Com’è ovvio, non è detto che un disagio si espliciti con chiarezza negli interventi di un utente su una delle piattaforme considerate. È necessario dunque assumere numerosi fattori, oltre a non includere nell’analisi frasi o post iperbolici. A molti di noi, infatti, sarà capitato di scrivere su Facebook qualcosa del genere: «Se tra cinque minuti il vicino non avrà smesso con la musica neomelodica, mi suicido». In un caso simile, il sistema del Durkeim Project provvederebbe a individuare una mancata correlazione con altri fattori “di rischio”, come ha puntualizzato Chris Poulin, responsabile del progetto.
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In questa prima fase, l’iniziativa sta tenendo in osservazione un gruppo di militari, veterani e non, gruppo all’interno del quale il rischio di suicidio è considerato alto. Non è un caso, peraltro, che i finanziamenti provengano dalla DARPA.
Obiettivo di questa raccolta di dati, arrivare a centomila partecipanti, e continuare a sviluppare il sistema per cercare di renderlo più accurato; con, all’orizzonte, l’idea di riuscire a individuare per tempo un imminente rischio di suicidio, e magari lanciare un allarme.
Guardando per un attimo al Durkheim Project con una prospettiva un po’ più ampia, in effetti l’idea che i nostri interventi in Rete siano costantemente elaborati per sapere quanto “stiamo bene”, non sarebbe proprio esaltante, no?
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