Morgana si era sempre sentita “strana”, si sentiva strana perché era magica, in lei scorrevano quei fili invisibili che la legavano alla natura e che le facevano sentire ciò che era stato un tempo lontano, un sesto senso accentuato e per questo era diventata una Cassandra, nessuno la ascoltava, tutti presi dalle proprie convinzioni, non cedevano di un millimetro, mai e poi mai, non sapeva se lo facevano perché convinti o per farle un dispetto, però siccome era bella e civettuola i maschi cedevano se lei lasciava intuire che forse…forse. Amiche non ne aveva e poi le ragazze non le piacevano, per Morgana non era importantissimo il trucco, il parrucco e la moda e neppure andava in delirio per gli attori o i cantanti, le piacevano e stop. Spesso ragionava meglio coi maschi, con loro, poche volte, si poteva discutere sul senso o il non senso della vita. Le piaceva studiare, scrivere, suonare il flauto e cantare col karaoke di You Tube, ma soprattutto le piaceva inventare storie. Non crediate fossero bugie erano storie che nascevano da domande che lei si poneva, poi si calava come un attore nella sua parte, ed entrava dentro la domanda e non ne usciva fino a che non aveva la risposta. Quando era presa da queste ricerche, lasciava perdere tutto, anche lo studiare, ed era proprio per questo che a scuola non eccelleva: per incostanza, ma per cercare la risposta all’idea che le era venuta aveva una fermezza da mulo intestardito. Sopportava le punizioni che le davano i genitori per i quattro che arrivavano a casa: niente uscite, niente motorino, niente jeans nuovi, niente di niente. Che palle, i suoi erano all’antica, niente piercing, né tatuaggi, neanche la testa rasata da una parte e neanche coi jeans arrotolati e la caviglia nuda, mamma dice che mi ammalo, ma fa lo stesso io ho altro da fare e poi se mi va lo faccio di nascosto.
Morgana si era sempre sentita “strana”, si sentiva strana perché era magica, in lei scorrevano quei fili invisibili che la legavano alla natura e che le facevano sentire ciò che era stato un tempo lontano, un sesto senso accentuato e per questo era diventata una Cassandra, nessuno la ascoltava, tutti presi dalle proprie convinzioni, non cedevano di un millimetro, mai e poi mai, non sapeva se lo facevano perché convinti o per farle un dispetto, però siccome era bella e civettuola i maschi cedevano se lei lasciava intuire che forse…forse. Amiche non ne aveva e poi le ragazze non le piacevano, per Morgana non era importantissimo il trucco, il parrucco e la moda e neppure andava in delirio per gli attori o i cantanti, le piacevano e stop. Spesso ragionava meglio coi maschi, con loro, poche volte, si poteva discutere sul senso o il non senso della vita. Le piaceva studiare, scrivere, suonare il flauto e cantare col karaoke di You Tube, ma soprattutto le piaceva inventare storie. Non crediate fossero bugie erano storie che nascevano da domande che lei si poneva, poi si calava come un attore nella sua parte, ed entrava dentro la domanda e non ne usciva fino a che non aveva la risposta. Quando era presa da queste ricerche, lasciava perdere tutto, anche lo studiare, ed era proprio per questo che a scuola non eccelleva: per incostanza, ma per cercare la risposta all’idea che le era venuta aveva una fermezza da mulo intestardito. Sopportava le punizioni che le davano i genitori per i quattro che arrivavano a casa: niente uscite, niente motorino, niente jeans nuovi, niente di niente. Che palle, i suoi erano all’antica, niente piercing, né tatuaggi, neanche la testa rasata da una parte e neanche coi jeans arrotolati e la caviglia nuda, mamma dice che mi ammalo, ma fa lo stesso io ho altro da fare e poi se mi va lo faccio di nascosto.
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