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Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gun

Creato il 17 gennaio 2015 da Mik_94
Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gunE' il presentatore più insultato d'America. Conduce un programma che è immondizia, ma cose come l'outing di Eminem e l'attesissimo servizio su Miley Cyrus e la sua vagina l'hanno eletto re assoluto della tv trash. E succede che quel trentenne superficiale è seguito, sera dopo sera, dal dittatore più spietato del mondo. Un bambolone con gli occhi a mandorla che beve drink chic, mangia troppo, ascolta Katy Perry e minaccia con i suoi missili gli Usa a giornate alterne. La CIA vuole farlo fuori. I suoi sudditi minacciano ribellione. Dave Skylark, invece, vuole giocare a basket con lui, e andarci a squillo di lusso, e scambiarsi pareri sulle pop star in voga, e parlare a tempo perso della sopravvalutata pace nel mondo. Dopo Strafumati e Facciamola finita, puntualissimi e provocatori, tornano Franco e Rogen a farci ridere a modo loro. Una strana coppia che non conosce crisi, ma tanto tanto clamore. The Interview era il film più scaricato, più censurato, più proibito di sempre, tipo. La Korea minacciava guerra, la Sony tremava, il pubblico fremeva d'attesa. Giunto insieme alle feste, The Interview in realtà è una specie di cipanettone che non fa parlare di sé per gli odiosi canditi: diciamolo pure, è uno dei film demenziali più inutilmente contestati. Senz'altro, il più pubblicizzato. Per così poco, ovviamente, tutta la caciara non serviva. Ma non conosco bene i meccanismi dei media, né la pazzia dell'oriente. Ho conosciuto i personaggi del film, invece, e vi dico che, pur dicendone di cotte e di crude, mi sono piaciuti. O forse mi sono piaciuti proprio per quello? The Interview è costoso, sanguinoso, assurdo, ma divertente. Si spinge lungo confini proibiti, mai oltre. Le gag sono le solite, l'umorismo è quello sboccato e rozzo degli yankee – consiglio la visione in lingua, per cogliere giochi di parole e spassosi misunderstanding – ma pochi sanno fare gli stupidi come Franco e Rogen. Si baciano e si abbracciano, commettono omicidi e strafalconi, giocano un po' al gioco dei Gay ingenui. Accanto a loro, l'eccezionale Randal Park nei panni del problematico Presidente Kim. La pellicola non è altro che un nuovo Austin Powers, ma con meno peli sul petto e più implicazioni politiche, consigliato a chi non è fan dei facili buonismi, ma di tigri, sonde anali, elicotteri in fiamme e carri armati, con l'esclusivo accompagnamento musicale di Firework. “Boom boom boom”, e saltano le teste, il filtro della buona educazione, i nemici, in un epilogo che ci ricorda che il cinema è una grossa, grassa farsa e che neanche una censura estera può porre un limite al potere della satira – anche se, in questo caso, non è mordace come vogliono farci credere. (7) Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gunParliamo per frasi fatte. Gli italiani sono bravi – o pessimi? - con i drammoni sui trentenni che urlano alla telecamera, con i prodotti che fanno il verso a Fellini, con le commedie sul precariato e con le fiction con la Arcuri. Oggettivamente: è un po' vero. Vent'anni e non ricordo un fantasy col nostro marchio. Fa da pioniere l'impegnato Gabriel Salvatores, che fa parlare di sé, anche se questo suo ultimo film – pensato in particolar modo per i piccoli di casa – merita solo uno sguardo e più di qualche sorriso. Non le critiche. Non i paragoni. Il ragazzo invisibile non è un film invisibile e, tra citazioni e omaggi, ha vita propria. Il fantasy d'importazione ci ha abituati a tanto – ci sarà mai una scena bella come l'ingresso di Evan Peters nell'ultimo X-Men, tipo? Questo, con il suo budget modesto e i suoi giovani volti acerbi, ha meno da offrire, ma quando quel poco sbuca fuori – coltelli fluttuanti, cacce nella foresta siberiana, baci impossibili, arti allungabili, sottomarini ed esplosioni – ti stupisci forse di più, perché non te lo aspettavi da noi. Invece quella Trieste fredda ha un fascino strano, quella storia d'amore è delicata, quel colpo di scena sembrerà inaspettato. Lo stampo non è televisivo; la colonna sonora ci risparmia i Modà; i