Foto di kibuyu (CC)
Finalmente fuori dal centro di formazione. Con quel vago senso di ebbrezza causato dall'aria fresca dopo una giornata di immersione in un mare di aria condizionata cammino verso casa quando il tipico suono metallico prodotto da un incidente stradale - la sua inconfondibile variante motociclo-contro veicolo-a-4-ruote - mi pianta le unghie nei timpani. Mi volto e vedo un motorino tipo Honda Dream che carambola tra le auto incolonnate come la pallina di un flipper tra le molle dei funghetti a sonaglio. Ha già colpito un furgone quando inizio a osservare la scena, quindi prosegue tra due file di veicoli rimbalzando alternatamente sulla carrozzeria di un auto a destra e una a sinistra, fino a che non trova uno spazio vuoto, ci si infila come un moscone nello spiraglio di una finestra e prosegue lungo la rotta che lo porterà a collidere con il paraurti di una berlina giapponese, non ci sono speranze, lo leggi nella faccia del tizio e nei movimenti che tenta di imprimere al manubrio: ormai ha perso il controllo del mezzo e non riuscirà a evitarlo. A giudicare dallo scintillio di vernice e cromature questa macchina deve avere gli interni che odorano ancora di nuovo (è un odore quello, non una puzza, ma nemmeno un profumo, solo la benzina e qualche fragranza di Arbre Magique, nel mondo dell'automobile, profumano).Quando l'impatto avviene l'uomo alla guida fa ciò che molti fanno in questi casi, anche se sarebbe la prima cosa da evitare: continua ad accelerare. Il motorino si inclina e cade lentamente al suolo. L'uomo si poggia a terra goffamente, ma senza farsi male. La moglie che siede sul retro invece piomba giù come un sacco di patate. Ci assomiglia pure a un sacco di patate, ma in questo momento è la dinamica del movimento che mi ispira quell'immagine: come si piega sulla sella, picchia sull'asfalto e continua a rotolare quando il mezzo è già fermo, col motore su di giri perché il polso dell'uomo è rimasto ingessato nella posizione iniziale, quella che aveva assunto quando ancora sfrecciava tra le due corsie - con l'originale traiettoria rettilinea intendo, non ancora quella a zig zag - e che non ha più abbandonato.
Il signore si rialza, non si preoccupa di raccogliere le sue patate e pensa invece bene di inveire contro l'autista del furgone, il primo fungo del flipper che ha centrato. Magari la colpa dell'incidente è proprio sua, non lo saprò mai, perché dopo avergli risposto con una tattica diversiva, indicando e gesticolando all'indirizzo di un'auto che è già scomparsa dietro una curva, ingrana la marcia e con gran disinvoltura si dilegua.
Il signore della moto è chiamato a rapporto dai proprietari delle auto che ha strisciato e ammaccato, il sacco di patate si rialza proprio come un sacco di patate tirato su da un contadino e oscilla per qualche istante attorno suo al punto di equilibrio stabile, un po' come una matrioska, prima di assumere la postura eretta. Nel frattempo le patate che riempiono il sacco proprio dove dovrebbero esserci il sedere, il torso e il petto si ridispongono seguendo le leggi della geometria tridimensionale e della gravità, occupando gli spazi liberi della nuova configurazione. Poi, strascicando i piedi (perché nonostante ricordi un sacco pieno di tuberi non bisogna dimenticare che è pur sempre un essere umano e quindi è dotata di piedi), raggiunge il crocchio animato.
Io li lascio così, dopo aver seguito l'ennesima lezione di Principi ed elementi di società orientali, un mix di menefreghismo, maschilismo, scaricabarile, spensieratezza, ottimismo, fatalismo e altri dettagli che mi verranno in mente più tardi, mentre continuo a passeggiare sotto un cielo plumbeo che parrebbe promettere monsoni ma potrebbe anche regalare solleone.
Spensierato e menefreghista: anche se non mi riesce ancora del tutto naturale so che è un atteggiamento perfettamente idoneo. Dopotutto a trasmettermelo sono stati proprio loro.