Mr Ciak #18: Big Fish, Burton and Taylor, Le 5 Leggende
Creato il 20 settembre 2013 da Mik_94
E,
questa volta, si parla di... Leggende.
Buona
lettura, e buona visione!
Se
dico Tim Burton, cosa vi viene in mente? Nebbie e corsetti, ghirigori
ed effetti speciali, atmosfere gotiche e personaggi bizzarri. Magari,
la bruma della Londra vittoriana e il volto dell'affascinante Johnny
Depp nascosto da strati di trucco ben fatto, che una volta ce lo
trasformano nel Diabolico barbiere di Fleet Street, un'altra
nel romantico, mostruoso e malinconico Edward Mani di Forbice.
Quando penso a Tim Burton, invece, io penso a questo film, unico nel
suo genere e splendido proprio per questo: Big Fish. Il meno
celebrato, il meno noto, ma decisamente il più suo. Uno dei
miei preferiti. In esso brilla forte il sole, i colori sono vivi e
sgargianti, i campi sono invasi da asfodeli giallo canarino, i boschi
nascondono pericoli striscianti e villaggi da sogno, la magia nuota
in fotogrammi pieni di vita. La vita che, come primo motore immobile,
informa di sé ogni cosa, piccola e grande che sia. Questa è la
storia di Edward Bloom, dell'unica esistenza che visse e delle tante
esistenze che sfiorò. Vita, morte e miracoli di un uomo che fu
marito, padre, avventuriero, cantastorie, inventore. Un uomo che
visse una vita incredibile, dentro e fuori la sua testa. Essere suo
figlio non è mai stato facile per Will, uomo razionale e monolitico
che, quando ne ha avuto la possibilità, è volato a Parigi, lontano
da un padre anziano e malato, ma ancora intrattabile. Edward, da
giovane, non c'è stato mai e ha sempre colmato le sue assenze con
scuse inverisimili, che una volta lo vedevano a lavorare in un circo,
un'altra in guerra contro i giapponesi, un'altra ancora a un'asta per
comprare una città abbandonata. Fantasia e realtà si intrecciano
nella lunga vita di quell'uomo, che seguiamo dall'infanzia alla
vecchiaia con interesse immenso e con i brividi a fior di pelle,
onnipresenti com'è la maestria e l'eleganza del regista. Come in una
raccolta di novelle, in un'antologia perfetta, gli episodi si
intrecciano in maniera splendida, formando ghirlande variopinte,
corone di fiori, le fasce colorate di un arcobaleno perenne sotto cui
si nasconde una pentola d'oro o un drago sputa fuoco. Dipende da cosa
vorrà creare l'arma più potente a disposizione dell'uomo: la sua
immaginazione. Un potentissimo e indistruttibile carro armato che
spara margherite, rose e tulipani: non proiettili. Molto curata la
fotografia, che mescola colori cupi a toni pieni di candore, sole e
crepuscolo; sensazionale il cast, che, grazie a grandi e intense
prove, sa riassumere e mettere a confronto due generazioni. Uno
stanco e triste Billy Crudup è Will, il figliol prodigo che,
con la sua consorte, interpretata da una dolcissima e giovanissima
Marion Cotillard, ritorna al capezzale del padre morente, dove tutto
ha avuto inizio. L'Edward Bloom schiacciato da una malattia di nome
vecchiaia è Albert Finney e Sandra, la donna della sua vita, è la
sempre fantastica e affascinante Jessica Lange. Le loro copie
carbone, da giovani, sono Ewan McGregor e Alison Lohman, il cui
magico primo incontro, avvenuto nel circo errante gestito da Danny De
Vito, è pressoché indimenticabile. Il tempo si ferma, perché così
deve essere quando sai che hai incrociato lo sguardo della tua anima
gemella, e poi riparte, inaspettatamente, a velocità raddoppiata.
