Amazon ci ha lasciati trepidare qualche mese prima di annunciare ufficialmente, lo scorso 18 Febbraio, il rinnovo di Mozart in the Jungle per una seconda stagione. Alla casa di produzione Picrow sono stati commissionati dagli Amazon Studios dieci nuovi episodi, che verranno messi a disposizione del pubblico da qualche parte intorno all’inizio del 2016, se tutto va bene. La nuova web serie, incentrata sulle peripezie della New York Philarmonic e del suo eccentrico direttore – interpretato da uno straordinario Gael Garcia Bernal, che per l’occasione si reinventa un po’ Dudamel – ha debuttato sulla piattaforma di streaming del colosso commerciale lo scorso 23 Dicembre,
Mozart in the Jungle è il risultato della collaborazione tra Alex Timbers & Roman Coppola & Jason Schwartzman, che hanno scritto e sviluppato il soggetto ed episodio pilota a partire dal libro di memorie “Mozart in the Jungle: Sex, Drugs, and Classical Music”, di Blaire Tindell, un oboista attivo per diverso tempo nella scena musicale classica newyorchese. Al progetto si è poi affiancato John Strauss, e fin dall’inizio l’intenzione è stata chiaramente quella di portare la narrazione ben oltre una prima stagione. Adesso, possiamo stare tranquilli per almeno un altro anno. Tranquilli, grazie alla decisione di Amazon. Che ci riporta al contesto di questa storia, ovvero l’ormai confermata dedizione della multinazionale americana a competere sul mercato televisivo; internazionalmente, sia chiaro.
È dal 2012 che Amazon si è infatti data alla produzione di contenuti seriali e cinematografici. Affidando la produzione vera e propria dei contenuti a società di produzione esterne – almeno per il momento. Lo scopo è quello di sviluppare materiale da proporre sulla propria piattaforma di streaming, la quale ha totale priorità di distribuzione dei contenuti prodotti. In questo senso sembra abbastanza chiara l’intenzione di Amazon di competere direttamente sul mercato di Netflix – Hulu è un altro concorrente, anche se al momento limitato al mercato americano. Anche quindi in funzione del media di distribuzione – lo streaming – la strada da perseguire in materia di contenuti sembra proprio quella della produzione seriale. Il successo di House of Cards ha infatti spinto Netflix ben al di là dei confini federali statunitensi proprio attraverso una piattaforma di streaming, invece che attraverso una comune emittente, pubblica o a pagamento che sia. E anche se ci sono ancora dubbi nel merito della facilità di fruizione del servizio al di fuori degli Stati Uniti, il suo prodotto originale di punta è stato ormai distribuito dappertutto sul pianeta attraverso media convenzionali, TV via cavo e satelliti. Amazon non ha di questi problemi. Tutto il mondo può liberamente accedere alla sua offerta streaming; e la strategia di affidarsi a società di produzione esterne per garantire fin dall’inizio un alto livello qualitativo sembra aver pagato bene.
Con Mozart in the Jungle, Picrow ha infatti realizzato una serie forte, concisa, divertente ed efficace, riuscendo a produrre con sapiente proprietà di linguaggio una descrizione originale (ma abbastanza accurata!) dei retroscena del mondo musicale classico contemporaneo. Uno potrebbe forse dire che “l’America non è certo l’Europa”, ma in questo caso la trasversalità sostanziale del linguaggio musicale fa forse da interprete transnazionale anche delle culture, accomunandole tutte un po’.
Quindi in realtà non vediamo l’ora di vedere questa seconda stagione. E questo favorisce il progetto di Amazon: conquistare nuove fette di mercato, acquisire maggiore controllo dell’informazione, dei nuovi modi di produzione, delle coscienze. Purtroppo
Di Giorgio Grasso
Nota: Per continuare la lettura si potrebbe ad esempio dare un occhio, su Giap, alla sempreverde analisi che i Wu Ming fanno del modus operandi di alcune multinazionali in particolare: “Feticismo della merce digitale e sfruttamento nascosto: i casi Amazon e Apple”.