Monte Cevedale, 3769 metri di bellezza

Da Superale @superale76
L'emozione di legarsi in cordata per attraversare un ghiacciaio solenne e arrivare in cima al Monte Cevedale, ripaga di gran lunga lo sforzo e la fatica. Questa la morale di una due giorni in compagnia di Moreno e Andrea nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio.
La nostra avventura parte a pochi chilometri da Santa Caterina Valfurva, precisamente dal Rifugio Forni, da qui ci siamo caricati i pesanti zaini e in 1 ora e 40 abbiamo attraversato la valle di Cedec fino a raggiungere il rifugio Pizzini; fin qui è stata poco più di una passeggiata nonostante i quasi 500 metri di dislivello, ampiamente ripagati dalla vista sul Palon de la Mare, Vioz e infine sulla Vedretta del Pasquale e, soprattutto, sull'imponente Gran Zebrù.
Dopo esserci riposati per una mezzoretta siamo ripartiti alla volta del rifugio Casati (3254m slm), dove avremmo pernottato. Abbiamo raggiunto il rifugio in circa 1 ora e 40 minuti di buon passo e non senza fatica in quanto la seconda parte si arrampica letteralmente su di un ripido pendio che non da tregua.
Prima del meritato riposo e complice il fatto che per me era la prima esperienza in cordata su un ghiacciaio, abbiamo fatto un'escursione di poco più di un'oretta fino a raggiungere i Tre Cannoni, avamposto bellico da cui si può godere una bella vista sulla Val Martello da una parte e sull'Ortles e Gran Zebrù dall'altra.
Dopo una nottata pressochè insonne, il giorno dopo comincia alle 6.45 sulla terrazza del rifugio Casati e poi ai piedi del ghiacciaio per indossare l'attrezzatura e per legarsi in cordata. Intorno alle 7.15 cominciamo l'ascesa che in circa 2 ore e 15 ci ha portato fino in cima al Monte Cevedale.
E' una traversata fantastica, resa faticosa dal meteo, nuvole basse e forte vento, ma quasi mai pericolosa, bisogna solo prestare attenzione in un paio di punti a dei crepacci, peraltro abbastanza visibili. Gli ultimi  50 metri percorsi sulla crestina nevosa sono da mozzare il fiato per l'emozione e quando si arriva in cima, a 3769m slm, la soddisfazione fa sparire in un amen la fatica e il freddo. Una parziale schiarita ci ha permesso di goderci per un attimo tutto il panorama che ci circondava.
Il rientro dalla cima è abbastanza agevole, di nuovo bisogna prestare attenzione ai crepacci, soprattutto quello della seraccata finale, e nel giro di poco più un'oretta siamo rientrati al rifugio Casati; da qui poi ci aspettavano un migliaio di metri di dislivello in discesa per far rientro alla macchina.
Questa è stata la mia prima esperienza fuori dalle Dolomiti, è un escursione che merita ampiamente però per godersela in pieno bisogna essere fisicamente preparati e legarsi alla corda di gente che sa come affrontare un ghiacciaio, che sa effettuare una legatura e che ha nozioni di messa in sicurezza e recupero.
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