Se Berlusconi, come d'abitudine per ogni campagna elettorale, tira fuori dall'armadio tutto il proprio polveroso armamentario (i comunisti, le tasse, i nemici che gli hanno impedito di governare), certo sempre più logoro e improbabile ma che non è detto che non continui a convincere una consistente quota di elettori, Monti ha mostrato di voler fondare la propria campagna elettorale (appoggiando una coalizione di sua fiducia ed emanazione) sulla pretesa di aver salvato l'Italia. Si tratta in effetti di un argomento assai insidioso e pericoloso perché, propagato da gran parte dei media, è entrato a far parte del sentire comune di una rilevante parte degli italiani, almeno di coloro che, per il mestiere svolto e per condizione economica e sociale, si sono trovati sostanzialmente al riparo dagli effetti più terribili della crisi che sta attraversando il nostro Paese. E d'altro canto, sotto la regia di Napolitano, sono state proprio le forze politiche maggiormente presenti in Parlamento e che ora se lo ritrovano come concorrente e rivale (?) alle elezioni, ad aver attribuito a Mario Monti il ruolo di salvatore della patria. Del personaggio cioè capace, affidabile e super partes che doveva realizzare le riforme impopolari ma indispensabili che nessun partito e coalizione avrebbe avuto la forza di approvare e tanto meno il governo di Lega e PDL. Così non solo Casini e Fini si sono da subito contraddistinti quali pasdaran montiani ma lo stesso PD di Bersani ha fortemente voluto il passaggio del governo tecnico anziché puntare sulle elezioni anticipate (“per non costruire il nostro successo sulle macerie del Paese”) ed anche Berlusconi, una volta costretto dai mercati e dagli organismi finanziari sovranazionali a dimettersi, ha riconosciuto in Monti una soluzione utile e necessaria sostenendone i provvedimenti per oltre un anno in Parlamento.
Senza l'azione del governo Monti, così ci è stato detto fino alla noia, lo Stato italiano sarebbe fallito e non trovando più credito sui mercati per rinnovare i titoli del debito pubblico non sarebbe più stato in grado di pagare stipendi, pensioni e servizi pubblici. Questo post dunque si rivolge anzitutto a chi condivide tale versione dei fatti perché proprio per ciò che è in gioco nelle prossime elezioni – l'euro e l'Europa, le modalità di gestione del debito pubblico, l'austerità, le politiche sociali, i diritti del lavoro, la possibilità di rimetter mano alla Costituzione attraverso maggioranze bulgare (PD, PDL, centro montiano) e senza passare per il voto popolare - si richiede invece un giudizio obiettivo e onesto su Monti. Si tenga conto allora anzitutto dei terribili effetti del governo dei tecnici su tutti gli indicatori economici: il PIL, il debito pubblico giunto ai massimi storici, il tasso di disoccupazione, il potere di acquisto dei cittadini, il livello dei consumi, la mortalità delle imprese, la pressione fiscale, i suicidi per la crisi (argomento ormai da mesi censurato dai media di regime). E questi risultati sono stati per di più pagati con altissimi costi sociali: con la precarizzazione dei lavoratori stabili senza incrementare la stabilizzazione dei precari, rendendo la pensione un miraggio spesso irraggiungibile, impoverendo i cittadini, deprezzando del 20 o 30 per cento il valore delle case e cioè i cespiti in cui è massimamente impiegato il risparmio degli italiani (in pratica una specie di iniquia patrimoniale), con lo smantellamento dei servizi pubblici ed in particolare di scuola e sanità. A fronte di tutto ciò esiste solo la promessa di Monti, contraddetta da tanti esperti economici italiani e non solo, di una ripresa nella seconda metà del 2013 o addirittura nel 2014. Ma in quanti anni si potrà tornare ai livelli di reddito e di occupazione pre-crisi? E con quale distribuzione dei redditi tra le varie classi sociali? Con quale livello di diritti e di qualità di vita e del lavoro? Con quali servizi sociali pubblici? Con quale tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico, archeologico e paesaggistico? Il possibile giudizio positivo sul governo Monti è solo dentro la logica e la prospettiva di chi non concepisce alternative a quel mondo fondato sul turbocapitalismo, su di un'architettura dell'euro insostenibile stante le differenze di produttività e competitività tra gli Stati che vi aderiscono, sul divieto per gli Stati di finanziare la spesa pubblica anche attraverso l'emissione di nuova moneta e non solo con il ricorso ai mercati finanziari subendone ricatti e diktat. Cioè quel mondo e quel sistema che ha portato il capitalismo alla più grave crisi economica mondiale dopo quella del 1929. L'unico parziale successo di Monti diventa dunque la relativa riduzione del differenziale (spread) tra il tasso di interesse pagato dai titoli pubblici italiani e quelli tedeschi rispetto ai massimi berlusconiani ma conseguente non già ad un miglioramento delle condizioni della finanza pubblica ("i conti in sicurezza") e ad un incremento della fiducia dei mercati nella nostra economia ma unicamente grazie all'intervento della BCE a sua volta deliberato solo una volta che il suo governo si è attenuto alle direttive della Troika (BCE, Commissione Europea, FMI). Tant'è che basta uno stormir di fronde (la candidatura di Berlusconi, la situazione in Spagna o in Grecia, il fiscal cliff negli Stati Uniti) per gettare nel panico i mercati e far risalire i tassi di interesse. Lo spread usato come arma di ricatto per imporre al nostro Paese politiche antipopolari ma sempre incombente in un sistema che non è stato stabilizzato e di cui non sono state risolte le contraddizioni e le incongruenze. Di fatto la cura Monti non ha eliminato le cause della malattia ma ha solo garantito la continuità delle abituali devastanti terapie ad essa collegate. Come se ad una popolazione di un determinato territorio devastata dal cancro e dalle malattie polmonari conseguenti all'inquinamento non si assicurasse il risanamento ambientale e la rimozione delle cause del degrado ma semplicemente si concedesse di mantenere aperti gli ospedali (e nel contempo si cambiassero le regole per definire i dati epidemiologici e le relative cause oltre a pretendere dai degenti di contribuire al costo delle cure). Ogni riferimento all'ILVA di Taranto è assolutamente voluto. E ancora, pure se si ammettesse la logica di subordinazione ai mercati e di perseguimento dell'equilibrio dei conti pubblici, la filosofia che ha ispirato le scelte del governo Monti può e deve essere contestata: aver addossato il peso insostenibile del pareggio di bilancio sui ceti medio-bassi anziché sui ricchi, aver lasciato praticamente intatti i costi della politica e i privilegi del Vaticano, le spese militari per armamenti e missioni di guerra all'estero, le grandi opere inutili falcidiando nel contempo la spesa sociale e i servizi pubblici, non avere minimante intaccato i grandi buchi neri della società italiana: le mafie, la corruzione, l'evasione fiscale. Riuscendo in un'impresa che rende odiosissimo questo Governo, più di qualunque altro che lo abbia preceduto: aver contemporaneamente incrementato costo della vita, tariffe e pressione fiscale in particolare a danno dei più disagiati (IVA, IMU, imposta sui conti bancari) e tagliato le spese sociali. Poi chi vuole continui a considerare Monti il Salvatore della Patria.
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