di Nicola Pucci
Il ponte di Langlois – da wikipedia.org
Cari lettori, non sono qui ad elemosinare spiccioli della vostra indulgenza; tantomeno pretendo di potermi meritare la vostra approvazione critica. Ma oggi, 30 marzo 2013, nella ricorrenza del 160°anniversario della nascita, ho la presunzione di raccontarvi qualcosa del genio per antonomasia della pittura.
I girasoli – da wikipedia.org
Vincent, lo avrete intuito probabilmente, Van Gogh l’olandese, è parlando di lui che voglio intrattenermi con voi, illustrando tele preziose tra le tante sparse un po’ ovunque nei grandi poli espositivi del mondo. Siamo ad Amsterdam, poco distanti da un altro edificio straordinariamente ricco di tesori, il Rijksmuseum, ed è giunto il momento di avventurarci tra i capolavori che Van Gogh ha lasciato in dote per il nostro sommo gaudio e sono accolte dal Museo che prende il suo nome.
La parabola artistica di Van Gogh occupa il breve periodo, dieci anni di produzione dal 1880 al 1890, ma in questo spazio temporale almeno novecento prodezze hanno preso forma dal suo pennello fertile. Fu mercante e pastore protestante, Vincent, fallì e provò con la predicazione laica volgendo il suo impegno verso gli umili e guadagnandosi la curiosa etichetta di “Cristo delle miniere di carbone“. L’amato fratello Theo, con il quale intratterrà una fitta corrispondenza epistolare divenuta una sorta di grido delle proprie sofferenze, lo avviò all’arte e alle soglie dei 27 anni Van Gogh intraprese l’attività che non portò la luce nella sua esistenza ma lo ha reso immortale.
Al primo piano del Museo Van Gogh, Paulus Potterstraat numero 7, il padrone di casa ci riceve con l’”autoritratto” che segnala la concentrazione della sua propria figura ma soprattutto inquieta per il velo di malinconia e tristezza degli occhi.
I mangiatori di patate – da wikipedia.org
Il percorso che vedrò di farvi scoprire non sempre segue l’esatto andamento cronologico, fatto è comunque che “i mangiatori di patate” è l’emblema del primo Van Gogh, il Van Gogh olandese a cui sono ancora ignote la luce e i colori della Provenza. Cupo, grigio, maledettamente reale, a simboleggiare l’aridità dell’esistenza, illustra la famiglia che si ritrova nella fioca luce della casa a consumare il modesto pasto serale. L’impatto emotivo della tela è devastante, l’artista non mancherà mai di affermare che “è ciò che di meglio ho fatto”.
Camera da letto di Arles – da wikipedia.org
Una sala poco oltre si apre a quadrilatero rettangolare e mette in sequenza cinque, non una, cinque, opere che configurano lo status di genio di Vincent e lo annoverano di diritto come uno dei più grandi, se non il più grande tra i tanti fuoriclasse della pittura. “La camera da letto di Arles“, che ci introduce nell’intimità del pittore; “la mietitura“, un tripudio di luce e colori a celebrare l’arrivo in Provenza e l’imminenza della primavera; “il ponte di Langlois“, che riscuote la mia personalissima preferenza; “i girasoli“, di cui Vincent dipinse più versioni fin dai tempi della sua permanenza a Parigi – in fuga dall’Olanda – e che qui troviamo nella completa colorazione a più tonalità di giallo; “la sedia di Gauguin“, tra le sue realizzazioni più note e che ricordano come l’iniziale amicizia contratta ad Arles sia poi svoltata verso il conflitto.
Ramo di mandorlo in fiore – da wikipedia.org
C’è molto ancora da ammirare, tra queste pareti generose di prodigi umani, mi lascio dunque avvolgere dalla brillantezza e dalla gioia del “ramo di mandorlo in fiore” che anima un piccolo corridoio, giunto a festeggiare la nascita del primogenito del fratello Theo e della moglie Jo. Fa venir voglia di vivere, questo diadema incastonato su tela, ed allora, Vincent, perchè? Perchè sei scivolato nell’abisso? Perchè il vortice della disperazione si è impossessato della tua anima pronta ad accogliere la bellezza dell’esistenza? Perchè la luce di Arles ha prodotto l’oscurità senza ritorno di St.Remy, da cui “il giardino della clinica di St.Paul“?
Non avrò risposte per quel che è stata l’eclisse del Van Gogh uomo, l’artista è immenso e ci saluta da casa sua con casa sua, ovvero “la casa gialla“. Non male direi, che ve ne pare?
La casa gialla – da wikipedia.org
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