I giornali tacciono sulla vera notizia della settimana. Giuseppe Burgarella, disoccupato sessantunenne, si suicida a Trapani. Con una copia della Costituzione in mano…
Giuseppe Burgarella si è suicidato a Trapani, impiccandosi ad una trave del suo appartamento. Un siciliano, un lavoratore, ex sindacalista CGIL, uno che non ci stava a vivere di sussidio, preferendo di certo il sudore della fronte.
E’morto domenica scorsa, Giuseppe. Ma la notizia passa inosservata, cedendo il passo ai teleimbonitori che restituiscono IMU e promettono condoni. La politica. Quella politica che grida dai teleschermi, per assicurarsi la benevolenza di un popolo succube che ancora non ha completamente deciso di riprendersi la propria dignità.
Se n’è andato nel silenzio dei media, megafoni di palazzinari, comici, servi delle banche e delinquenti di vari. Ed il motivo è presto detto: Giuseppe non promette restituzioni di tasse, non promette condoni, non pettina le bambole e non è amico delle banche.
E’un disoccupato, uno scarto della società, uno di quella maggioranza silenziosa di cui non importa niente a nessuno, se non sotto elezioni.
Chiedeva indietro solo la sua dignità di uomo ed un diritto costituzionalmente garantito, checché ne dica la Fornero: il lavoro, quell’attività che ti permette di guardarti ogni mattina allo specchio senza problemi e senza pesare sulle spalle altrui.
Ma il fardello da portare in groppa si era fatto insostenibile: Giuseppe Burgarella l’ha fatta finita, ha gettato la spugna, ha ceduto alle violenze perpetrate da una classe politica barbara ed inetta, pronta ad annientare gli strati sociali più deboli e a renderli schiavi di quelli più forti. E’morto, ma il suo gesto non passa inosservato: prima di compiere l’insano gesto, ha preso in mano una copia della carta costituzionale ed ha scritto un biglietto a chi di lavoro ne capisce davvero poco: Re Giorgio Napolitano (quello che si aumenta l’appannaggio presidenziale in tempi di crisi), chiedendogli l’aiuto che lo stato dovrebbe riservare a chi “rimane indietro”, citando quell’articolo primo della nostra Costituzione, che sembra scritto da Berlusconi.
Sì, perché l’Italia viene definita democratica, e fondata sul lavoro: cazzate degne del nano di Arcore. Ma dove sta la democrazia, quando vieni pedissequamente privato del lavoro e dei mezzi di sostentamento?
E così, prima di farla finita, Burgarella ha scritto un biglietto con tutti i nomi dei disoccupati suicidatisi nell’ultimo anno. L’ultimo nome della lista, purtroppo, recava la sua firma.
Viene la tentazione di considerare il suicidio Burgarella alla stregua di un omicidio politico: i mandanti siedono a Palazzo Chigi, gli esecutori in Parlamento.
E la vittima, come ha scritto nelle sue ultime righe, si è ripresa la sua dignità. Quella dignità sulla quale la classe politica non smette di sputare quotidianamente.