Turchia, giorni nostri. L'ultimo giorno di scuola, come accade ovunque, genera euforia, qualche lacrimuccia, il baccano degli studenti felici e contenti, con tutta un'estate di dolce far niente all'orizzonte. Come accade nella mia città, ad esempio, e in tutte quelle a un passo dal mare, si corre in spiaggia al suono della campanella e ci si schizza l'acqua salata in faccia. La si schiva tra una risata e l'altra e le ragazze, punzecchiate, si aggrappano al collo dei ragazzi: a cavallo, accolgono la bella stagione. Ma per cinque ragazze turche, cinque sorelle, quel gesto di giovanile avventatezza è l'inizio della fine. Sarà, per loro, l'ultima estate da trascorrere insieme. Una vicina chiacchierona, comportamenti sconsiderati e improvvisamente, attorno alla loro casa, sorgono le sbarre di un carcere e fioccano visite di indiscreti pretendenti. Le orfane di Mustang, il film franco turco che avrà il mio sincero sostegno alla notte degli Oscar – e non solo perché ho visto solo questo all'interno della cinquina, per quest'anno -, hanno gli occhi chiari, la pelle abbronzata, i capelli lunghi lunghi. Sono bellissime, in età da marito, stando ai ragionamenti degli adulti, e indomabili. La più piccola delle sorelle, schietta e ribelle, racconta queste piccole donne appese ai cornicioni e sui trespoli della loro gabbia dorata, queste verigini suicide che d'amore talora vivono e taloro muiono. Qualcuna si sposerà per desiderio, qualcuna per ordine di uno zio normativo o di una simpatica nonna che poco ha voce in capitolo e qualcuna, come la giovane narratrice, imparerà a guidare e, in segreto, a sognare una Istanbul che sembra un pianeta a parte. Uscito lo scorso autunno in Italia, il promettente, potente esordio di Deniz Gamze Erguven ha rari difetti, anzi, due: quell'etichetta di film drammatico, serio e rigoroso, che un po' stretta gli sta, e la pigrizia, che poi sarebbe un difetto giusto mio. Recuperato più per dovere che per voglia, Mustang si è rivelato un film diverso – sarà che il film straniero, comunemente, lo si immagina lungo, indipendente, di nicchia –, bello, toccante. Fresco e colorato, nonostante il tema ti mostri la tragica realtà delle spose bambine e gli strascichi di una antiquata società patriarcale, per gran parte del tempo è una commedia adolescenziale orientaleggiante, con l'estate delle grandi scelte e la sensazione di vivere per sempre. Sgattaiolare di nascosto, avere rapporti sessuali preservando la verginità, abbandonare gli studi per diventare perfette massaie: ci si stringe insieme, si stringono denti e pugni, e crescere – scoprirsi donne, mogli: oggetti – pare l'ennesimo gioco spensierato. Mustang, modernissimo e pieno di ottimismo, ha un cuore che pompa, le mille contraddizioni del suo Paese affascinante e terribile e cinque eroine come poche. Contro le lenzuola da sbandierare, con impressi i segni rossi della prima notte di nozze, e le tradizioni medievali dei loro avi, queste sorelle di un cinema francese che non delude si fanno scudo. Proteggono noi dalla pesantezza in agguato, se una simile storia fosse stata raccontata con altri toni, e praticano squarci alle loro brutte gonne per mostrare le gambe. Senza il velo, a capelli sciolti, nel vento. E trasformano la loro realtà, così, da prigione a baluardo, da dramma a commedia, facendo di Mustang il film di cui più ti penti per l'imperdonabile ritardo del recupero. (8)
Mr. Ciak - And the Oscar goes to: The Danish Girl, Mustang, Anomalisa
Creato il 27 febbraio 2016 da Mik_94Turchia, giorni nostri. L'ultimo giorno di scuola, come accade ovunque, genera euforia, qualche lacrimuccia, il baccano degli studenti felici e contenti, con tutta un'estate di dolce far niente all'orizzonte. Come accade nella mia città, ad esempio, e in tutte quelle a un passo dal mare, si corre in spiaggia al suono della campanella e ci si schizza l'acqua salata in faccia. La si schiva tra una risata e l'altra e le ragazze, punzecchiate, si aggrappano al collo dei ragazzi: a cavallo, accolgono la bella stagione. Ma per cinque ragazze turche, cinque sorelle, quel gesto di giovanile avventatezza è l'inizio della fine. Sarà, per loro, l'ultima estate da trascorrere insieme. Una vicina chiacchierona, comportamenti sconsiderati e improvvisamente, attorno alla loro casa, sorgono le sbarre di un carcere e fioccano visite di indiscreti pretendenti. Le orfane di Mustang, il film franco turco che avrà il mio sincero sostegno alla notte degli Oscar – e non solo perché ho visto solo questo all'interno della cinquina, per quest'anno -, hanno gli occhi chiari, la pelle abbronzata, i capelli lunghi lunghi. Sono bellissime, in età da marito, stando ai ragionamenti degli adulti, e indomabili. La più piccola delle sorelle, schietta e ribelle, racconta queste piccole donne appese ai cornicioni e sui trespoli della loro gabbia dorata, queste verigini suicide che d'amore talora vivono e taloro muiono. Qualcuna si sposerà per desiderio, qualcuna per ordine di uno zio normativo o di una simpatica nonna che poco ha voce in capitolo e qualcuna, come la giovane narratrice, imparerà a guidare e, in segreto, a sognare una Istanbul che sembra un pianeta a parte. Uscito lo scorso autunno in Italia, il promettente, potente esordio di Deniz Gamze Erguven ha rari difetti, anzi, due: quell'etichetta di film drammatico, serio e rigoroso, che un po' stretta gli sta, e la pigrizia, che poi sarebbe un difetto giusto mio. Recuperato più per dovere che per voglia, Mustang si è rivelato un film diverso – sarà che il film straniero, comunemente, lo si immagina lungo, indipendente, di nicchia –, bello, toccante. Fresco e colorato, nonostante il tema ti mostri la tragica realtà delle spose bambine e gli strascichi di una antiquata società patriarcale, per gran parte del tempo è una commedia adolescenziale orientaleggiante, con l'estate delle grandi scelte e la sensazione di vivere per sempre. Sgattaiolare di nascosto, avere rapporti sessuali preservando la verginità, abbandonare gli studi per diventare perfette massaie: ci si stringe insieme, si stringono denti e pugni, e crescere – scoprirsi donne, mogli: oggetti – pare l'ennesimo gioco spensierato. Mustang, modernissimo e pieno di ottimismo, ha un cuore che pompa, le mille contraddizioni del suo Paese affascinante e terribile e cinque eroine come poche. Contro le lenzuola da sbandierare, con impressi i segni rossi della prima notte di nozze, e le tradizioni medievali dei loro avi, queste sorelle di un cinema francese che non delude si fanno scudo. Proteggono noi dalla pesantezza in agguato, se una simile storia fosse stata raccontata con altri toni, e praticano squarci alle loro brutte gonne per mostrare le gambe. Senza il velo, a capelli sciolti, nel vento. E trasformano la loro realtà, così, da prigione a baluardo, da dramma a commedia, facendo di Mustang il film di cui più ti penti per l'imperdonabile ritardo del recupero. (8)