Mourinho: “All’inizio fu uno shock, ma in Italia ho imparato molto”

Creato il 05 gennaio 2011 da Mirtus

Nessun riconoscimento ufficiale da Fifa e da France Football, ma ci pensa l’IFFHS a consolare Mourinho con la vetta che lo consacra come miglior allenatore del 2010. Il portoghese, in un’intervista al quotidiano lusitano “A Bola”, racconta il suo impatto con il calcio italiano: ”Il mio passaggio dal Chelsea all’Inter è stato facile e difficile allo stesso tempo. Difficile perché lo shock culturale è stato più grande di quello che ho provato quando sono arrivato in Inghilterra. Facile perché quando sono arrivato all’Inter ero senza lavoro da 3-4 mesi, e cosi ho potuto imparare la lingua, che è un aspetto importante, e studiare abbastanza bene il club. Vedevo l’Inter ogni giorno tramite Inter Channel, volevo capire il quotidiano della società e della squadra. Durante i weekend vedevo le gare di campionato e i programmi di calcio in tv“.

Mourinho continua descrivendo aspetti negativi e positivi della serie A: “Puoi lavorare solo come loro, altrimenti non hai il diritto di farlo. E se non giochi come loro è perché non sai giocare, è questione di mentalita. E devi assolutamente parlare come loro. Comunque lo shock culturale di cui parlo è stato molto difficile da gestire. Se non giochi come loro è perché non sai giocare. Alla mia seconda partita casalinga italiana, a 20′ dalla fine eravamo sullo 0-0 col Bologna. Ho tolto un difensore e messo in campo Julio Cruz, e abbiamo vinto proprio grazie a un suo gol. E’ stata una vittoria importante, di cui ero contento. Ma il giorno dopo sui giornali ho letto commenti tipo: “Mou è pazzo, ha rischiato troppo, poteva finire con una sconfitta, è stato un azzardo”. E’ così che pensano i giornalisti in Italia. E io mi aspettavo elogi per aver rischiato e vinto“.

Sulla ricchezza tattica del calcio italiano: “Il calcio italiano è tatticamente molto ricco, non si puo paragonare a nessun altro. In Inghilterra una squadra preparata bene tatticamente vince. In Italia non esiste una sola squadra, anche la più piccola, che vada a San Siro e non sappia come sistemare le pedine in campo e difendersi bene. A livello tattico è un campionato che arricchisce un allenatore, perché lo costringe a cercare soluzioni per fare la differenza. Uno spettatore che può scegliere se vedere Chelsea-West Bromwich o Inter-Lecce sceglie sicuramente la prima, che poi finisce 4 o 5-0. Inter-Lecce magari non piacerà agli spettatori, ma l’intensità, l’aggressività e la dimensione fisica e mentale sono molto più grandi. Quella in Italia è stata un’esperienza che mi ha dato tanto, perché ho dovuto superare tante difficoltà“.

E infine parole di affetto e orgoglio per l’Inter: “Non mi stancherò mai di parlare dell’Inter e dei traguardi che è riuscita a raggiungere con molti giocatori sopra i 30 anni. Provo grande orgoglio ripensando al lavoro svolto nei miei due anni nerazzurri. L’Inter aveva un enorme capacità, quella di riconoscere i propri limiti. Era una squadra di gente umile, intelligente, che conosceva le propre caratteristiche e sapeva giocare per non perdere. Il gruppo sapeva controllare bene le proprie emozioni durante le gare e nelle varie fasi di gioco, e sapeva perfettamente sfruttare il momento opportuno per uccidere la partita o quando dare il massimo per non essere uccisi“.

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