piccoli Ludovico Girardello e Noa Zatta – perfettamente amalgamati con gli ineccepibili Valeria Golino e Fabrizio Bentivoglio – hanno uno smile come Bat Segnale, si riconoscono con uno starnuto rivelatore, camminano all'ombra della Marvel e di Hanna. Lui, biondo, occhi verdi, è italianissimo ma ha tratti britannici; lei, parmigiana nonostante il nome, è per aspetto una Saoirse Ronan con il look di Luna Lovegood. Una commedia con i superpoteri. Intelligente, metaforica, citazionista, con attori spontanei e un epilogo che spalanca le porte a un seguito che il bambino che vive in me si augura arriverà. Con la scusa dei figli piccoli – o dei nipoti, o dei cugini, o dei fratelli – guardatelo. E, per quell'ora e mezza, siate buoni: credeteci. (6,5)
Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gunSono un tradizionalista che i cartoni dell'ultimo periodo non li apprezza troppo. Non amo, in particolare, i cartoni in cui ci sono animali parlanti. Pensavo che Paddington facesse parte della categoria, lo avevo evitato. Non sapevo, invece, fosse un film a tutti gli effetti e, soprattutto, che fosse un film per famiglie attuale e significativo. Scropritelo come l'ho scoperto io. Sotto la neve e le luci del Big Ben, mentre vaga in cerca di una casa: venuto dal “misterioso Perù” dopo la morte dello zio, con la promessa lontana di un posto in cui stare e con la speranza dei nuovi inizi. C'è chi lo vuole ammaestrare, chi lo ritiene la causa di tutti i mali, chi vorrebbe rispedirlo al mittente. Ma, a un certo punto, una strana tribù borghese lo vede in stazione e decide di ospitarlo. La famiglia Brown non sa che Paddington è un disastro con i servizi igienici, che usa lo spazzolino per pulirsi le orecchie, che parla poco la loro lingua. E, quando viene a patto con i suoi pasticci e la sua diversità, impara ad amarlo anche di più. Paddington si è rivelato un buon modo per salutare l'anno vecchio e dire addio alle feste. Dolce, discreto, divertente. Una commedia inglese in cui, accanto al tenero orso animato in maniera strabiliante, ci sono attori di classe. La materna Sally Hawkins, una irriconoscibile ed esilarante Julie Waters, Jim Broadbent presissimo dal suo cameo e una superba Nicole Kidman dal caschetto biondo. Crudelia De Mon con un look nuovo. Paddington è una fiaba che, un po' a film e un po' a cartoni, ti racconta a modo suo, l'immigrazione e le opere buone. Sarebbe uno dei film Disney più interessanti degli ultimi tempi, se solo non fosse prodotto dalla Fox e, mica poco, dagli autori di Harry Potter. (7)
Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gunLa vita di Kylie fa schifo. Prima gli sbirri l'hanno messa in manette. Poi, siccome non c'è mai fine al peggio, la sua punizione non è stata la galera, ma un soggiorno forzato. Agli arresti domiciliari con i suoi. Già la convinvenza è terrificante, ma se ci si mettono una presunta casa infestata potrebbe trasformarsi in un orrore. Girato in Nuova Zelanda, ma senza hobbit e bigiotteria da gettare in pozzi infuocati da ometti con le gambine corte, è un vero e proprio minestrone di idee. Un prodotto che bada al risparmio – e al riciclo – ma non te ne accorgi mai. Cupo, strano, ti destabilizza per la luce che manca spesso, per le frecciate che volano tra mamme e figlie, per un umorismo tutt'altro che sottile che, a modo suo, ti dipinge in faccia un sorriso. Quando cogli una citazione buttata un po' lì, quando quel passo ti ricorda qualcos'altro, quando ti diverti e basta. Housebound è una foto di famiglia con un ospite a sorpresa. Una commedia grottesca ma molto piacevole, che non fa troppa paura, non ti inonda con ettolitri di sangue, eppure apprezzi pienamente, perché è diretta bene e messa su ancora meglio. Un'inquietante struttura di lego con i vicini folli di La finestra sul cortile, i centimetri quadrati che ti limitano di Perimetro di paura, i muri che parlano di La casa nera di Wes Craven e perfino – pensate un po' – coi cattivoni di Mamma ho perso l'aereo. E basta, non è perfetto, ma fa simpatia. Con una Morgana O'Reilly troppo scontrosa e burbera per essere vera e l'ottima Rima Te Wiata che sembra una pianta d'appartamento – una creatura da commedia – trapiantata nella