Mosca-Washington: caccia ai lupi. Il monito di Michail Gorbačëv

Creato il 01 giugno 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Reportage: “Tra le fauci dell’orso. Geopolitica e società di un’Ucraina divisa”

L’allerta del Cremlino: attenzione agli Usa!

Chi pensava che gli anni della Guerra Fredda fossero ormai un ricordo, non immaginava certo di incappare nella più recente attualità. Dopo l’addio di Vladimir Putin al G8, le sanzioni dell’Unione Europea alla Russia e la crisi in Ucraina, si è ritornati alla tensione dei due blocchi, quando a contrapporsi erano Mosca e Washington, il Cremlino e la Casa Bianca.

In Russia il 22 maggio scorso il Ministero degli Esteri ha emesso un documento rivolto ai connazionali intenzionati a varcare i confini in direzione dell’Europa e dell’America. Il documento metteva in guardia i viaggiatori russi contro “le forze dell’ordine e i servizi speciali statunitensi, in quanto queste agenzie di informazione vanno a caccia di Russi nel mondo”. Un’accusa mossa, dunque, contro l’operato di Washington, che “si sentirebbe autorizzata a fare ciò che vuole”. Le parole del Ministero degli Esteri russo sarebbero sostenute dal caso recente di Vladimir Drinkman, presunto hacker che, dopo due anni di carcere in Olanda, è stato successivamente estradato negli Stati Uniti. Mosca si oppose da subito, volendolo quanto prima rimpatriare.
In questi ultimi giorni le accuse del Cremlino riguarderebbero “l’inaccettabile abitudine degli Stati Uniti di cacciare i Russi nel mondo, senza badare alle vigenti leggi internazionali”. La tensione generatasi a seguito delle accuse mosse contro la Casa Bianca, avrebbe prodotto un raffreddamento delle relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Un irrigidimento dei rapporti che lo stesso Michail Gorbačëv ha preso in considerazione di recente, affermando: “Siamo di fronte a una crisi mondiale, non soltanto europea. Una delle cause è da ricercarsi nella non-disponibilità dei partner occidentali a valutare gli interessi di sicurezza della Russia”. Ma quali sono realmente gli interessi della Russia? Solo e soltanto la sicurezza del Paese? Oppure il timore che l’intelligence americana possa scoprire qualcosa di scomodo?

Dalla Casa Bianca: una Russia sempre più aggressiva

Washington e la Nato non tacciono di fronte alla politica del Cremlino. L’aggressività di Mosca è cresciuta nell’ultimo periodo in Ucraina. Questo è il monito del presidente Barack Obama, almeno all’indomani dell’incontro avvenuto alla Casa Bianca alla presenza di Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Alleanza Atlantica. Le parole dei vertici di Usa e Nato fanno ben comprendere come i fondamenti degli Accordi di Minsk del febbraio 2015 siano stati ampiamente calpestati: il cessate-il-fuoco indetto dal 15 febbraio scorso sarebbe stato dunque infranto, tenendo in conto il progressivo incremento di aggressività della Russia in territorio ucraino.

La Casa Bianca a Washington. Photocredit: CC BY-SA 3.0/Wiki/OgreBot

Queste le parole del presidente americano, Barack Obama: “C’è stata l’occasione di discutere sulla situazione in Ucraina e sul comportamento sempre più aggressivo della Russia in quel territorio. Appoggiamo la Nato come fondamento della sicurezza globale”. Alle affermazioni degli Stati Uniti i vertici del Cremlino non hanno risposto. Così ha aggiunto Jens Stoltenberg: “Invito le parti in causa a rispettare i principi degli Accordi di Minsk. Allo stesso modo invito la Russia a non cooperare ulteriormente con i separatisti, ritirando le proprie forze dal Donbass”.
Intanto si apprende che Mosca ha avviato nuove esercitazioni militari in diverse aree del Paese, tra cui una regione piuttosto vicina all’Artico. Si tratterebbe di valutare direttamente l’effettiva capacità di azione dell’aeronautica russa, con la probabilità di sostenere nuove campagne militari nell’alveo della politica estera del Cremlino. Le cifre non sono certo secondarie. Si parla di 12mila soldati dispiegati sul campo e 250 velivoli, mentre in Svezia la Nato non resta a guardare.

Michail Gorbačëv: il dialogo come salvezza

La pace in Ucraina non è un evento autoreferenziale. La pace in quella terra è l’anticamera per una nuova stabilità in Europa e nel mondo. E la via maestra per garantire il ritorno della pace è “il dialogo tra Russia e Stati Uniti. La responsabilità di questi due Paesi è essenziale e speciale per la politica globale”. Questo almeno è il pensiero di Michail Gorbačëv nel messaggio di apertura all’International Symposium on Climate Change, dove purtroppo non ha potuto personalmente partecipare.

Queste le parole dell’ex presidente dell’Unione Sovietica in carica dal marzo 1990 al dicembre dell’anno successivo. Parole che non lasciano dubbi e fugano ogni sospetto. Un appello al dialogo, al fine di ricucire le ferite procurate dalla crisi in Ucraina e dai conflitti scaturiti nell’Est europeo all’indomani della dissoluzione dell’Urss. Per Michail Gorbačëv il dialogo fra Washington e Mosca dovrebbe esistere ben al di là dell’attuale situazione nel Donbass e a Kiev. E proprio su questa linea l’ex presidente dell’Unione Sovietica afferma di aver apprezzato il recente incontro fra Putin e John Kerry: “Più che mai oggigiorno serve un dialogo consapevole, ovvero l’idea di un comune destino e di una comune esposizione a nuove minacce”. L’esortazione di Gorbačëv è chiara: azzerare ogni pregiudizio per creare un nuovo sistema globale di co-responsabilità.
In altri termini, per il propugnatore della perestrojka e della glasnost’ bisogna ricucire i rapporti fra l’Est e l’Ovest del mondo, senza dimenticare quelle vecchie tensioni della Guerra Fredda, che ad oggi non sono ancora del tutto scomparse. Serve dunque un governo centrale, una testa che sappia guidare il baricentro del mondo e fornisca una visione globale dei fenomeni politici internazionali.

Tags:#Donbass,#Donetsk,America,Bush,kiev,Mosca,putin,russia,ucraina,URSS,USA,washington Next post

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