Written by Redazione
Friday, 26 November 2010 18:42
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Nessun altro Paese ha mai manifestato come il nostro una così potente e tenace attrattiva per i musicisti provenienti da altre terre: da quelli notissimi come Mozart, Wagner, Berlioz, Liszt, Chopin, Menhelssohn, Schumann, Brahms, a quelli meno conosciuti quali Bielinski, Sibelius, Gounod , Marechal, Debussy, Ciakovski e Stravinski (nel cui testamento chiese di riposare in terra italiana e, infatti, è sepolto nel cimitero di Venezia). Anche un musicologo settecentesco, Charles Burney, affrontò un pesante e faticoso (ma soddisfacente) viaggio nella Penisola per meglio comprendere non solo la musica ma quella che, tramite principalmente il teatro d’opera, sarebbe diventata la lingua franca europea del Settecento e dell’Ottocento. Di fatto sino al 1950 si parlava italiano pure alla corte reale d’Egitto.
Si tratta di un ramo che va potenziato con la collaborazione degli attori del settore, principalmente alberghi e ristoranti. Verona, ad esempio, un tempo fiorente per il turismo musicale, è stata abbandonata non soltanto perché è peggiorata l’acustica dell’Arena, ma anche in virtù dei prezzi di alloggio e pasti mediamente costosi più del doppio di quelli di Salisburgo.
La domanda del turista musicale contemporaneo (il melofilo alla ricerca della buona musica che ha preso il posto del grande compositore in cerca d’ispirazione) è molto elastica rispetto ai prezzi. I viaggi di note possono rendere. Fondamentale è non renderli così poco competitivi da fare scappare i clienti.
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