Mr. Ciak #2: Les Misérables
Creato il 27 gennaio 2013 da Mik_94
Buona
domenica, carissimi! Il nuovo appuntamento con Mr. Ciak non
poteva essere davvero migliore. Oggi, la recensione particolarmente
esaltata di un film che mi ha particolarmente esaltato: Les
Misérables. Sperando con tutto il cuore di vederlo trionfare
agli Oscar, vi ricordo che sarà in tutti i cinema il 31 Gennaio
(almeno che non viviate in una delle città in cui è stato
proiettato, in questi giorni, in anteprima) e vi auguro buona
lettura. Non appena possibile, fiondatevi immediatamente nel
multisala più vicino. Tempo speso in compagnia di grande cinema! *-*
La recensione
L'ho
aspettato. E per tanto, tanto, tanto tempo.Dal
rilascio dell'emozionante ed essenziale teaser trailer, avrò vissuto
e rivissuto all'infinito i dolori e le gioie racchiuse in quel minuto
e mezzo di gran cinema. Fino a saperne prevedere ogni scena, fino a
conoscere a memoria le parole della canzone in sottofondo per
descrivere la quale... bhe, parole non ci sono. Pur non avendo mai
letto l'opera di Hugo, quella dei Miserabili è
una storia che ho nel cuore da sempre. Nei miei diciotto anni di
vita, ho visto più volte, ma con sentimenti pressoché immutati, le
varie versioni che si sono susseguite.Ho
conosciuto Jean Valjean che avevano il volto di Liam Neeson o quello
poco familiare di vecchi attori di film in bianco e nero restaurati;
Fantine bionde e brune, e Cosette perfino a cartone, in una serie
animata, sconosciuta ai più, che andava in onda, un decennio fa, su
qualche anonimo canale di quello che, allora, si chiamava Tele +, oggi
Sky.Adesso,
finalmente, ho potuto rincontrare alcuni dei miei personaggi
preferiti di sempre in un genere che i fortunati con Broadway nelle
vicinanze hanno potuto vedere per oltre trent'anni: il musical.
Un'altra di quelle passioni scoperte per caso e scoppiata, nel 2001,
tra i colori e i pezzi trascinanti del mitico Moulin Rouge.
Les
Misérables, tuttavia, non è uno di quei musical con coreografie
realizzate da menti superiori, canzoni da fischiettare allegramente o
di cui cantare il ritornello sotto la doccia, riflettori e sorrisi
luccicanti.Pur
diretto da un regista nato e vissuto nella patria di We
Will Rock You e interpretato da
attori che provengono dall'America di Chicago, West Side
Story e Smash,
scrive un capitolo a parte; armato solo di voce, canta – e
splendidamente – ma fuori dal coro.Immenso
com'è, lungo, con parole che diventano canzoni da intonare in un
mondo oscuro e decadente e attori che scompaiono all'ombra dei loro
monumentali ruoli, è un'opera lirica (senza tenori e soprani) da
godersi, in assenza di un tranquillo loggione, sull'inusuale
territorio di una sala cinematografica, magari mezza vuota.
Tom
Hooper ha un cast di stelle scintillanti, scenari costruiti come il
miracolo dell'arca di Noè, un budget a sei cifre, ma la sua
telecamera è fissa sui visi, ora addolorati ora rossi d'amore, sulla
verità, sulle emozioni più reali. A darci dimostrazione del
kolossal di cui tutti, prima del tempo, avevano parlato, vi sono
solamente la scena iniziale della barbara prigionia di Valjean e
un'altra, a metà film, in cui Javert canta, vincendo paura e
vertigini, su un terrazzo pericolante, affacciato su una malinconica
Notre Dame baciata dal fosco tramonto parigino.
Raffinatissimo a
livello musicale, infatti, ha una regia scarna e semplice: lunghi
piani sequenza, zoom sui volti degli interpreti, prevalenza di grigi
opachi e colori terrosi, una scarsa attenzione per le scenografie
sontuose, che, in ogni dove, parlano della violenza che il film
combatte e tempera grazie al valore catartico e magico della canzone.
Il
film di Hooper potrebbe volare alto, ma, con coraggio e voglia di
sfida, si abbassa e crolla sulle sciagure umane, come un diamante
germogliato naturalmente su strade fangose e impraticabili, segnate
dalla neve, dalla scia delle carrozze dei nobili e dai passi
traballanti e incerti di prostitute e mendicanti. Les
Miz è
la voce del popolo, dei diseredati, dei giovani morti per un sogno,
nel sangue di barricate che tremano di canzoni e cannonate. E' storia
che viene rievocata, vissuta e scritta su un pentagramma. E' l'eco
che gli avvenimenti che ci scoppiano intorno hanno sulle nostre vite.Giudicare
le prove degli attori è superfluo. Sono performers, cantanti, egregi
interpreti e, per quasi tre ore di film, cantano interamente dal
vivo. Giù i cappelli, perché non c'è davvero gara! Russell
Crowe,
la cui voce bassa e cavernosa è forse la più incerta, è
un Javert viscido, odioso, ma incredibilmente umano.Hugh
Jackman, che
invecchia gradualmente sullo schermo, ci
regala la migliore interpretazione della sua intera carriera,
con una voce controllata che si leva forte in picchi di emozione (nel
momento del suo agognato riscatto) e che crolla, spesso, in voragini
di dolore (durante le fughe continue, ad esempio, o nel vedere
Cosette diventare una giovane donna che non ha più bisogno del suo
papà). Avendoci abituati a ruoli fisici e spesso disimpegnati,
sorprende nella caratterizzazione di uno Jean Valjean dalla fede
inossidabile e dalla moralità ineccepibile, continuamente alle prese
con gravosi soliloqui e vibranti e manzoniani appelli a Dio.
