Allo scoccare della fine del giorno di sanvalentino io non parlerò di questa subspecie di ricorrenza, di baciperugina, di rosecheappassiscono inungiorno, di forzatissimi ristorantini tristi. No, no.
Mi viene in mente invece (senza alcun motivo) che spesso, in qualche ristorante con il mio uomo o con amici, ho osservato le coppie vicine di tavolo. Fin da ragazzina ho avuto sempre il vizio di fissare le persone, più che un vizio si trattava di un vortice, un incantamento, un buco spazio temporale che mi risucchiava in altre vite. Al ristorante, forse c'era più tempo, era irresistibile.
Secondi che mi sembravano settimane, in cui i miei sguardi osservavano la mano di lui sulla forchetta, il modo di masticare di lei e di alzare gli occhi, se le versava da bere, se gli porgeva le cose. Venivo catapultata in possibili altre vite, immaginavo di cosa stessero parlando, cosa faceva accigliare la fronte di lei, o in che modo lui guardava il culo della cameriera che passava facendo finta di sgranchirsi il collo. Dettagli che raccontavano una storia d'amore. Naturalmente dipendeva anche dal tipo di persone, dall'età, da cosa indossavano e da come avevano i capelli tagliati. Ogni coppia è un mondo, mi dicevo. E rimanevo così, immobile, occhi sgranati, incantata. A viaggiare in quei mondi, dalla mia sedia, mentre il mio piatto diventava freddo.
Quando sono cresciuta quel tanto da conoscere le pene d'amore, ho cominciato a leggere le persone nei loro problemi, mi immaginavo il perchè lui stesse con la testa così bassa sul piatto: forse era un tipo introverso, o timido, o forse lei lo sovrastava con la sua personalità? o perchè lei si sistemasse così spesso sulla sedia, o si toccasse continuamente quel ciuffetto sopra l'orecchio: era così in ansia perchè temeva di non piacergli? o perchè aveva un altro appuntamento dopo? o ancora perchè aveva qualcosa da nascondere che la innervosiva?
Mangiare insieme è molto più che nutrirsi uno accanto all'altro.
Ma la cosa che più di tutte mi catalizzava l'attenzione, mettendo in movimento anche veri moti del mio animo, coinvolgendomi completamente, erano le coppie mute. Lui e lei che parlavano solo alla cameriera per ordinare la cena o per chiedere dell'altro pane. Tra loro, il nulla. Poche cose mi inquietavano come quelle scene. Che coppia è, quella che non parla, non commenta il cibo, non si racconta le cose, non ride, non discute sulla vacanza da fare o sui problemi con il capoufficio? Chi sono quei due che mangiano guardando solo quello che hanno nel piatto? passando il sale, se serve, ma poco di più. Quelli tristi, costretti a una cena del sabato sera, mentre la loro mente vola chissà dove, chissà con chi. Le coppie mute, tristi.
Ecco, quelle coppie sono state, e sono tuttora, d'esempio per me. Per ricordarmi ciò che non voglio. Per ricordarmi che l'uomo che desidero di fronte a me, dall'altra parte del tavolo, mi regala sorrisi e chiacchere, magari discussioni, ma presenza, vita. E all'uomo che sta di fronte a me, dall'altra parte dei piatti, potrò anche dire qualcosa con gli occhi, se ho la bocca piena, ma poi mangio, bevo un sorso di vino e magari sottovoce (ho imparato lo giuro) e sorridendo, gli parlo.