MASSIMO GRAMELLINI
Mi permetto di dissentire da Aldo Grasso, che sul «Corriere della Sera» ha appiccicato il bollino blu del traditore su quella faccia da schiaffi di José Mourinho, che mentre sollevava la coppa dell’Inter parlava già da allenatore del Real Madrid. Mou non è affatto un traditore, ma un uomo del suo tempo. Un tempo che non concepisce più il tradimento, perché ha smesso di concepire il futuro. Se nel calcio, e altrove, esistesse ancora il futuro, allora sì che la toccata e fuga del divo portoghese sarebbe stata un gesto inconcepibile. In un mondo dotato di futuro, l’eroe vittorioso non scappa dal castello un attimo dopo averlo espugnato. Se lo gode, e cerca di ampliarlo, un mattone sopra l’altro.
Ma il nostro mondo ha espulso dal suo orizzonte il domani: è un’epoca precaria e miope, che giudica le persone dai risultati immediati e, avendo cancellato la pazienza, non può certo aspettarsi la gratitudine. Come tutti i capitalisti moderni, Moratti non ha chiesto al suo manager di pianificare con calma i risultati, ma di raggiungerli subito, pena il licenziamento. Mourinho ha fatto ciò che gli era stato ordinato e ora andrà a rifarlo altrove, perché è uomo di emozioni e non di sentimenti. Le emozioni sono violente e brevi, evaporano in fretta: un momento piangi avvinghiato a Materazzi, e il momento successivo tratti col presidente uno sconto sulla rescissione del contratto. I sentimenti, invece, sono lenti e profondi, anche un po’ noiosi. Sarà per questo che vanno così poco di moda. A differenza di Mou.