Della sua casa ancora parlò, riferì della frase lasciata dalla mano violenta e che diceva di un paradiso perduto. Mi chiese se avevo una stanza, se potevo ospitarlo, mentre a me parve scrutasse le mie pareti bianche di calce.
Adelaide Jole PellitteriSong of Joy è un racconto narrato in prima persona da un uomo che, in una notte da incubo, bussa alla porta di una baita per chiedere ospitalità. Il titolo della canzone significa "Canzone di gioia", ma anche "Canzone di Joy" (il termine inglese "joy" è traducibile con "gioia" ed è anche un nome proprio femminile): e Joy è il nome della moglie del narratore, che racconta di essere in viaggio da anni in cerca dell'uomo che la uccise assieme alle loro figlie. Tuttavia, man mano che costui racconta la propria storia, un dubbio si insinua nell'ascoltatore: il tono, la parlata, le espressioni facciali che istintivamente associamo al narratore pur non vedendolo, perfino alcune delle sue parole tradiscono qualcosa. Qualcosa che fa pensare che l'uomo stia raccontando la verità, ma dal punto di vista sbagliato. Così, alla fine, la domanda innocente che egli pone al suo silenzioso interlocutore, ("Do you, sir, have a room?/Are you beckoning me in?" "Avete una stanza libera, signore? Mi lascerete entrare?") suona terribilmente inquietante: chi abbiamo ascoltato finora? Un uomo distrutto o un omicida fuggiasco?