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Morire di cancro o di fame? Ovvero: lavoro da morire

Creato il 27 luglio 2012 da Ilrattodellospazio
La chiusura dell'Ilva di Taranto ripropone una vecchia questione, mal affrontata da sempre dalla politica, per assicurare il pane alla famiglia vale far correre -ai tuoi cari oltre che a te stesso- il concreto rischio di vederli morire per cancro?E' chiaro che la risposta del semplice cittadino non può essere che la fame c'è oggi, oggi è necessario pagare l'affitto e comprare le scarpe ai bimbi. Per il cancro si vedrà, non è poi certo.Oggi i familiari superstiti della Eternit dicono che quello stipendio non valeva la pena, e magari lo diranno anche gli operai che stanno occupando gli impianti della Ilva.Questo è il tipico caso nel quale deve essere la "politica" a dare risposte.Perchè, purtroppo, l'attore principale fa finta di non esserci.L'impresa, da sempre consapevole che quei fumi e quegli scarti non sono proprio "ecocompatibili", ha operato tenendo conto di un unico fattore: il profitto.Se poi una città intera è esposta a rischi aggiuntivi di cancro (traducendo dalle statistiche in fatti reali: è crepata gente che senza la Ilva sarebbe campata ancora a lungo) questo non è un problema che riguarda il profitto.E se poi qualche "folle" politico si fosse intestardito nella tutela della salute pubblica, era sufficiente fare la campagna per il concorrente con ben altre e diverse priorità.Tanto ci sono sempre politici disposti a dire che il surriscaldamento globale è una bufala, che il buco dell'ozono è roba da scienziati, che la caccia è lo sport più antico dell'uomo, che le coste si valorizzano con una bella colata di cemento, e che è simpatico organizzare una sagra paesana di bistecche d'orso.Tanto il cancro, a ben guardare, se lo prendono gli operai ed i cittadini, non certo la dirigenza e la proprietà che vivono lontano dai fumi. E men che meno i "politici", che spargono parole tranquillizzanti agli elettori, ma poi si tengono ben lontani dalle ciminiere.

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