Ha girato tutti i cantoni della guerra fredda per mantenere il potere (da lui vissuto come patriarcale): prima i francesi che lo nominarono sovrano nel 1941 (aveva 18 anni), gli americani, infine un po’ pupazzo nelle mani dei Khmer Rossi; poi, dopo la prigione, riciclato dalle Nazioni Unite come monarca costituzionale e, infine, l’abdicazione (2004) e il ritiro dorato in Cina. A Pechino avrà perso un po’ della vita frenetica di Parigi e l’età avrà bloccato la sua sfrenata passione per le donne (voci di popolo parlano di una trentina di figli illegittimi).
Nel palazzo dorato e un po’ finto di Phnom Penh risiede ora il figlio, Preah Karuna Preah Bat Sâmdech Preah Bâromneath Nai Preah Reacheanachakr Kampuchea, più noto come Norodom Sihamoni. Lui ha sempre preferito fare il ballerino più che il monarca ed è stato completamente soffocato dal potente, dinamico e populista primo ministro Hun Sen.
Quando Norodom abdicò nel 2004, fra la ventina di figli che generò durante il suo regno, gli fu imposto quello meno simile a lui. Timido e schivo, non amante delle donne, senza prole, privo del carisma populista e dell’arte del barcamenarsi del padre è finito a 55 anni a portare fiori all’ambasciata della Corea del Nord, che, sembra, fornisca nerborute e disponibili guardie del corpo (in senso stretto) al sovrano, “large basket of flowers to the DPRK embassy in Phnom Penh on the occasion of the birthday of General Secretary Kim Jong Il. Written on the ribbon of the basket were letters reading “Glory to H.E. Kim Jong Il, the great leader of the Democratic People’s Republic of Korea. Cambodian King Norodom Sihamoni.” Scrivevano, con un po’ d’ironia i giornali.
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