Matteo Gennari è pesarese e vive in Brasile da anni. Credenze e superstizioni sudamericane hanno evidentemente condizionato il nostro, che ha riversato nel libro tutta la particolare attenzione che il popolo brasiliano ha nei confronti di spiriti e fantasmi, e che anche la letteratura gli ha dedicato – basti pensare ai tanti fantastici incontri sovrannaturali che si fanno nel corso di Cent’anni di solitudine.
La storia quindi procede tranquillamente, nonostante le assurdità e le stranezze delle situazioni. E se è vero che la vita è effettivamente spesso bizzarra e sorprendente, è anche vero che il confine tra realtà e suggestione è spesso molto labile. Con molta e sottile ironia, Gennari si fa beffe dei suoi personaggi, mostrando quanto siano dei fragili, indecisi, confusi esseri umani, mossi come foglie dal vento, privi di direzioni precise, capaci di attorcigliarsi attorno al proprio quotidiano crenadosi inesistenti problemi o paranormali vie di fuga pur di scappare dalla propria mediocrità. Il problema è che questo andamento contorto si riflette anche sull’intero libro, che sembra tutto una lunga, lunghissima “storia” poco credibile eppure già sentita – come quando ascolti gli indicibili e ridicoli pettegolezzi di quartiere. Colpa anche lo stile narrativo di Gennari, che registra tutto in presa diretta, al presente, senza scandire tempi e azioni, tutte contemporanee. La narrazione diventa quindi dialogica, fluviale, senza pause che permettano un respiro per accomodare le cose. Provocando quel senso di fastidio che si ha quando si è a contatto con una persona vagamente logorroica, che nonostante sia ricca di spunti divertenti, alla fine ti annoia e ti dà il mal di testa.
Azzurra Scattarella
Matteo Gennari, Morti, amanti e funerali, Abel book, 2011, € 4.99