Mutande nella felpa – “Aspirante vedovo”

Creato il 17 marzo 2014 da Borga007

aspirantevedovoSono studente universitario. Più precisamente al terzo anno. Il terzo anno della mia facoltà prevede 300 ore di tirocinio da svolgere da qualsiasi parte si voglia andare a patto che questi accettino di avere uno stagista tra le palle. E nel caso lo accettino, allo stagista verranno dati tutti i compiti più rognosi, ovviamente. Per fortuna, ho trovato un posto che mi piace e hanno pure deciso di prendermi.

Quindi tutto contento ogni mattina mi alzo, mi lavo, faccio due ore di divano ed esco per recarmi a tirocinio perchè lo sanno tutti che si comincia a lavorare alle 11. Arrivo, tutti piuttosto disponibili, ambiente tranquillo, ragazzi simpatici: insomma, mi trovo abbastanza a mio agio. Si scherza, si lavora, ci si aiuta, robe così. Un buon momento, potrei quasi dire. Fino a quando, una mattina, metto la mano nella tascona centrale della mia felpa con cappuccio e rabbrividisco.

Tocco ancora perchè cerco di convincermi del contrario. Allora mi apparto, mi chino sotto la scrivania e scopro di avere un paio di mutande che mi ero scordato di mettere a lavare. Quattro ore e non mi ero accorto di nulla. Sono andato al bar e non me ne sono accorto. Ho guidato e nulla. Ma il mio paio di mutande era lì, stava aspettando solo il momento giusto per saltare fuori. Non gli sarebbe importato il momento, la circostanza o l’atmosfera, sarebbe saltato fuori ad ogni costo. Ecco, Aspirante vedovo è così: puoi dimenticartene, puoi vivere dei momenti felici, puoi andare avanti senza pensieri ma puoi stare tranquillo che, nel momento in cui ti accorgerai della sua esistenza, ritornerai a provare quell’imbarazzo e quel fastidio verso il cinema italiano contemporaneo. Senza offesa, Sorrentino eh. Si scherza.

La trama. Alberto è un “marito trofeo” sposato con la potente imprenditrice Susanna Almiraghi. I due non si sopportano e, quindi, il poveretto tenta in tutti i modi di uscire dall’ombra della moglie fallendò però in qualsiasi cosa. Ma nel momento in cui arrivano notizie che l’aereo su cui si trovava Susanna si è schiantato al suolo, Alberto comincia a festeggiare inconsapevole del fatto che la moglie è ancora viva. Dopo tre giorni, la donna torna a casa (con questa ironia “biblica” che ho colto solo ora) spingendo il marito ad escogitare una strategia per eliminarla una volta per tutte.

Aspirante vedovo è un film del 2013 diretto da Massimo Venier che non funziona. Non funziona in niente: non nella sceneggiatura, non nell’ironia, non negli attori. Niente. Nada. Nada de nada. Che poi Massimo, a me stai pure simpatico eh ma forse le bollette da pagare ci sono per tutti e quindi hai dovuto accettare per forza. Certo che se, invece, hai pensato questo film convinto di star realizzando una bella cosa invece non capisci proprio niente, fattelo dire. Caro Massimo, hai preso una pellicola di Dino Risi nella quale recitavano Alberto Sordi e Franca Valeri e hai consegnato al pubblico del nuovo millennio sta cagata che poco anche non dev’essere costata. Ma forse è quello che ci meritiamo, forse stiamo peggiorando mentre le aspettative di altri, di pochi, si stanno alzando. Forse, caro Massimo, la prossima volta fatti un orto.

Così.

Così.

Sceneggiatura. L’unico punto a favore è che è breve. Tutta la vicenda si riduce in un’ora e 25 minuti, titoli di testa e di coda inclusi. Ma non stiamo nemmeno parlando di sceneggiatura, qui. Perchè le trovate non funzionano, i colpi di scena sono pochissimi, prevedibilissimi e MAI esilaranti. A questo ci arriviamo dopo. I personaggi sono piatti come un numero de Il Fatto Quotidiano in un periodo senza crisi di governo o parlamentari indagati, non si evolvono, non fanno altro che recitare la propria particina al servizio dello svolgimento della trama (?) che stessi parlando di un film con Schwarzenegger andrebbe anche bene, ma questa, porco cacchio, è una commedia. Qui i personaggi sono fondamentali, parlano, urlano, piangono, ridono, si baciano, tutto. E invece assistiamo ad una carrellata di volti noti, di caratteristi, del cinema italiano coinvolti in un progetto dimenticabile. Nel senso che sarebbe stato meglio che avessero dimenticato anche gli stessi sceneggiatori, evitando di ridurre un film, che negli anni ’50 utilizzava una certa quantità di critica sociale, in un ammasso di fanghiglia pieno di cinismo e situazioni banali. E ora gustiamoci un classico.

Umorismo. C’è, eh. Pure tanto. Il problema è che non fa ridere. Ora mi chiederete, che senso ha dell’umorismo se non fa ridere? Ma, soprattutto, che umorismo è? Potrei rispondere che non è umorismo o che si tratta di un umorismo nato malissimo già in fase di elaborazione. E dire che di situazioni in cui tentare di provocare una qualche risata, ce ne sarebbero anche: al funerale della non morta Susanna, i maldestri tentativi di assassinio a cura di Alberto. Ma niente, è tutto l’intero umorismo che è vecchio, stantio e banale che si manifesta, al massimo, con qualche sorrisino. Se cercate un film dalla risata contagiosa andate oltre.

Attori. Nell’originale c’erano Alberto Sordi e Franca Valeri. Nel remake ci sono Fabio De Luigi e Luciana Littizzetto.

Fabio De Luigi, Fabio. Cosa dobbiamo fare con te? Torna un po’ a fare l’ingegner Cane o il pagliaccio Baraldi, ti prego. Tutto questo cinema, e tutto in questa maniera, ti sta danneggiando l’immagine, fidati. Il troppo stroppia. A proposito di troppo che stroppia, Luciana Littizzetto: andate su Wikipedia, cercate la sua pagina, andate alla filmografia e ditemi tre, dico tre, film in cui Luciana fa morire dal ridere. Lei eh, non il film. Solo lei. Una serie di film da Tutti gli uomini del deficiente escluso, perchè nella sua demenza era simpatico, in cui recita quasi sempre lo stesso ruolo, la stessa macchietta, che, francamente, ha rotto le palle. Per te, Luciana, vale lo stesso discorso di Fabione: un anno lontano da tutto il mondo dello spettacolo sarebbe un toccasana per te e per noi. Soprattutto per noi. Ma il mondo è ingiusto, lo so.

Detto questo, concludiamo che è meglio. Aspirante vedovo è un brutto film che non fa ridere, non ti lascia nulla tranne che un sapore amare in bocca di un’occasione malamente sfruttata, un remake che andava evitato come molti altri non solo italiani (Robocop sto parlando con te) e di cui nessuno sentiva la necessità. Oh, comunque Massimone Venier se davvero ne sentivi la necessità fammelo sapere che correggo. Rimane il fatto che non puoi nemmeno sentirti un attimo sollevato per qualche premio internazionale, anche se tutti sappiamo 1) come vengono dati i premi e 2) quanti debiti ha il film di Sorrentino verso il film di Fellini, che accendi la televisione e ti ritrovi la solita mutanda sporca del giorno prima a ricordarti quanto tu faccia abbastanza schifo.

Ah, sia chiaro, è stato un incidente, eh. Io mi lavo sempre.



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