Viaggio nelle città imperiali del Marocco La partenza è di quelle che solo una congiuntura astrale avversa, con tanto di allineamento di sette pianeti e maledizione della strega del nord, potevano causare. In realtà qui non c’entrano né il fantasy né l’astrologia, ma un volo Ryanair, una città che è “equilontana” da tutto e il passaggio dall’ora legale a quella solare. Una miscela esplosiva che – questo sì, come nei migliori fantasy – fa assumere al viaggio in Marocco le sembianze di un premio dopo le fatidiche tre prove impossibili da superare. Ma andiamo con ordine. Io e il mio amico B avevamo in mente questo tour da diverso tempo: Un itinerario in auto attraverso le città imperiali del Marocco da fare in completa autonomia. Scoviamo un volo Ryanair che da
Roma arriva a Fez con partenza alle 7.55. Il che significa partire da Benevento alle 3 di notte. Nella notte e precisamente nell’ora in cui le lancette si spostano indietro nel tempo. In termini teorici, un vantaggio. In quelli da ansia pre partenza, una notte a chiedersi se le sveglie dei cellulari terranno conto del cambiamento. L’insonnia ci fa arrivare puntuali a destinazione. Ci attende l’imbarco sul volo della compagnia aerea che meno amiamo. Per ovviare all’assalto al posto abbiamo acquistato anche l’opzione priority che ci costringe a passare avanti (e davanti) a tutta la fila in una passerella da miglio verde, con gli occhi degli altri passeggeri conficcati nelle nostre schiene come pugnali. La situazione peggiora sull’autobus che ci porta all’aereo, perché la zona priority è separata da un nastro che fa tanto apartheid e che in molti tentano furbescamente di scavalcare per poter salire prima sull’aeromobile. Senza nessun controllo, siamo noi a tentare di bloccare l’avanzata incontrollata, diventando ancora più antipatici agli occhi di uomini, donne e bambini, pigiati come bestie nella coda del bus, mentre noi (e un altro gruppo di 6 persone), nel nostro spazio “prioritario” potremmo mettere in scena una Giselle come ai migliori tempi del Bolshoi. Tra l’altro, visto che la Ryanair considera bagaglio a mano anche un pacchetto di gomme, assistiamo a scene inverosimili, con persone che nascondono zaini sotto i cappotti, borse e giacconi infilati a calci in trolley al limite della deflagrazione, gente vestita a strati multipli con le movenze e le fattezze dell’omino Michelin. Il volo, per giunta, è accompagnato dal pianto molesto di una bambina che delizia i passeggeri, ininterrottamente e senza riscatto, fino alla dogana. Già, la dogana. In questo momento della mia vita in cui il lavoro è una chimera, decido di qualificarmi per quello che sono: Una giornalista. Apriti cielo! Mi trattengono più del dovuto. Mi chiedono per quale giornale scriva. Si informano sui posti in cui dormirò. Mi domandano il motivo della mia visita non contemplando l’ipotesi che anche i giornalisti vadano in vacanza. Alla fine la spunto e riesco a mettere piede sul suolo marocchino, con la sensazione di essere diventata un’osservata speciale (la conferma me la darà la proprietaria del primo riad che palesa tutte le preoccupazioni di uno stato che teme ancora i giornalisti… Beata innocenza!). Ritiriamo l’auto a noleggio e ci avviamo verso Fez, ignari della strada, sprovvisti di mappa (introvabile a Benevento) e con l’iPad che chiede disperatamente una connessione internet per accedere alla cartina e lasciarti, poi, in balia del gps (nell’ordine daranno forfait anche il mio cellulare e il mio bancomat). Poco male. Sulla strada per il centro di Fez ci avvicinano diverse persone in motorino, pronte ad accompagnarci a destinazione (ovviamente in cambio di una mancia). In qualche modo riusciamo a trovare il riad, l’unico che abbiamo prenotato dall’Italia per un tour di cui abbiamo tracciato un itinerario di massima (Fez, Meknés, Rabat, Casablanca, Marrakech, Fez), senza vincolarci a soste e pernottamenti obbligatori. Col senno di poi, abbiamo fatto la scelta giusta che ci ha concesso di fermarci lì dove era davvero necessario farlo, sorvolando su alcuni luoghi più gettonati, ma meno interessanti.
