Movimento Sardegna Zona franca: riparte la battaglia

Creato il 31 ottobre 2015 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

Altro che gli ottanta euro di Matteo Renzi. Il movimento zona franca Sardegna riparte da duecento euro. Duecento euro al mese in più in busta paga per ogni pubblico dipendente sardo. Ma stavolta non elargiti ai sudditi per un impeto di bontà statale, ma perché sono un diritto. Un diritto che finora non è mai stato riconosciuto ai lavoratori sardi. L'indennità di bilinguismo, prevista dalla legge 482 del 1999, applicata senza problemi alle minoranza linguistiche di Trento, Bolzano e Aosta (dove i dipendenti pubblici prendono dai 170 ai 207 euro in più rispetto ai pari grado sardi), è infatti una delle tantissime norme che in Sardegna, per via di una classe politica poco preparata, non vengono applicate.

Proprio di questa marea di norme di legge disattese che potrebbero invece contribuire allo sviluppo della Sardegna, si è parlato ieri durante la manifestazione che il movimento Sardegna Zona franca ha tenuto all'hotel Quattro Torri di Quartu Sant'Elena.

L'indennità di bilinguismo per i dipendenti pubblici sardi è una delle quattro richieste che il movimento Sardegna Zona franca nei giorni scorsi ha recapitato all'Alto Commissario delle Nazioni Unite OHCHR, all'Alto Commissario per le Minoranze nazionali Astrid Thors, al Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in una lettera in cui si denuncia la "mancata applicazione alla minoranza sarda delle normative vigenti sulla tutela positiva delle minoranze linguistiche nazionali riconosciute".

La principale di queste richieste è ovviamente l' immediata attivazione della zona franca integrale e l' inserimento della Sardegna tra le regioni ultraperiferiche previste dagli articoli 349 e 355 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Le altre istanze alle autorità internazionali - oltre l'applicazione dell'indennità di bilinguismo - ci sono sono la bonifica dei siti inquinati dalle grandi industrie, che nel corso degli anni hanno sventrato il territorio sardo lasciando solo povertà e devastazione, e un sistema di trasporti degno di questo nome che, al di là dei proclami politici, garantisca veramente ai sardi pari opportunità nei collegamenti con la Penisola.

" La legge sulle minoranze linguistiche - ha spiegato il segretario nazionale del movimento Sardegna Zona franca Francesco Scifo - è sempre stata interpretata in modo riduttivo. Si è sempre detto che bisogna garantire finanziamenti alla lingua sarda. La lingua sarda è importantissima ed è uno strumento cardine, ma non è tutto. La legge prevede anche altre opportunità che noi abbiamo deciso di far partire come ha fatto la Spagna con le Canarie e il Portogallo con le Azzorre e la Francia per i suoi territori: la Sardegna, in quanto territorio di una minoranza che ha diritto a delle azioni positive che garantiscano pari opportunità economiche e sociali, deve diventare zona franca".

La manifestazione del movimento Sardegna Zona franca

Circa quattrocento persone giunte da tutta la Sardegna hanno partecipato alla manifestazione indetta dal movimento Sardegna Zona Franca per rilanciare la questione della defiscalizzazione dell'isola dopo che, lo scorso agosto, il Governo Renzi ha riconosciuto la zona franca stanziando 5 milioni di euro per i comuni colpiti dal ciclone Cleopatra del 2013. Briciole, sicuramente, ma che probabilmente non saranno neppure riscosse perché la perimetrazione, cioè l'individuazione delle aree che dovrebbero diventare zone franche, deve essere fatta entro il prossimo 5 novembre e per il solito palleggio di responsabilità delle istituzioni locali le procedure non sono state neppure avviate.

Il numero, per quanto alto, sarebbe potuto e dovuto essere molto maggiore, se si pensa alla grande manifestazione che nel giugno 2013 portò alla Fiera di Cagliari circa 1500 persone.

Assenti anche i sindaci sardi, che avrebbero dovuto incalzare la Regione per avviare le procedure per la perimetrazione delle zone franche istituite dal governo Renzi. Solo uno di loro, il primo cittadino di Ilbono, era presente. Eppure nel 2013 ben 340 primi cittadini, con le loro ordinanze, avevano istituito la zona franca sul loro territorio.

Inoltre, tranne i rappresentanti di Fortza Paris e l'indipendentista Doddore Meloni, alla manifestazione del movimento Sardegna Zona franca era completamente assente la politica regionale sarda. Non solo il centrosinistra, che ha sempre osteggiato il progetto zona franca, ma anche quel centrodestra che nelle scorse elezioni regionali con Ugo Cappellacci aveva cavalcato con grande furore la battaglia, ma che in questo momento sembra aver completamente perso ogni interesse per la questione.

Eppure il tema della zona franca è ancora attualissimo. Come ha spiegato la presidente del movimento Sardegna Zona Franca Maria Rosaria Randaccio, dal 1° giugno, con l'entrata in vigore del nuovo regolamento comunitario, l'Italia non potrà più istituire le zone franche nelle principali città marittime (la Francia, giusto per fare un esempio ne ha sedici nel suo territorio e altre 16 fuori, così come ne hanno numerose le più potenti nazioni europee): numerose città marittime italiane, tra cui Taranto, Livorno, Civitavecchia e Gioia Tauro si stanno organizzando in zona Cesarini (in Italia esiste solo la zona franca di Trieste ma è stata attivata dalla Germania e dall'Austria!) Ma in Sardegna, nonostante sia stata prevista da numerosi provvedimenti, a partire dallo Statuto Sardo e dal suo decreto legislativo di applicazione emanato nel 1998 (n. 78) sotto la Giunta Palomba, la zona franca è ancora lettera morta.

