E così cominciai a vederlo ogni giorno e sognarlo di notte, e la prima volta mi mostrò la brughiera, e quegli alberi, che conoscevo già, adesso mi sembravano diversi, inquietanti, sentivo le loro radici vibrare sotto la terra scura, scavare tra pietre e lombrichi. Il secondo giorno mi disse di chiudere gli occhi e di sentire la voce del vento, di lasciare che attraversasse la mia pelle bianca, poi mi tolse il vestito e mi baciò il collo e restammo così, ad ascoltare tutto ciò che non potevamo dirci, la poesia dei nostri corpi nudi, e io piansi per quelle voci della natura che chiamavano il mio nome, ed ero vento, pioggia, muschio, ero la resina che cresceva sugli alberi e cadeva sull’erba, e il terzo giorno in mezzo a quelle voci, la sua – mi piace guardarti – mi disse – non voglio altro - poi mi diede la rosa selvatica e asciugò di nuovo le mie lacrime, e ciò che avevo solo immaginato cominciava a comparire, e del melograno mangiammo i chicchi insieme e i serpenti li guardavamo scivolare sulla terra e non avevamo paura, le mangrovie erano le nostre vite che s’incontravano sott’acqua, dove nessuno poteva vederci. Un giorno eravamo nudi sull’erba e mi baciò più intensamente, io ebbi l’impressione che qualcosa in me stesse cominciando a defluire; ti mostro il lago dove crescono le rose selvatiche, disse solo questo e mi prese per mano. Quando arrivammo al lago vidi le rose, bellissime, immerse in uno sfondo tutto uguale, foglie e alberi e libellule che si inseguivano, e i salici attorno a noi che ci osservavano rubando i nostri attimi. Il sole ormai stava andando via e sull’acqua il rosso filtrato dai petali creava macchie vermiglie che mi entrarono dentro, poi sentii il tonfo e il mio corpo cadere in acqua.Galleggio nel mio sangue innamorato con una rosa selvatica in gola, e lui è fuori dall’acqua, mi osserva, non vuole altro. Sua in eterno, chiudo gli occhi e sento l’odore dei fiori vicini.Il lago, le mangrovie, il rosso, il melograno, i serpenti, le rose e me.
Federico Orlando
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