foresta. Un susseguirsi inarrestabile di colpi di scena, un epilogo che forse la tira un po' per le lunghe, un nascondino ritmato in cui niente è così lampante e grossolano come appare. Da recuperare. (7) Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gun Booo. Paura, eh? In realtà, quello di prima, era un rumoroso boh. Boh, ma perché hanno girato questo film? Boh, ma quale disperato ha deciso di andarlo a vedere? Ma sì, lo sapevo già che questo Ouija era un filmaccio, però adoro guardare roba inutile e sconsigliarla, soprattutto se – senza la mia santa guida – qualcuno potrebbe trascinarvi a vederlo. Uccidete quel qualcuno, per favore; poi chiedetegli scusa in una seduta spiritica e via, pace fatta. Ouija è una schifuja che consiglio a chi, al cinema, vuole morire. Di noia. La prima parte: un piattume animato da dialoghi idioti, attori da quattro soldi, spauracchi da niente. La seconda parte: leggermente più movimentata, ma come è movimentata l'attività cerebrale di uno in stato comatoso; piena di colpi di scena che sono un'offesa all'intelligenza. All'inizio concilia il sonno, alla fine si rivela una ghost story interpretata da star della tivù in pausa momentanea per i finali di stagione e priva di atmosfera.Un teen horror senza infamia e senza lode, che il fatto ti abbia fatto perdere tempo rende più infame che altro, con personaggi da nulla che non hanno mai guardato un episodio di Supernatural (Sam e Dean, su, non vi hanno mai spiegato come fare fuori uno spettro?) e un cast amorfo in cui spicca solo Olivia Cooke, ma perché – tolti quei dannati tubicini nel naso di Bates Motel – è adorabile, anche se – tra questo gioiello e l'altro, Le origini del male – non azzecca un film neanche per sbaglio. (3) Mr. Ciak: The Interview, Il ragazzo invisibile, Paddington, Housebound, Ouija, Son of a gunUna pellicola australiana che parla di troppe cose: un intreccio con più strade aperte, ma leggero, in un modo positivo e in un modo negativo. A fine visione, mi sentivo di avere visto abbastanza, ma non tutto. Poteva osare un'altra mossa. O forse non poteva fare altro, per via di storia semplice e dispersiva, e quel poco che poteva l'ha fatto al meglio. Parte dietro le sbarre, come un prison movie in cui allo spettatore non vengono risparmiati i riferimenti alla violenza sessuale, alle alleanze; poi diventa la storia di una fuga e di una rapina, di miniere di diamanti e famiglie violente; alla fine, un travestimento, una barca, una telefonata e un flashback fanno di lui un minuscolo intrigo alla American Hustle. Sembrerebbe un pasticcio, ma qualcosa me l'ha fatto apprezzare con i suoi difetti e le sue sterzate. Frastagliato, discontinuo e impreciso com'è. Sarà che l'ho guardato con un piede dentro e uno fuori, coinvolto per caso come quel protagonista adolescente che si trova al centro di una situazione fuori controllo. Criminale per caso, educato all'arte degli scacchi e alla violenza, è spaesato e su di giri. La sua freschezza, il bisogno di avere un adulto accanto che gli insegni a nuotare e a sparare, ti portano a vedere anche il suo improbabile scampolo di vita con sguardo comprensivo. Son of a gun ricorda gli irrealistici film di avventura che ti piacevano una volta, con le ragazze impossibili da salvare e i colpi di scena prevedibili, ma è dalla parte dei cattivi, pur rimanendo pulito. Mi ha colpito questo. Il punto di vista di un protagonista irrisolto, ma familiare, che quel Brandon Thwaites, con i suoi venticinque anni suonati e l'aria da eterno bambino, incarna perfettamente. Si conferma un giovane talento in ascesa, lui, e divide la scena con un McGregor irsuto, traditore che non ci regala la prova della sua carriera ma che sa il fatto suo. Intorno, una Australia bellissima con il mare e con il deserto, una acerba femme fatale che ha qualcosa di Eva Green, un realismo di polvere e sudore che non capisci cosa ci faccia con una vicenda tanto rocambolesca, anche se il risultato, con un filo d'ironia e tanto sentimento, vedi?, ti fa parlare. Non è granchè, ma piace. Le sequenze finali, con una bella canzone in sottofondo che si chiama Enter One, mi hanno lasciato pure sereno. (6,5)

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