La Sardegna - ha detto Maria Rosaria Randaccio - è penalizzata dal punto di vista economico dalla sua posizione di insularità. Una corretta applicazione del principio di uguaglianza impone che le famiglie e le aziende sarde non debbano essere gravate dalla identica pressione fiscale rispetto a chi risiede nelle regioni più avvantaggiate. La produzione di un bene qualsiasi costa infatti nella nostra regione il 30 per cento in più rispetto al resto d'Italia e dell'Unione Europea.

Giusto per fare un esempio: come ha spiegato un imprenditore che gestisce a Carbonia tre distributori di carburante, il 65% del costo della benzina è dato dalle accise e dalle tasse e, oltre quelle, in Italia un litro di carburante si paga circa 25-30 centesimi in più rispetto al resto d'Europa.

Come hanno puntualizzato gli avvocati Francesco Scifo e Paolo Aureli, la Sardegna ha gli strumenti di legge per una far partire immediatamente la zona franca. E non la cosiddetta zona franca urbana, che come è stato più volte affermato durante la manifestazione non ha alcuna utilità per la Sardegna, né tanto meno per territori disastrati come il Sulcis, e peraltro è considerata dall'Unione Europea una forma di aiuto di Stato.

La Sardegna - hanno sottolineato i legali del movimento Sardegna Zona franca - ha le norme per far valere immediatamente una zona franca integrale in tutto il suo territorio: il che vuol dire una zona esentata completamente dal pagamento di accise ed IVA.

In teoria - il movimento Sardegna Zona franca lo sostiene da tempo - le aziende potrebbero direttamente applicare le norme tributarie recapitando all'Agenzia delle Entrate una lettera di intenti in cui dichiarano di non applicare l'IVA sui propri prodotti in quanto esentati dalla normativa che istituisce la zona franca in Sardegna. E, una volta ottenuta la risposta dall'Agenzia delle Entrate potrebbero fatturare senza IVA.

Nella pratica però sono pochissimi gli imprenditori che hanno avuto il coraggio di farlo, tra questi l'imprenditore di Uta Giulio Simbula, primo a recapitare la lettera d'intento all'Agenzia delle Entrate. Anche perchè molti commercialisti sardi, sulla scorta dell'ostilità del Fisco, scoraggiano tassativamente questa procedura. Un'ipotesi di lavoro, suggerita ieri da un entusiasta militante, è quella di costituire un consorzio di partite IVA che inizino ad applicare la normativa sulla zona franca in modo da esentare da eventuali responsabilità le singole aziende.

In ogni caso, ha spiegato Francesco Scifo, sarà necessaria nei prossimi mesi una dura battaglia legale per rivendicare l'applicazione delle leggi in materia fiscale. Anche se qualcosa sembra cambiare e anche qualche colosso dell'economia isolana pare intenzionato a rispondere all'appello: i legali della Saras, interpellati dai legali del movimento Sardegna Zona Franca, pare siano infatti molto interessati ad approfondire la questione.

Il grande ostacolo - è emerso durante l'assemblea del movimento Sardegna Zona franca alla quale hanno partecipato anche l'ex funzionario ONU Gianni Deligia e l'avvocato Maria Teresa Diana (che ha illustrato l'interessante tema dei depositi franchi) - è una politica che finora si è dimostrata sorda a queste istanze oppure le ha utilizzate soltanto a scopo meramente elettorale.

Per questo, nei mesi scorsi il movimento Sardegna Zona Franca ha denunciato con due esposti, uno alla Procura di Roma e uno alla Procura di Cagliari, tutti i politici e gli amministratori sardi che non hanno applicato le leggi a favore della Sardegna o che ne hanno ostacolato l'applicazione. Ed ora si appresta a organizzare una mega richiesta di risarcimento dei danni agli amministratori inadempienti. Non è escluso inoltre che quest'ultimo appello alle istituzioni internazionali porti addirittura ad una procedura di infrazione per l'Italia, rea di non aver applicato le norme di legge a tutela delle minoranze linguistiche. Perché, come ha spiegato il conclusione dell'assemblea la presidente del movimento Sardegna zona franca Maria Rosaria Randaccio, " se lo Stato italiano vuole che i cittadini rispettino le leggi deve rispettarle a sua volta".

Alessandro Zorco è nato a Cagliari nel 1966. E' sposato e ha un figlio. Laureato in Giurisprudenza è giornalista professionista dal 2006. Ha lavorato con L'Unione Sarda e con Il Sardegna (Epolis) occupandosi prevalentemente di politica ed economia. E' stato responsabile dell'ufficio stampa dell'Italia dei Valori Sardegna e attualmente è addetto stampa regionale della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa. Dall'aprile 2013 è vicepresidente regionale dell'Unione Cattolica Stampa Italiana e dal 2014 è nel direttivo del GUS Sardegna.