Quarta uscita al cinema per Checco Zalone, che dopo aver frantumato ogni record (di incassi e non) con i film precedenti, è pronto a ripetersi con una pellicola criticata come sempre per la sua pochezza narrativa. E già qui si potrebbe iniziare a ridere per poi continuare fino alla fine.
Pochezza narrativa, si. Esistono critici cinematografici che si sono accorti all'ennesima proiezione che Quo Vado, come i suoi predecessori, non è una storia ma un allestimento di situazioni comiche pensato su misura da Checco Zalone per tirare fuori il meglio dal suo personaggio. Singolare il fatto che sia lo stesso Zalone a definire una cacata i suoi lavori, perculando in maniera spietata buona parte degli intellettualoidi giacca, cravatta e occhialino che approcciano il film come se si trattasse di un'opera di Woody Allen. Il problema semmai è non capire come Quo Vado, in realtà, non sia un film comico ma una denuncia vera e propria al sistema Italia come mai prima. Cado dalle Nubi, Sole a Catinelle e Che Bella Giornata ruotavano si intorno agli stereotipi su cui Zalone ha costruito le sue fortune ma non erano completamente incentrati sulla tematica del lavoro (tuttavia sempre presente) e sulla Prima Repubblica. Stavolta invece le due ore di spettacolo sono completamente dedicate al posto fisso, alle dinamiche di raccomandazione che esistono in certi ambienti, alle grottesche situazioni che hanno portato ad associare il nostro paese a spaghetti, pizza e mandolino più che al Colosseo e a Leonardo Da Vinci. Il dramma è che è tutto vero: Zalone è il nuovo Fantozzi e nessuno se ne è accorto. E quella di Fantozzi è una delle saghe più drammatiche di sempre sotto sotto, con messaggi di una pesantezza infinita lanciati per anni e inascoltati a lungo. L'oggi dell'Italia è lo specchio di quelle situazioni e l'Italia del futuro sarà figlia delle situazioni di cui si ride in Quo Vado. Del resto in un cinema gremito (7.000.000€ solo il primo giorno, tanto per) era pieno di gente che era a sganasciarsi sulle battute più inutili e sulle parolacce più che sulle gag più sottili, al grido di "proprio come da noi al ministero". Senza speranza. Ah, a proposito: comunque sia, si sta piegati dall'inizio alla fine, perchè Zalone è un genio della comicità senza discussione alcuna, nonostante le battute siano sempre le stesse. Con buona pace della critica.
VOTO 8/10