Musica per parole

Creato il 12 aprile 2011 da Elettra

L’umanità mi scorre davanti quando sto ferma, fianco sinistro poggiato alla porta di vetro del negozio, a fumare lenta e a credere di non pensare a niente. La gente va di fretta con la testa bassa o parla veloce con qualcuno accanto. Le persone camminano e si incrociano e nessuno sa dove andrà l’altro. Solo i vecchi e i pazzi vanno piano fino a quando un motorino o un taxi suonano due volte il clacson per chiedere spazio in una strada che di spazio ne ha poco tra i motorini, gli altri, parcheggiati male e i negozi che si estendono sempre più in là sul marciapiede.
Vanno di fretta le persone come se questa fosse una città grande e movimentata, che sì lo è, ma neanche tanto. Ci conosciamo tutti, in fondo. Le stesse facce, dentro gli stessi posti. Almeno una volta nella vita. Il teatro ai quartieri, lo spazio occupato dietro l’università, a bere nella stessa strada, nella stessa piazza tra i vicoli che hanno nomi lunghissimi e che prima si chiamavano diversamente e prima ancora, in un altro modo e i nomi differenti sono nella stessa targa a mantenere viva la memoria. Prendiamo il sole a primavera nello stesso parco a strapiombo sul golfo, le navi altissime ad aspettare i flussi di persone che, anche loro di fretta, prenderanno un pezzo di questo inferno, che fotograferanno i teschi sulle colonne delle anime del purgatorio, tra i panni stesi e la verdura per strada a prendere polvere.
Faccio suonare spesso i Massive Attack, immersa fra i vestiti posso provare, quanto costa, ti arrivano nuove cose? Tre volte lo stesso pezzo, con un carillon ad intervallare gli archi, se entra qualcuno mando subito avanti, ma intanto così mi cullo l’inquietudine. E che sia un sentire cattivo è un falso pregiudizio: serve a restare sospesi, come in acqua. Come questo pezzo.


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