Tra di loro si ci metteranno tre anni di lontananza, la guerra in cui
Edward sarà dato per disperso, un romantico campo di asfodeli in cui
lei gli dirà sì. Scena memorabile, come lo è quella in cui Jessica
Lange, ridendo tra le lacrime, vestita di tutto punto, si sdraia
nella vasca accanto a suo marito, con la telecamera che inquadra i
loro piedi nudi ed intrecciati. Non potevano mancare cameo di tutto
rispetto: Steve Buscemi, nei panni di un poeta poco... poetico, e
Helena Bonham Carter, nel duplice ruolo di strega cattiva e ragazza
innamorata. Big Fish
è un contagioso inno alla fantasia e al miracolo della vita.
Pirotecnico, spettacolare, commovente, è un trionfo. Un film da
sogno. Per me, il capolavoro imbattuto di Burton, insieme al suo
buon vecchio Edward mani di forbice.
Due
stelle sul nostalgico viale del tramonto. Richard Burton ed
Elizabeth Taylor. La
coppia più bella, problematica e affiatata che la vecchia Hollywood
ricordi. Un breve sodalizio artistico, un amore profondo che nemmeno
il loro travagliato divorzio potè spezzare. Loro erano più di due
semplici innamorati. Si appartenevano, si tempravano: erano amici
grandi. L'elegante e validissimo film firmato dalla BBC, tanto bello
da poter meritare anche la distribuzione nelle sale, a mio avviso, si
focalizza su un periodo preciso delle loro vite. Gli anni '80 stanno
finendo, una Taylor – ormai cinquantenne – sta invecchiando,
Burton ha abbandonato il cinema per il teatro. Ma Private lives,
un'importante produzione teatrale, li unirà ancora, portandoli a
recitare sullo stesso palco e per la stessa platea, davanti a un
pubblico più attirato dal gossip che da un copione frizzante e
vivace che, forse forse, parla anche un po' di loro. Burton &
Taylor è un film privato, intimo, dal tocco delicato e dal
marcato umorismo british, più attento ai reali retroscena che alle
luci della ribalta. E' intelligente e si avvale di un sublime script
dai dialoghi brillanti e profondi che permettono all'abile regista di
ricostruire una finzione sottratta silenziosamente alla realtà. Non
ha il taglio amatoriale di un documentario, con le sue scene patinate
e la sua fotografia limpida, ma è come se, per tutto il tempo, una
telecamera fissa, puntata sui camerini delle star, riprendesse i
corteggiamenti, le schermaglie e le debolezze dei due divi. Il
Richard e la Liz di questo film sanno ridere del loro matrimonio
fallito, delle loro rughe, delle recensioni negative. Forti,
autoironici, sinceri, realistici. Tutto grazie a loro, Dominic West e
Helena Bonham Carter: clamorosamente, sorprendentemente bravi.
Straordinari. Lui,
visto giovane e arzillo in 300, è invecchiato e ingrigito da
un curato lavoro di make-up, ma il resto lo fa da sé: voce bassa e
cavernosa, modi da galantuomo, un self control tipicamente
anglosassone, le mani che tremano davanti a un bicchiere di alcool a
cui rinunciare. Se la sua ottima prova è stata una sorpresa
inaspettata, in quella di Helena ho trovato la meravigliosa conferma
che cercavo. Vedendola sempre nei soliti ruoli bizzarri, legata anche
lei sentimentalmente e professionalmente a un altro Burton (Tim), avevo
dimenticato quanto fosse talentuosa e affascinante. Veste i panni di
un simbolo mai tramontato e lo fa con bellezza, raffinatezza, umiltà,
garbo. Alcuni giochi di luce e alcune acconciature le rendono
incredibilmente simili, e sembra di vedere la vera Liz, davanti ai
suoi capricci e ai suoi ritardi continui o quando, entrando in un ristorante, si procura gli
sguardi incantati dei paparazzi, che hanno occhi solo per lei, mentre
il forse più talentuoso ex marito vive nella sua ombra immensa. Un
personaggio umano e tragico al tempo stesso, che fa ridere insieme a lei,
mentre si diverte in mezzo a una folla che la ama, e fa commuove,
mentre, sola, piange nel suo camerino vuoto. Supportato da due attori
da Oscar, da una regia asciutta e da una coinvolgente colonna sonora,
questo biopic si fa guardare con un sorriso e qualche brivido
inevitabile. Degno di nota l'ultimo scambio di battute tra i due,
sempre sospeso – come fu anche il loro rapporto – tra scherzo e
verità. Da vedere!
