Musica di un certo livello #23: MANEGARM, MOVIMENTO D’AVANGUARDIA ERMETICO

Creato il 20 gennaio 2016 da Cicciorusso

                                                                       La fatina buona dei boschi

Secondo me già depone male il solo fatto che una band dalla carriera ventennale se ne esca con un disco omonimo. Di solito queste cose, nove su dieci, accadono quando le band in questione sono bollite o giù di lì. Non è che adesso voglia farmi prendere pure io dalla irresistibilissima fregola di definire un nuovo teorema… Ma sì, che me frega: dopo il Teorema degli Ulver (buoni i primi, merda tutto il resto) e il Teorema dei Misery Index (non importa quanti dischi farai: se suoni qualcosa a cavallo tra death, grind e brutal, sarà difficile mantenere inalterati gli stessi standard associandoli a genuine innovazioni) ecco a voi il Teorema dei Manegarm, anzi facciamo che si chiama Teorema dei Satyricon, che lo hanno fatto prima e meglio, e che dovrebbe recitare più o meno così: pubblicare un disco omonimo dopo una lunga carriera è da paraculi. Secondo me questa regola si può applicare in moltissimi casi, ma è ovvio che ci siano pure le eccezioni che confermano la regola. Quindi i MANEGARM pensano sia giunto il momento di strizzare l’occhio a Enya e sostituire quell’attitudine birraiola e caciarona, che si aggiungeva all’immaginario nandrolonico degli omini nordici, con una effeminata deriva folkeggiona da ninfe dei boschi incantati e folletti bicuriosi. Månegarm è un disco paraculo che vuole tenere i piedi in due diverse calzature: lo stivale di cuoio del combattente barbarico dal possente membro nerboruto sventra-valchirie e l’infradito del suo figliolo ‘sensibile’ e al passo coi tempi. Di seguito un’altra fatina.

Ma prima riprendiamo solo per un attimo la serietà perduta per rendere onore alla rubrica e al suo ‘status’, parlando di un gruppo black metal italiano, i MOVIMENTO D’AVANGUARDIA ERMETICO. Li ho scoperti ora che sono entrati in Avantgarde Music, label da tenere sempre d’occhio per la quantità di buone proposte che fa emergere dall’underground. Da ultimo grazie ad essa abbiamo potuto apprezzare Downfall of Nur, Progenie Terrestre Pura e Darkspace, ad esempio. Qui siamo soliti dire quello che pensiamo e mai ci si ferma alla prima impressione. Un nome del genere, così altisonante, quasi presuntuoso, anzi toglieteci il ‘quasi’, le tematiche e il linguaggio ampolloso, studiato, tutto porterebbe a farne una recensione profonda e sentita, nonché commossa, perché fondamentalmente non si sa bene cosa dirne o, al contrario, a mettere da parte il tutto e bollarlo come uno sclero di tre tizi ai quali la nebbia ha fatto male alla testa. Personalmente, più che dalla tematica sono affascinato dal carattere e dal coraggio di certe scelte stilistiche, l’uso della lingua italiana in primis, oltre che dalla proposta musicale che è buona. Caratteristiche tutte che hanno il classico retrogusto analogico dei primi anni ’90. Per evitare di smuovere le sensibilità altrui evitiamo di fare paragoni e consigliamo semplicemente di ascoltare con attenzione Torri del Silenzio, un album lungo e ossessivo, atmosferico e coinvolgente (Charles).