Viaggio nelle città imperiali del Marocco
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MoroccoExperience - 1 Fez: Di partenze, caos vitale e bagniin camera
Morocco Experience - 2 Meknès: Di donne, strade e scoperte Lasciamo Meknès con l’idea di raggiungere Rabat, la capitale del Marocco, e proseguire verso
Casablanca per il pernottamento. La scelta è obbligata, perché nella città del famoso film ci attende un amico che ci promette ospitalità. La strada per Rabat è, come sempre, liscia e scorrevole. Il lungo rettilineo con cui si entra in città palesa immediatamente il carattere imperiale della città e il suo ruolo di capitale. E’ tutto estremamente curato, pulito, ordinato. Persino i giardini e le
piante hanno qualcosa di artificiosamente geometrico. La tappa del nostro tour prevede una passeggiata nella medina che si affaccia sull’oceano Atlantico, alla foce del Bouregreg e guarda la Medina gemella della città di
Salé.
L’architettura qui è più mediterranea e ricorda molto la tunisia, con quelle stradine tortuose, tra palazzi di colore bianco e turchese (si dice siano colori voluti per attirare il sole ed allontanare le zanzare). Ci sembra di essere in vacanza, come siamo, ma d’estate. Ogni tanto si aprono scorci su slarghi dai portoni pluridecorati. E poi c’è la terrazza col famoso caffè dove è obbligatorio degustare un te alla menta e qualche biscotto. Piccola parentesi sui dolci. Da brava pasticcera, mi rendo conto che il mondo arabo (almeno per le mie brevi esperienze) non brilla per bontà dei suoi dolci. La presenza di mandorle e miele è quasi ossessiva e il sapore stucchevole di melassa è sempre in agguato. Ma dipende anche dai gusti. Sulla terrazza, ad esempio, abbiamo preso un paio di biscotti tra quelli più semplici dal vago profumo di limone e molto contenuti nella quantità di zucchero. Una vera delizia.
Siamo pronti per visitare anche la restante parte della città antica, seguendo il percorso delle mura, ma siamo presi d’assalto dalle decoratrici di henné. Si tratta di donne che propongono tatuaggi con l’henné sulle mani delle malcapitate turiste. Poco più che ghirigori non particolarmente attraenti, rovesciando sulla pelle un abbondante strato di questa mistura marroncina. Per gusto personale, non sono intenzionata a provare l’esperienza, ma una attuatrice mi blocca e mi rovescia sulla mano mezzo chilo di questo composto, nonostante le mie proteste e una finta allergia (ultimo baluardo per una strenua difesa della mia mano). Oltre che marroncino il composto è anche tiepido. Non proprio una bella sensazione. Mi libero immediatamente dell’intruglio, ma la mia pelle ne ha già assorbito quanto basta per far sembrare la mia mano affetta da un’orrenda malattia cutanea. Poco male. Il colorante naturale andrà via in pochi giorni.Ci dirigiamo, quindi, verso la necropoli di Chella, ma sono le 16.30 ed è impossibile visitarla. Un vero peccato soprattutto perché, per raggiungerla, attraversiamo con l’auto tutta la città in un traffico che fa invidia a Roma,
Napoli e
New York tutte insieme. Ci ripromettiamo di tornarci successivamente e ci dirigiamo verso Casablanca. Prima di partire, ci mettiamo in contatto col nostro amico marocchino che sembra molto preoccupato per questo nostro arrivo in auto. Ci descrive una situazione veicolare da congestione cronica, un intreccio di vie da quartieri spagnoli, un’estensione urbana degna di Città del Messico.
Ci dà appuntamento alla moschea di Hassan, la terza al mondo per dimensioni, la prima per altezza del suo minareto. E l’unica visitabile in tutto il Marocco. Imposto la rotta sul mio iPad, ma senza connessione è poco più di una mappa, senza tracciato da seguire. In realtà, traffico a parte, me la cavo così bene come navigatore che arriviamo all’appuntamento molto prima del nostro amico, trovando anche immediatamente parcheggio. E’ notte e non riusciamo ad avere una visione complessiva della città, ma la grande moschea si staglia illuminata davanti all’oceano. Prendimo la macchina fotografica e, prima di poterla immortalare, le luci vengono tutte spente. Poco male, la vedremo il giorno dopo alla luce del sole. Di Casablanca abbiamo letto solo recensioni negative. E’ una città che non vale nemmeno una deviazione, figuriamoci un pernottamento. Con l’omonimo film ha in comune solo il nome, visto che scopriamo, con stupore, che nemmeno una scena fu girata in quella città. E, in effetti, sconsiglio calorosamente di andare a vederla, soprattutto se avete pochi giorni a disposizione.
Il nostro amico ci raggiunge e dormiamo a casa sua sui divani della sala da pranzo (non ci sono sedie. E’ il tipico arredamento marocchino delle sale da pranzo dove si mangia seduti sui divani). Sono duri e rigidi, come i cuscini, un particolare che si presenta uguale in qualsiasi hotel, casa, riad abbiamo frequentato (ma che ci metteranno dentro? Piombo fuso?”). La sua casa è in un quartiere popolare, un tempo baraccopoli, oggi in via di riqualificazione con la sostituzione delle baracche con palazzi a più piani. Il nostro amico ci tiene a raccontarci i passi in avanti del quartiere, collegato al centro della città da un’efficiente sistema di mezzi pubblici. Da qualche tempo gli abitanti stanno attenti anche ai rifiuti e si sono dotati di cestini gettacarte che hanno sparpagliato per le strade. Qualcuno si è inventato anche un sistema di pulizia e vigilanza per evitare che qualche distratto lasci i rifiuti dove non dovrebbe. Ceniamo in strada, in un ritrovo che ricorda molto le tavole calde alla buona dove si fermano i camionisti. Pasto a base di carne alla brace, ma non chiedetemi quale perché è impossibile da capire. Però risulta particolarmente buona.
Il giorno dopo visitiamo la città con i suoi due volti, segno di una contraddizione tra uno sviluppo economico e una povertà ancora pressante. Il centro è curatissimo, sul lungomare visitiamo anche un centro commerciale assolutamente all’occidentale e uno stabilimento balneare a cinque stelle, sicuramente bello, ma un po’ asettico. D’altra parte questi complessi sorgono tutti in una zona della città che ha assunto quasi le sembianze di
Miami. L’altro lungomare, invece, è triste e squallido. Ci sono lavori in corso un po’ ovunque perché, come ci spiega il nostro amico, stanno costruendo una strada a scorrimento veloce, sacrificando buona parte del lungomare un tempo meta della popolazione più povera. E’ tutto un viavai di camion tra polvere, buche e odore di benzina. Lo spettacolo, insomma, non è piacevole, al punto che il centro cittadino, con le sue strade pulite, i marciapiedi ampi, le zone pedonali, ci sembra addirittura preferibile. A pranzo, davanti all’ennesima tajine, il nostro amico ci spiega che Casablanca è la capitale commerciale del Marocco, mentre Rabat è quella amministrativa, Fez quella delle scienze e
Marrakech quella turistica. In effetti, dopo il nostro tour non possiamo che convenire, assegnando a Meknès il premio di consolazione di capitale del souk più autentico e del centro storico più curato…
Continua…Articolo originale di Federica Rossi per Poco sex e niente city.
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