Mostri e mirabilia nella storia dell'arte

Creato il 19 settembre 2014 da Artesplorando @artesplorando

La chimera di Arezzo

Mostri e prodigi da sempre popolano la storia dell'uomo e della sua arte (a Roma a Palazzo Massimo gli è stata dedicata una mostra interessantissima). C'e una sorta di attrazione-repulsione nei confronti di tutto ciò che è inconsueto. Questi sentimenti sono intrinsechi nella natura dell'uomo.
Figure mostruose venivano dipinte nei graffiti già dai popoli primitivi, spesso in connessione con il sacro. Si tratta di espressioni figurative molto diffuse, destinate a suscitare stupore e orrore, forse con un senso di compiacimento.I medievali trovavano attraenti quei mostri così come noi facciamo con gli animali esotici del giardino zoologico. Tali mostri non erano considerati esempi di bellezza, ma non tutti erano sentiti come pericolosi. Certamente terribili erano il Basilisco dall'alito avvelenato, la Chimera dalla testa di leone e il corpo metà drago e metà capra, la Bestia Leucrococa ( dal corpo d'asino, il retro di cervo, le cosce di leone, i piedi di cavallo, un corno biforcuto, una bocca tagliata sino alle orecchie da cui usciva una voce quasi umana, e in luogo dei denti un solo osso) o la Manticora (con tre file di denti, corpo di leone, coda di scorpione, occhi azzurri, carnagione color sangue, sibilo di serpente). Malvagi erano i Serpenti con la resta sul capo che camminavano sulle gambe e avevano sempre la gola aperta da cui gocciolava veleno, e temibilissimo il Drago, che la pittura rappresenta nel momento in cui viene sconfitto da San Giorgio. E molti altri di cui non faccio un elenco completo.Ma non si può dire lo stesso di altre miti creature certamente straordinarie per forma e costumi e certamente lontane da ogni ideale umano di grazia e prestanza, ma sostanzialmente innocue, come di Acefali, gli Androgini, gli Astomori privi di bocca, che si nutrivano di soli odori, i Bicefali, i Ponci con le gambe dritte senza ginocchio, lo zoccolo di cavallo e il fallo sul petto, i Phiti, con colli lunghissimi e braccia simili a seghe, i Pigmei, sempre in lotta con le gru, o gli amabili Siapodi (forniti di un' unica gamba con cui correvano velocissimi e che rizzavano per riposare all'ombra del loro grandissimo e unico piede), e infine l'Unicorno, bellissimo stallone bianco con un corno sulla fronte, che poteva essere catturato solo ponendo una vergine sotto un'albero perchè l'animale, sensibile al profumo della verginità, andasse a metterle il capo in grembo.

Tutte queste creature le ritroviamo rappresentate nella storia dell'arte: scolpite in un portale, dipinte su un codice miniato, su una tavola o su una tela. E' un filo conduttore che lega culture e continenti diversi.In India e nel Vicino Oriente, la mostruosità è un elemento che quasi mai si accompagna in modo netto e puro ad un'espressione del male. Le forme fantastiche presentano una varietà tale, quanto a deformità e abnormità, da essere piuttosto indice della fantasia dell'autore (e del contesto culturale in cui agisce) e di una simbologia assai complessa. Divinità senza testa e quadrupedi privi delle zampe anteriori, come nei bronzi del Lūristān, sono esempi estremi di un approccio molto libero nei confronti della natura nel suo aspetto terrifico ma non necessariamente inquietante. Il "mostruoso", anzi, è letto come una forma d'arte originale e raffinata. Frequenti inoltre, nel vicino Oriente, sono le raffigurazioni di tori alati, grifoni e draghi.Meno "straordinari" mostri dell'antico Egitto, nella cui religione sono frequenti divinità con corpo umano e testa animale (di ibis, di vacca, di leonessa, di falco, etc.) o viceversa, come la Sfinge che ha testa di donna e corpo di leonessa.In contrasto con quella asiatica ed egizia è invece la sensibilità dell'Europa occidentale, che molto deve alla contrapposizione piuttosto accentuata fra "armonia" e "disarmonia", tipica della mentalità della Grecia classica. Ad Atene e nelle altre póleis, infatti, le concezioni estetiche non permisero una rappresentazione del terrificante paragonabile a quelle orientali. Pittori e scultori, anzi, tentarono spesso di rendere armoniose le proporzioni dei mostri, anche quando questi (come i centauri e le sirene) erano il risultato ibrido di parti anatomiche provenienti da esseri viventi fra loro non congruenti (uomo/cavallo, uomo/pesce, uomo/uccello). In generale, inoltre, la mostruosità fisica tende ad accompagnarsi ad una mostruosità morale, secondo il principio opposto al kalós kaí agathós. Il mostro, come nell'arte simbolica e allegorica medievale, incarna quindi una potenza malefica. Con la differenza che, a partire dal Medioevo, la rappresentazione acquista una maggiore valenza ornamentale (ad es. i doccioni) accanto a quella di monito, anche satirico, contro le tentazioni del Diavolo e la violenza in generale.
Dal Rinascimento in avanti, con le esplorazioni che fanno conoscere altri continenti, abitati certamente da selvaggi e da animali stranissimi, ma tutti importabili nelle corti europee, e non da mostri leggendari e mai realmente incontrati, il termine mostro, quando usato, indica individui portentosi, vuoi prodotti di parti anomali, vuoi animali inconsueti incontrati da esploratori e viaggiatori.
L'interesse per le cose straordinarie fa nascere le Wunderkammern, ovvero le camere delle meraviglie (di cui già abbiamo parlato), antesignane dei nostri musei di scienze e storia naturale, in cui si collezionava tutto ciò che suonasse straordinario e inaudito, compresi reperti stupefacenti e inauditi!La sensibilità verso ibridi e affini diviene più sfaccettata tra Ottocento e Novecento, grazie anche al sentimento romantico. Sempre più spesso ciò che prima veniva definito mostruoso e di conseguenza brutto e ripugnante, subisce un vero e proprio riscatto. E gli stessi concetti di bello e brutto diventano molto soggettivi.Possiamo dire che oggi il mostro è ormai completamente riabilitato! da arte, cinema, teatro, che spesso lo rappresentano modello di virtù, un eroe buono ed esempio positivo.

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