L’ingresso al riad ci catapulta immediatamente nell’atmosfera marocchina, complice anche uno dei migliori te alla menta che abbiamo bevuto. E’ un posto bellissimo, arredato con gusto e molto caratteristico (una sorta di B&B le cui stanze si affacciano tutte all’interno di un patio centrale). C’è solo un piccolo inconveniente. La nostra stanza (anch’essa molto bella) ha il bagno in camera. No, non mi sono sbagliata. “Ha il bagno in camera” nel senso che non c’è la porta a dividere i due ambienti, ma solo una tendina di perline i cui fili sono distanti almeno 3 cm l’uno dall’altro e arrivano a metà altezza. In pratica, c’è o non c’è è la stessa cosa perché dalla camera si vede tutto. E si sente tutto. Ora, va bene che io e B siamo molto amici. Ma, via, ci sono gradi di intimità che nemmeno alle coppie sposate è concesso raggiungere. Figuriamoci alle coppie di single come noi. Chiediamo una tenda coprente per espletare le nostre abluzioni. E facciamo i turni fuori dalla stanza quando la toilette torna a rivestire la sua primaria funzione. Poco male 2. Siamo lì solo per una notte e per l’ultima (torneremo a Fez l’ultimo giorno per ripartire per l’Italia) prenotiamo nello stesso riad un’altra stanza. Con bagno in camera. E porta sigillante.I tempi del check-in (dalle 3 del pomeriggio… sic!) ci consentono una prima visita della città. Ci addentriamo immediatamente nel suq e siamo travolti completamente dall’atmosfera araba (e africana) che vi si respira. Il suq di Fez è forse il più bello e caratteristico dell’intero Marocco, pieno di stradine tortuose tra salite mozza-fiato e scalini scivolosi, piccoli slarghi con fontane mosaicate e tappeti polverosi e complessi, carcasse di animali e hammam promettenti, oli di argan e profumi molesti, oggettistica di pregiato artigianato e cineseria d’importazione, concerie a cielo aperto e gatti come se piovesse, ristoranti da mille e una notte e somministratori di “cibo-non-meglio-identificato” da passeggio, botteghe impensabili e mestieri inimmaginabili. E’ tutto confusione, baraonda, affollamento. Del genere che ti fa comprendere perché la vita sia nata proprio dal caos. Si resta rapiti, frastornati, sopraffatti. Ma, soprattutto, affascinati.
Ci sono turisti, è vero, e sono avvicinati, abbordati, accalappiati, a volte disturbati dai venditori, così come da improvvisate guide turistiche in cerca di mance. Ma, complice il periodo (ottobre), il suq è animato soprattutto dalla gente del posto che ci regala un’immersione immediata nella quotidianità di questo meraviglioso popolo. E’ per questo motivo che ci fermiamo da uno dei tanti venditori di cibo per assaggiare una sorta di
crêpe, rotonda e molto grande, servita senza nulla, in una carta come quella del pane. In barba all’igiene e avvezzi a viaggiare in tutto il mondo, osserviamo ammaliati il gesto del venditore che prende una crêpe e ne stacca un pezzo strizzandola tra le mani come un mocio vileda. Sarà quell’antico sapore delle cose arcaiche quando, prima della scure dell’UE, mangiavamo allegramente cozze al vibrione e latte appena munto, ma la crêpe è buonissima e placa il nostro appetito, concedendoci di saltare il pranzo. Il resto della giornata è un susseguirsi di madrase (le antiche scuole di studio del Corano) dai patii ricchissimi e vagamente andalusi; maioliche coloratissime; suoni e voci delle strade; colori e, soprattutto, olezzi di concerie che neanche il rametto di menta sotto al naso riesce a tenere a bada; terrazze che dominano una città in cui ci sono più parabole che persone; porte (bab) arabeggianti; profumi di spezie e tajine fumanti a qualsiasi ora del giorno. In poche ore dominiamo la medina di Fez e programmiamo la partenza verso Meknés per il giorno successivo (con sosta a Volubilis, sede di un antico insediamento romano). Ma prima è tempo di cenare come si deve. Il “concierge” del riad non ci consiglia benissimo. Ci ritroviamo a mangiare un cibo non cattivo, ma nemmeno esaltante, seduti su degli scomodissimi letti/divani, sistemati su un pavimento in discesa all’ultimo piano (le scale! Dio quante scale in Marocco!) di una casa improvvisatasi ristorante. E’ solo il primo giorno. Ma del Marocco abbiamo già imparato ad amarne l’anima. Il tempo di riposare e siamo pronti a ripartire ancora più carichi di curiosità ed entusiasmo. Ma prima: “Hem… B, puoi uscire dalla stanza che il tajine di ieri sera mi sta facendo effetto?”Note: - Fez (arabo فاس, Fās, in francese Fès);
- i Riad sono le dimore caratteristiche e tradizionali del Marocco trasformate in strutture ricettive turistiche. Ci sono per tutte le tasche, da quelle più economiche a quelle equiparabili a lussuosi hotel a 5 stelle. In genere si sviluppano intorno a un patio/giardino centrale (Riad significa appunto giardino) con fontane, stucchi e maioliche, vetrate colorate e salotti decorati con cuscini, divani, tessuti, tappeti e lanterne. In linea di massima, essendo dimore antiche, si trovano sempre nelle medine delle città. L’esperienza è assolutamente imperdibile.
- Medina: E’ il centro storico della città.
- Suq: Il caratteristico mercato organizzato in corporazioni
- Madrasa o Medersa: E’ l’antica scuola per lo studio del Corano. In genere è provvista anche degli alloggi (piccole celle, come quelle dei monaci) per gli studenti. Anche in questo caso, si sviluppa intorno a un patio centrale finemente decorato con maioliche e stucchi che descrivono arabeschi o scritte che indicano la parola Dio (non è permesso rappresentare figure antropomorfe o animali).
- Moschea: E’ il luogo di culto dell’islam. In Marocco non si possono visitare. Fa eccezione la grande moschea di Casablanca (la terza al mondo) in orari prestabiliti.
- tajine
Continua…Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city.
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