Mussolini impose Dante come Lingua Nazionale e come cattolicità dell'Occidente - nella relazione di Pierfranco Bruni

Da Lalunaeildrago
(Catanzaro. Bruni: Dante in Mussolini. Convegno sulla lingua italiana e le lingue tra Machiavelli e Berto) Perché Benito Mussolini invitava a leggere Dante? Un interrogativo intorno al quale ha sviluppato la sua relazione Pierfranco Bruni che ha tracciato un profilo della Divina Commedia partendo dalle lezione della filosofa spagnola Maria Zambrano intrecciando la figura di Beatrice alla metafora dello specchio. 
Giuseppe Berto, ha detto Bruni, legava Machiavelli a Dante attraverso la lingua perfetta usata da Benito Mussolini già nei suoi scritti giornalisti nei quali la metafora rappresentava non solo un gioco allegorico ma anche una nuova forma di grammatica. In Dante Mussolini ha letto la nuova lingua fatta da un gioco grammaticale e sintattico che ha guidato la costruzione della lingua moderna attraverso il rispetto della cristianità e della cattolicità nel mondo della scuola. Giuseppe Berto ha invece intrecciato, attraverso Machiavelli, una nuova lingua della politica nella letteratura e viceversa. Ma è stato Mussolini, ha detto Bruni, ha imporre sostanzialmente un Dante in cui la Italianità ha avuto un senso attraverso la perfezione della costruzione e la tutela del mondo cattolico. Da qui la necessità anche di impostare la riforma scolastica di Gentile. Sostanzialmente va riletto il Mussolini che amava Dante e se si ama Dante, ancora Bruni, non si può non tenere conto della ironia e del sarcasmo strutturato dagli scritti di Mussolini e anche di quella prosa che va da D'annunzio a Berto. Ma è con Mussolini, ha concluso Bruni, che Dante diventa il poeta nazionale e rappresentante di una cattolicità occidentale che resiste all'urto dei nuovi linguaggi e al relativismo dei nostri giorni.

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