Godibilissimi
i siparietti comici portati in scena da Sacha Baron Cohen ed Helena
Bonham Carter, brevi ma in grado di suscitare risate spontanee e di
alleggerire il peso gravoso delle vicende. Di nuovo insieme dopo
Sweeney Todd
(altro
film che adoro!), funzionano in maniera perfetta, anche se vedere la
Bonham Carter in ruoli che la vogliono eccentrica, trasandata e rozza
potrebbe, nell'arco di un altro film, venire a noia. Meriterebbe, a
mio avviso, di meglio!
Ottimo,
anche il lavoro dei più giovani del cast. Passionali, folli,
commoventi: l'anima della Parigi ottocentesca e, in parte, di tutto
il film. Freschi, giovanili e romantici, Eddie Redmayne ed Amanda
Seyfried, le cui voci, belle e diverse - bassa ed impostata quella di
lui, cristallina e pura come il là
di
un diapason quella di lei (forse una delle più precise dell'intero
cast) -, si sposano in un connubio dolce e delicato. Accanto a loro,
il piccolissimo Daniel Huttlestone (Gavroche) e Aaron Tveit
(Enjolras), due autentiche rivelazioni, impegnate anima e corpo in
ruoli da pelle d'oca. Il primo, al suo primo film, è stato strappato
dalle scuole elementari; il secondo, con una presenza “scenica” e
una faccia che lo porteranno, mi auguro per lui, a fare strada, da un
episodio di Gossip
Girl, in
cui recitava il ruolo dimenticabile del cugino di Nate Archibald.
Emozione e commozione allo stato puro sono Anne Hathaway e Samantha
Barks, quest'ultima passata dal teatro al grande schermo con grande
naturalezza e maestria. Entrambe, infatti, sono dirette artefici di
due dei momenti più grandi di questo monumentale film. Samantha,
giovane e bellissima, dà, dopo averlo già fatto sui palcoscenici
americani, la sua bellezza mediterranea e la sua voce angelica alla
più memorabile delle Eponine viste al cinema. Figlia di due abomini
di genitori, è divisa tra il desiderio di fuggire lontano e l'amore
non corrisposto di Marius, già perdutamente innamorato della tenera
Cosette. Lei, sotto la pioggia scrosciante, canta
la sua solitudine nella poetica e nostalgica On
my own e
gli spettatori, perfino quelli più molesti, tacciono incantati.
Ognuno di noi vorrebbe sentirsi rivolgere quelle parole e ognuno di
noi, senza pensarci nemmeno, sarebbe disposto a stringerla forte e a
colmare con amicizia o amore la voragine scavata in quel suo petto
scosso dai singhiozzi e dagli acuti di una ballata così emotiva. Ultima solo d'ordine, Anne Hathaway: la novella Audrey Hepburn che,
dai tempi in cui regnava su Genovia in Pretty
Princess,
è cresciuta, fino a diventare una giovane donna il cui ampio
sorriso, in ogni suo film, me ne lascia percepire la sensibilità e
la purezza d'animo. La sua prova, personalmente, era quella che più
attendevo. Il suo ruolo, quello di Fantine, come da copione, è uno
dei più brevi ed infelici dell'opera. Ma uno dei più
indimenticabili. Senza più capelli, denti, dignità e sogni, è una
donna non destinata al lieto fine. Dopo aver venduto il suo corpo, in
cambio di pochi spiccioli, seduta nell'oscurità di un umido tugurio,
intona, in un canto straziante, un decalogo di tutti i suoi sogni
infranti, in una presa di coscienza che tutti, almeno una volta nella
vita, faremo o abbiamo fatto. Ne viene fuori la famosa I
dreamed a dream.
Un capolavoro di musica e parole. E' stata cantata da tutti - Susan
Boyle, il cast di Glee... - ma la versione della Hathaway è unica,
inimitabile.
Piange,
balbetta, sbraita. Urla contro un amore subito tramontato, un Dio
crudele e una figlia lontana dai suoi abbracci. Lei canta, lo
spettatore la accompagna in un coro di singhiozzi. Le sue labbra
screpolate, poco attente ai virtuosismi, diventano un taglio per
sputare fuori ogni dolore. E vederla così - piccola come un
uccellino, indifesa, con i capelli rasati a zero, il volto emaciato
per gli 11 chili persi e quegli splendidi occhi nocciola mai così
grandi e umidicci – ferisce a morte, ti uccide.
L'Oscar sarebbe
anche troppo poco, per lei. Ha interiorizzato Fantine. Insieme a lei,
è morta e rinata un po' ogni giorno.Non
saprei cos'altro dire. Vedere il film farà provare anche a voi un
po' di quell'emozione che mi ha lasciato attonito, esaltato, inerme. Un consiglio finale: so che andare al cinema da soli può essere
un'esperienza spaventosamente deprimente, ma, se già prevedete che
il film non possa piacere a fidanzati, fidanzate o amici, lasciateli
senza rimpianti a casa. Sentirsi dire, come tante volte capita, “Ma
perché cantano sempre?!” potrebbe nuocere alla comprensione della
bellezza grezza ed evidente del film e alla salute dei vostri
lamentosi vicini di posto, che, all'ennesima domanda irritante,
potrebbero scatenare la vostra ira funesta!E' un musical, solo più
impegnato ed impegnativo degli altri.Se
avete la sensibilità per apprezzarlo, tre ore del vostro tempo
libero da dedicargli, la passione per un genere spesso frainteso e i
drammi storici, Les
Misèrables sarà
il vostro film. Quello che aspettate di vedere da una vita intera.
Un'opera d'altissimo livello che diventa un film d'altissimo
livello. Prezioso.
Il
mio voto: 5/5
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