Basta
una parola sola per descrivere tutto ciò che Le 5 leggende è:
meraviglia. Meraviglia allo stato puro. Meraviglia incontaminata e
vitale. Io sono un tradizionalista: amo i vecchi cartoni della Disney
e, nella maggior parte dei casi, queste fiabe moderne di ultima
generazione mi lasciano del tutto indifferente. E' per questo che, lo
scorso novembre, quando questo film d'animazione è approdato in sala,
l'ho del tutto snobbato. Come mio solito. In una sera di noia totale,
su consiglio dei miei genitori, che l'avevano adorato come due
bambini troppo cresciuti, ho deciso di vederlo. Ed è stato amore al
primo fotogramma, credo. Perché, come dico sempre, quando una cosa è
bella è bella. La bellezza di questo film non è nascosta, ma è
ovunque, in ogni minuto e in ogni secondo della sua durata
complessiva. Figlio di una fantasia senza limiti e di una resa
originale e coraggiosissima, Le 5 leggende narra della lotta
contro il male di alcuni, mitici personaggi che tutti noi conosciamo:
Jack Frost, Babbo Natale, il Coniglio pasquale, la Fatina dei denti,
l'Omino del sonno. Il loro nemico è l'uomo nero che sta strappando
via i sogni ai più piccoli: Pitch Black. La loro missione è
stanarlo e sconfiggere il buio. Difficile, dal momento che i nostri
eroi formano una squadra particolare e male organizzata, ma del tutto
adorabile. Quando Babbo Natale è un omone tatuato che sembra un
magnate russo – con un colbacco rosso e una slitta che è una
limousine ultratecnologica – e il Coniglio pasquale è un
animaletto scontroso e alto quasi due metri, come può Jack Frost –
un ragazzino vivace e dispettoso senza ricordi suoi – considerarsi
uno dei Guardiani? Scoprirsi parte di quella famiglia di creature
magiche sarà la sorpresa più bella, entusiasmante e avventurosa:
con gare per aiutare la Fatina dei denti, sprovvista di valenti
aiutanti, a sostituire i denti perduti da ogni bambino con una
moneta, con la neve che cade a Pasqua, con l'Omino del sonno – un
essere paffutello, dolce e... dorato – che tesse “sogni d'oro”
per contrastare gli incubi alimentati da Pitch Black. Incubi che, in
maniera intelligente e pregevole, sono raffigurati con cavalli neri e
dagli occhi spalancati, proprio come nel capolavoro artistico di
Fussli. Divertentissimo, ma anche coinvolgente ed emozionante, in 3D
dev'essere uno spettacolo come pochi: anche con la mia comunissima TV
ho percepito la grande cura dei dettagli e mi sono sentito parte
della magia. Il motivo per cui non abbia vinto l'Oscar, a Febbraio,
mi sfugge davvero. Poi, in lingua originale, i personaggi hanno le
voci di doppiatori e un altro po': Hugh Jackman, Jude Law, Isla
Fisher, Alec Baldwin, Chris Pine. Guardandolo, proprio come mi è
capitato recentemente con Monsters University, mi sono sentito
di nuovo piccino. Guardandolo, anche se era ancora estate, mi è
sembrato che fuori fosse già arrivato Natale.
Potrebbero interessarti anche :