Si è svolta oggi a Podgorica, capitale del Montenegro, una nuova manifestazione contro l’ingresso del paese nella Nato.
La protesta, annunciata nei giorni scorsi, è stata organizzata dal Fronte Democratico (Demokratski front – Df), la coalizione filo serba fondata da Miodrag Lekić in opposizione al Partito Democratico dei Socialisti (Demokratska Partija Socijalista Crne Gore – Dps) del premier Milo Đukanović, al governo dal 1991.
Le politiche atlantiste e filo occidentali dell’esecutivo hanno infatti sempre trovato una dura opposizione da parte dei partiti rappresentanti la componente serba della popolazione montenegrina, i quali male accettano la possibilità di diventare parte di quella stessa alleanza che bombardò la Serbia di Milosević durante la guerra in Kosovo.
La recente crisi nata tra i paesi occidentali e la Russia, in seguito all’aggressione militare di quest’ultima contro l’Ucraina, e le sanzioni economiche imposte da Usa ed Unione Europea nei confronti di Mosca, alle quali Podgorica ha dato il proprio appoggio, hanno ulteriormente infiammato il clima politico interno al paese balcanico: queste politiche anti russe sono infatti invise al Df, il quale recrimina a Đukanović di aver tagliato i rapporti con un alleato di lungo corso come il Cremlino, che potrebbe ancora fornire appoggio economico e politico a Podgorica, per aderire ad una coalizione occidentale alla quale il Montenegro risulterebbe completamente estraneo e che non sarebbe in grado di salvaguardarne gli interessi.
I partiti di opposizione hanno quindi chiesto più volte al governo di indire un referendum, tramite il quale il popolo montenegrino possa esprimere la propria volontà a riguardo di un’integrazione nell’Alleanza Atlantica, un’alternativa questa che l’esecutivo non ha però mai mostrato intenzione di prendere in considerazione.
Nonostante i sondaggi, alcuni più altri meno attendibili, mostrino infatti un crescente consenso verso un ingresso nella Nato, l’unica consultazione tenutasi a riguardo, nell’ottobre 2009, nonostante i molti astenuti ha visto una netta prevalenza dei contrari a questa ipotesi (44%), contro solo un 31% di favorevoli.