Muggia è un fazzoletto in un fazzoletto: una virgola nell'enclave triestino, già virgolettato per sè.
Un punto interrogativo, una parentesi sulla carta geografica dove i confini si intrecciano a ragnatela.
Muggia è al confine di tutto, confine di mare e confine di terra a cento passi da qui. Confine labile e volatile e arcigno allo stesso tempo, grondante storia ad ogni metro: e non sono tutte storie che hai voglia di ricordare.
E nel cuore - o forse nel fegato - di Muggia, ecco quel porticciolo come una virgola nella virgola, un singhiozzo nella linea della costa: redarguito dalle murate in pietra bianca, in cui s'appendono bandiere fatte con sacchi di spazzatura. Sartie che suonano al vento, alberi che ondeggiano tremuli.
E le case: le case pettinate all'insù, crivellate di finestrelle come pertugi, colorare dal tempo e scolorate dal sole, scrostate come affreschi e ridipinte come signorine il pomeriggio delle feste.
Il Duomo dalle linee pettorute, la piazza come un sospiro, le vie raggomitolate attorno al porto, da camminare piano, guardando su.
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