertato dai ricchi compratori stranieri, Godwyn sceglie di preoccuparsi che i nuovi progetti non intralcino i suoi piani di avanzamento di carriera, non mettano in disparte lui e il suo priorato, non siano opera del demonio, non vadano contro le autorità costituite, gli antichi testi e i sapienti di Oxford. Ogni volta, tenta di impedire che vengano attuate riforme o innovazioni, per paura di perdere il suo piccolo potere, e molto spesso, Merthin e Caris, da soli o insieme, riescono a trovare un cavillo per aggirare il suo ostacolo e per far fluire il progresso. Una buona parte del libro si scrive proprio in questo duello di volontà tra queste tre persone, principalmente, e tra questi due opposti schieramenti: il desiderio del bene comune contro il puro vantaggio personale fine a se stesso. E sullo sfondo, la protagonista silenziosa di questo romanzo: l’intera città di Kingsbridge, che vive, cresce, muore e rinasce mentre i suoi cittadini si battono per lei, cercano di proteggerla dagli artigli letali della terribile peste del 1348-1349, e dall’esosità della corona, impegnata nell’estenuante Guerra dei Cent’anni. Un romanzo corale, amplissimo, costruito soprattutto dalle minuscole vicende umane, mentre la Storia, quella fatta di re e battaglie, intrighi di corte e rivolgimenti politici, se ne sta quasi in disparte, e visita altri palcoscenici.

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