Mostre passate: Pompeo Batoni, il Maestro dimenticato

Creato il 22 marzo 2015 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra

Famoso e ricercato nel Settecento. Relegato all’oblio per quasi due secoli. In occasione del terzo centenario della sua nascita la National Gallery dedica una grande mostra ad un grande maestro dimenticato…

Sir Gregory Page-Turner, il busto di Atena alle sue spalle, protende la mano verso lo spettatore. Sullo sfondo, rovine classiche. Libri. Mappe. Una colonna. Incoraggiante, sembra invitarci a condividere la sua straordinaria esperienza di gentiluomo colto e raffinato, impegnato nel Grand Tour. Il viaggio all’estero come completamento di un’educazione politica, accademica o professionale era -sin dal Rinascimento- ritenuto un’esperienza essenziale. Tanto che coloro che non l’avevano provata, come il pittore William Hogarth, non potevano non provare un certo risentimento verso chi, invece, era stato più fortunato. L’itinerario seguito era quasi sempre lo stesso: Firenze, Roma, Napoli e Venezia. Una volta a Roma, era naturale che molti gentiluomini desiderassero eternare l’evento facendosi ritrarre dal pittore più famoso della città: Pompeo Girolamo Batoni (Lucca, 1708 – Roma, 1787).
Figlio di un orefice di Lucca, Batoni si trasferisce a Roma nel 1727. Come tutti i nuovi arrivati, copia le sculture antiche del Vaticano, studia gli affreschi di Raffaello e Annibale Carracci, e disegna modelli dal vivo nelle accademie private. Il tratto accurato e la puntigliosa attenzione al dettaglio – retaggio dell’apprendistato nella bottega paterna- sono una costante della sua arte. La sua inclinazione verso la tradizione classica si traduce in opere come Il Trionfo di Venezia (1737). Commissionata dall’ambasciatore veneziano a Roma, la tela rivela lo studio attento e appassionato delle opere di Raffaello e la sua ammirazione per pittori della grande scuola bolognese, da Domenichino a Guido Reni.
Dal 1740 Batoni produce pitture mitologiche e religiose per l’aristocrazia italiana e riceve importanti commissioni dalla Chiesa. E la sua capacità di adattare la drammatica energia del Barocco al suo amore per il dettaglio cesellato e minuto è evidente in entrambi i generi. Basti osservare L’estasi di Santa Caterina da Siena (1743) e Il tempo ordina alla vecchiaia di distruggere la bellezza (1745-46) per essere travolti dalla vivace spontaneità e dal fiume luminoso del colore settecentesco.
Tra il 1750 e il 1760 la fama di Batoni si estende alle corti d’Europa e raggiunge la Gran Bretagna. La sua perizia nella resa fisiognomica (particolarmente apprezzata nel XVIII secolo) gli procura numerose commissioni da parte dei gentiluomini inglesi impegnati nel Grand Tour, che ritrae in pose informali, all’aria aperta, circondati da sculture e rovine architettoniche del mondo classico. Se il disegno preciso e la freschezza del colore moderano la pomposa retorica dei grandi ritratti a figura intera (come quello del Colonel the Hon William Gordon), i ritratti degli ultimi anni catturano per l’intima informalità della composizione. Gli occhi sensualmente accattivanti e lo sguardo sornione dell’attore David Garrick (1764), la posa languidamente rilassata di Sir Humphry Morice (1761-62) con i suoi adorati cani sorprendono per la resa accurata dei dettagli, la tecnica libera e sgranata, il modellato soffice, il colore arioso.
Nel 1789, a due anni dalla morte, Joshua Reynolds disse di Batoni che nonostante la fama acquisita in vita, sarebbe stato presto dimenticato. E così fu. Dopo un lungo oblio, ora finalmente l’“ultimo grande maestro italiano” è tornato.

pubblicato martedì 6 maggio 2008 su Exibart



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