Enrico Mentana apre il suo spazio informativo quotidiano con un avvenimento che domina su tutto il resto ed è la decisione di non candidare Roma alle prossime olimpiadi.
All’unanimità il governo ha detto no alla candidatura di Roma 2020, non si è fatto influenzare dalla pomposa campagna propagandistica fatta nei giorni scorsi e valutati i costi e i benefici dell’operazione, il premier Mario Monti ha deciso che non esistono le condizioni perché lo Stato possa offrire le necessarie garanzie alla candidatura. ”Non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare sulle finanze dell’Italia”.
Dunque con questi chiari di luna non possiamo permetterci di firmare impegni che non siamo sicuri di poter assolvere. Dopo un’attenta analisi il premier Monti ha concluso che non ci sarebbero sufficienti garanzie economiche da parte dello Stato per sostenere l’avventura olimpica. Troppo elevati i fondi per realizzare il sogno olimpico, finanziato con fondi pubblici. L’Italia di oggi in crisi e costretta a tagli e sacrifici, non se le può concedere.
Non è Monti che ha fermato il sogno olimpico ma la situazione attuale che non rende possibile il rischio. La speranza, di riportare a Roma i Giochi a sessant’anni da quelli del 1960, ha fatto l’ultima fermata a Palazzo Chigi. Nonostante tutti i partiti fossero schierati per il si, Monti ha tirato dritto per la sua strada . Il no, arriva con argomenti forti e portati avanti con chiarezza ma, la bocciatura brucia, perché lo sport era convinto di farcela a portare la torcia a Roma, e adesso per riprovarci passeranno anni, o decenni secondo i più pessimisti. E al mondo dello sport Monti ha detto che la sfida non era possibile perché troppo rischiosa sul piano finanziario, che non ci si poteva presentare in Europa a chiedere garanzie per l’Italia, impoverita e indebitata, e poi mettere sul tavolo finanziamenti miliardari per sostenere le Olimpiadi. Insomma “dire sì sarebbe stato irresponsabile”. Più chiaro di così!
Una scelta dura. Un rifiuto, che alla luce dell’operato fino ad ora condotto da questo governo, appare condito dalla ragionevolezza. I partiti l’hanno presa male, il più deluso, Alemanno che da da mesi ripeteva la sua convinzione del sì del governo, e dopo il no arrivato senza se e senza ma, ha minacciato le dimissioni, prontamente smentite. Poi inizia il coro delle proteste. Soddisfatti solo i leghisti, che elegantemente esprimono la condivisione: “Ottima decisione, a Roma fanno solo casino” il plauso di Umberto Bossi.
Una decisione difficile che renderà Monti impopolare agli occhi della politica, abituata ad utilizzare i soldi pubblici con estrema generosità. Ma ai cittadini appare come una presa di posizione non giustificabile. Dobbiamo risanare il debito pubblico e gli sprechi inItalia li abbiamo già visti. Sembrano pochi spiccioli, ma quei rivoli di denaro pubblico che si sommano ad altri rivoli senza farsi notare, una volta a valle formano un lago di sprechi locali sempre più profondo. Come testimoniano spesso le grandi opere pubbliche che giacciono sul suolo italiano. Opera monche, opere incompiute e che forse non finiranno mai, al contrario dei soldi pubblici che già sono finiti. Le opere pubbliche abbandonate a metà sono una storia vecchia. Sono 320, mai ultimate in Italia. Il record in Sicilia. Le hanno iniziate, ci hanno speso una montagna di soldi e poi le hanno lasciate a metà. Sono monumenti allo spreco, al malgoverno, alla corruzione e alla clientela.
Il presidente del Consiglio Mario Monti non ha voluto firmare le garanzie per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020 per il timore che la macchina a cinque cerchi made in Italy si sarebbe trasformata in un buco nero di sprechi, così come avvenuto per altri grandi eventi. Del resto Roma entrava nella rosa dei candidati insieme ad altre rivali, sarebbe stato comunque difficile.
In conclusione una decisione controcorrente che vede il buon senso farla da padrone. Come dargli torto. Speriamo solo che lo sforzo del governo ora si proietti su posizioni e vertenze sociali più importanti e che ci toccano molto da vicino.