Parlare del Mataiur e del suo territorio mi fa sempre piacere. Stavolta percorriamo un versante un po’ meno conosciuto ma forse uno dei più vari e remunerativi.
Questo è l’anno del 50° di fondazione della Sezione CAI “Monte Nero” di Cividale e assieme alle sezioni Valnatisone e Faedis, per dare il là alla stagione è stata organizzata una splendida escursione sulle pendici orientali del Mataiur. Il percorso che parte dal nuovo Centro Visite di Vartacia (la sorgente) si snoda in parte su strade forestali, in parte su sentieri CAI (736-736 A), su tracce locali e vecchi camminamenti ora terreno battuto solo dalla fauna e dai cacciatori locali, che per l’occasione hanno dato il loro prezioso contributo. Si passerà per la Val Paluoga/Polaga, salendo poi la cima del Mrzli Vrh ( Cima Fredda), passando per la sorgente Mrzlica, per la Malga Idrska Planina, un tratto della strada di Rommel e un tratto del Sentiero Italia fino a Masseris. Salendo l’anno scorso appunto da Masseris sulla vetta del Mataiur non ho potuto fare a meno di osservare la Val Paluoga ma il maltempo e la nebbia oscuravano i panorami sul massiccio del Krn. Mi ero ripromesso di tornare e così abbiamo colto l’occasione di questa festa di inizio stagione per ripercorrere un po di questi splendidi territori a me tanto cari. All’escursione partecipa davvero tanta gente amica della montagna e, pur rinunciando al silenzio che spesso ci accompagna nelle nostre solitarie, abbiamo davvero il piacere di far parte di questa “combriccola”, occasione buona per conoscere qualche tratto sconosciuto, un gran bel po’ di toponimi locali, storie di guerra e tanti racconti di pascoli e boschi che hanno fatto la tradizione popolare degli abitanti di questa montagna. Un tratto di strada forestale, un ripido pezzo del sentiero 736 proveniente da Cepletischis, un altro tratto di strada, poi si abbandona le vie conosciute per affidarci ad una vecchia traccia che sale nel bosco. Ormai abbandonata, la traccia porta al vecchio confine agricolo di Kau tra Itaia e Slovenia. Qui fino a pochi anni fa, quando la Slovenia era ancora parte della Federazione, un paio di volte l’anno veniva concesso ai proprietari dei terreni che abitavano oltreconfine di andare a tagliare o raccogliere il fieno. Ora si sconfina semplicemente scavalcando un filo spinato per scendere nei prati.
Sleme, Za Lapocem, un'altra strada forestale e poi di nuovo su per il bosco, passaggio tra i faggi e gli affioramenti carsici per giungere alla Baita dei Cacciatori di Masseris. Breve sosta, ricompattiamo il gruppo e poi giù, in Val Paluoga, italianizzata Polaga ( che non vuol dire niente , mentre in dialetto locale la Val Paluoga sta per “spazi aperti”). Passiamo accanto al laghetto di origine glaciale tra primule, crochi e fior di stecco. Il laghetto è poco più di una pozza utilizzata nel periodo estivo per abbeverare il bestiame, il bosco e la natura si stanno riappropriando del territorio mentre qui una volta il laghetto era più grande e c’erano solo prati. Mentre i bambini si rincorrevano attorno al lago, gli uomini e le donne tagliavano e raccoglievano il fieno cantando al dolce suono della fisarmonica. Non sono storie molto vecchie, si parla al massimo di 40 anni fa, mentre ora è tutto restituito alla montagna. Qui è terreno selvatico, cervi , caprioli, cinghiali e galli cedrone, più in alto i camosci.
Risaliamo tra boschetti di faggio e radure prative alla sorgente Mrzlica, poi dopo una breve salita, girato il pendio, in corrispondenza della Idrska Planina il paesaggio cambia improvvisamente il suo volto, si spalanca il panorama lasciando tutti a bocca aperta. Oltre la conca di Kobarid il massiccio del Krn/Monte Nero, le lunghe catene dello Stol e del Polovnik, il Canin e le Giulie Slovene dal Rombon alla Jerebica, dal Mangart alla parete di Bretto, dallo Jalovec al Bavski Grintovec. Uno spettacolo di cime sopra uno spettacolare prato di crochi. Poi se ti giri un po’ la chiesetta del Redentore spunta sulla cima del Mataiur. Una ripida rampa di un centinaio di metri ci separa dalla cima dello Mrzli Vrh, la facciamo di fiato, per veder ancora meglio il panorama che da sopra si estende ancora sulla corona di monti sopra Tolmino, sul Kuk e e sul Kolovrat per poi aprirsi ancora sulle Valli del Natisone e in caso di bel tempo fino alla pianura , fino al Mare. Ragion fu quella di Alboino di salire su queste cime per vedere cosa c’era di bello. Anche Rommel passò da queste parti durante la prima guerra, ma queste son storie già più note.
Dopo una pausa, un panino e un sorso di distillato di pino mugo che male non fa, riprendiamo il cammino ancora lungo, scendendo nella valletta Trsca, tralasciando il sentiero che risale sul versante nord del Mataiur, tra il Krajac e la Glava, continuiamo sempre tra numerose fioriture di crochi e gialle biscutelle (almeno credo…..) fino a incrociare nuovamente il sentiero CAI 736 che scende veloce e rapido verso Masseris. Il sentiero l’ho percorso l’anno passato più o meno in questo periodo, salendo in cima, passa ancora attraverso il bosco di faggio, qualche spazio prativo e ancora bosco per sbucare sulla strada della Val Paluoga poco prima della località Baita Tamorska. Da qui si scende a Masseris per il 736 A.
Attraversiamo il paesino con le sue caratteristiche case per scendere ancora a Iellina e sempre fare rientro a Vartacia utilizzando vecchi camminamenti locali. Intanto al centro inizia la festa, un sacrificio di 16 km e un po’di metri di dislivello, ma qui si mangia e si beve………