MUSICA | Alessandro Mannarino all'Auditorium con Supersantos

Creato il 24 febbraio 2011 da Roberto Arleo @robertoarleo
Chi è Alessandro Mannarino? Un moderno cantastorie? Uno stornellatore moderno? Un cantautore metropolitano? Probabilmente è tutto questo con l'aggiunta di un tocco di ironia, qualche accenno malinconico e tanta buona poesia.
Definire Alessandro Mannarino un musicista è come paragonare Gesù a un bravo ragazzo qualunque. La definizione non è esaustiva.
Ieri sera è stato il protagonista assoluto della sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica di Roma in occasione del nuovo album, Supersantos.
Si spengono le luci e lui fa la sua entrata sul palco con una tunica da prete viola.
C'è chi dice che il viola non sia proprio un colore di buon auspicio, soprattutto da portare in teatro. Mannarino è un caso a parte. Platea e galleria sono piene, addirittura c'è gente in piedi un po' ovunque.
Dopo aver riscaldato l'aria tra le nuove canzoni dell'album Supersantos e le ormai note parole delle famose canzoni del Bar della rabbia, la platea e la galleria è tutta in piedi a ballare e cantare ognuno nel suo mezzo metro quadrato a disposizione.
Il suo esordio è avvenuto nel 2009 con album il primo album “Bar della rabbia”. Sempre nel 2009 è stato tra i finalisti del Premio Gaber e del Premio Tenco nella categoria “album artisti emergenti”.
Ha composto la sigla della trasmissione radiofonica Vasco de Gama condotta su Radio 2 da Davide Riondino e Dario Vergassola ed è spesso ospite della trasmissione televisiva Parla con me, condotta su Rai 3 da Serena Dandini.
Quando il concerto sembra terminato e le luci ancora spente, il pubblico è ancora insoddisfatto e comincia a cantare unito in coro "E più bevo e più sete me vien, sti bicchieri so pieni de sabbia".
Evidentemente è molto apprezzato dal pubblico e con lui il viola non fa effetto. Si ripete l'ennesimo sold out.
L'ultima scena vista sul palco è rappresentata da una ventina di palloni supersantos calciati e regalati al pubblico, e non è un caso.
Il concerto non poteva finire in maniera diversa.

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